Chiaro-scuri a seconda dei settori, ma il dato è chiaro: l'export è cresciuto nell'anno del Covid! Il vino ha sofferto sì, ma rispetto ai competitor ha tenuto alla grande. E l'italianità trionfa: pasta, pomodoro e olio sono la certezza. Ecco cosa emerge dal 29esimo rapporto Crea

Non solo vino, ma l’agroalimentare nel suo complesso. Ogni tanto è giusto fare un salto all’interno di tutto il settore di cui il vino fa parte, perché quello dell’agroalimentare, per l’Italia, è un vero e proprio tesoro. E a confermarlo c’è il Rapporto 2020 del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) che ci dimostra come le eccellenze italiane abbiano saputo affrontare a testa alta un anno difficile come quello della pandemia.

Nel complesso, infatti, “l’anno terribile” ha visto crescere le esportazioni del Bel Paese, con l‘Unione Europea mercato di riferimento per il nostro agroalimentare.

 

L’agroalimentare italiano ha affrontato la pandemia a testa alta e non solo gli ha tenuto testa, ma, nel complesso, l’ha piegata facendo registrare il segno ‘più’!

Scendiamo nel dettaglio partendo da quell’incipit che già ci dice tutto e che vogliamo ribadire: le esportazioni dei prodotti agroalimentari italiani nell’anno della pandemia non hanno semplicemente l’urto, ma lo hanno “abbattuto” riuscendo a crescere in un periodo in cui tutto ci diceva di provare semplicemente a resistere.

Incoraggiante dunque il 29esimo rapporto realizzato da Crea Politiche e Bioeconomia sul commercio con l’estero. Dopo il pareggio del 2019, la bilancia agroalimentare, proprio nell’anno horribilis, ha fatto registrare una crescita complessiva pari a 2,6 miliardi di euro.

E se è vero che in questa crescita il vino ha perso un 2,3%, va anche ribadito che il piccolo calo che ha subito nelle esportazioni è nulla rispetto ad altri competitor. Un esempio? La Francia che ha visto un crollo del 10%.

Restando al dato generale, nel 2020 quello che colpisce è il fatto che a calare sono state le importazioni il cui valore è stato di 42,3 miliardi di euro per un -4,7% complessivo rispetto all’anno precedente, le esportazioni sono cresciute dell’1,3% raggiungendo quasi, e per la prima volta, i 45 miliardi di euro. Certo (e lo vedremo), una crescita che però è altalenante a seconda del settore analizzato.

 

L’export cresce, l’import no. Ma l’agroalimentare made in Italy continua a far innamorare: al top pasta, conserve di pomodoro e olio d’oliva nell’anno degli chef!

Se non va sottovalutato il problema dell’approvvigionamento di materie prime in relazione al calo dell’import, soprattutto se parliamo di industrie di trasformazione, il segno più che arriva dall’export è importante. Secondo il rapporto il mese più difficile è stato quello di maggio 2020. Quello in cui, in sostanza, sia nelle importazioni che nelle esportazioni, il Covid ha fatto la voce grossa. E’ servito a ben poco però, perché l’agroalimentare italiano già a giugno ha fatto chiaramente sentire la sua riportando i valori dell’export in linea con il 2019 e diminuendo il gap che si era creato sulle importazioni.

Insomma, il Made in Italy, è un evergreen e di tramonto non vuol sentire di certo parlare. A fare meglio pasta, conserve di pomodoro e olio d’oliva. D’altra parte, ci verrebbe da dire, non siamo diventati un po’ chef fai da te?  A diminuire, invece, le vendite di altri importanti prodotti, come dolci e vini dop. Ma lo ribadiamo: per quanto di calo si sia trattato, non è un calo importante come avvenuto in altri Paesi dove l’enologia è regina.

 

L’Europa non può vivere senza le nostre eccellenze!

Dove siamo andati meglio? In Europa! Qui le esportazioni dell’agroalimentare italiano valgono il 65%. Seguono il Nord America con il 13,1% e l’Asia con il 7,6%. Entrando nel dettaglio dei Paesi i prodotti d’eccellenza italiani hanno conquistato soprattutto la Germania dove la crescita è stata del 7,1%; quindi gli Stati Uniti dove si è registrato un +5,3%, il Regno Unito con un +3,1% e la Svizzera, dove c’è stato la crescita maggiore pari al +8,3%.

Se parliamo di importazioni i Paesi da cui ci riforniamo di più sono Francia, Germania e Spagna che rappresentano per noi il 35% del totale, sebbene in Germania e Svizzera un calo ci sia stato. Per la precisione rispettivamente del 7,9% e l’11,7%.

 

Settore che vai, crescite e decrescite che trovi. E’ stato un anno a due velocità, ma nel complesso la resilienza è stata ampiamente dimostrata

Se è vero che nel complesso l’export italiano è cresciuto, come anticipato, molto si è differenziato a livello di prodotti e di territori. Infatti, stando al Rapporto, metà delle regioni hanno comunque registrato nel 2020 un calo di vendite verso l’estero. Il periodo peggiore è stato il secondo trimestre dell’anno che ha visto soffrire soprattutto il vino, il settore lattiero-caseario, quello delle carni preparate, del caffè e dei prodotti dolciari, colpendo in particolare alcune regioni del Centro Nord, dove queste produzioni sono maggiormente presenti.

E’ il Sud ad aver tenuto meglio: cinque regioni hanno fatto registrare il segno più nelle esportazioni nei mesi delle massime restrizioni. Grazie a cosa? All’intramontabile simbolo dell’italianità, la pasta… con il pomodoro e, di conseguenza, l’olio necessario per condirla.

Va però detto che se c’è chi ha sofferto di più, già nella seconda parte del 2020 si sono iniziati a vedere importanti miglioramenti nelle esportazioni dell’agroalimentare in molte regioni. Insomma, il crollo non c’è stato, la resilienza sì e le basi per la ripartenza sono più che solide e c’è da ben sperare per tutti: vino incluso!

 

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