L'indagine Uiv-Vinitaly scatta una fotografia preoccupante che, ancora una volta, penalizza le piccole e medie imprese del Paese

Lo abbiamo visto con quello che sta avvenendo nelle cantine dei ristoranti e l’andamento è chiaro: il “caro bollette” pesa nel mondo del vino con una crescita di 1,5 miliardi di euro dei costi.

E’ quanto emerge da un’indagine dell’osservatorio Uiv-Vinitaly che l’ha condotta su un campione di aziende per capire quanto l’aumento dei costi energetici sta influendo sull’universo vino ed è inutile dire che se ne sente l’impatto. Per le imprese, infatti, l’aumento dei costi solo per il 2022 è del 28 per cento.

I costi energetici pesano molto, ma l’impatto peggiore arriva dai rincari dei materiali e l’aumento nei listini non è sufficiente a compensare

Un vero e proprio allarme quello lanciato che, tra l’altro, deve fare ancora i conti con i rincari che arriveranno. L’escalation fa paura e la contrazione dei consumi altrettanto. Contrazione che già c’è in tutti i settori, vino incluso.

Stando all’indagine solo per i costi energetici si parla di 425 milioni in più. A tutto questo si aggiungono i prezzi per le materie che pesano per più di un miliardo tra carta, vetro, cartone, tappi e allumini. Da soli, questi, rappresentano una crescita dell’83 per cento sul budget di inizio 2022. Con le altre voci di spesa tra vino sfuso, costi commerciali e forza lavoro, come detto, l’aumento complessivo è del 28 per cento.

Una vera beffa per il settore che non si può compensare con l’aumento dei listini cresciuti nei primi mesi dell’anno del 6,6 per cento. Crescita insufficiente per coprire una variazione al rialzo dei prezzi che le imprese hanno richiesto nell’ordine dell’11 per cento. Il gap equivalente è pari a 600 milioni di euro di costi non coperti da ricavi che il vino italiano è costretto a sostenere per rimanere sul mercato.

 

Il caro bollette fa male soprattutto alla piccola e media impresa

Ancora una volta a pagare lo scotto maggiore sono le piccole e medie imprese che fanno tutto o quasi “in casa”. Inevitabile di fronte ad una situazione dove i big vanno in sofferenza e che si traduce in una penalizzazione del vino “popolare”, quello cioè che ha un prezzo medio, spumanti inclusi. I premium se la cavano sia perché riescono ad assorbire meglio le variazioni, sia perché sono in un mercato in cui chi compra accetta più facilmente l’aumento dei prezzi dei listini.

 

Per Uiv e Vinitaly nonostante il caro bollette è importante assorbire parte degli aumenti: la contrazione dei consumi, che già c’è, va arginata

“L’indagine dimostra come la crisi in atto non risparmi il nostro settore, che non è energivoro ma in molte sue componenti ne subisce conseguenze dirette. Quello che possiamo fare ora è consolidare con un patto di filiera tutte le dinamiche che possano produrre un effetto cuscinetto a garanzia di competitività e mercato – dichiara il presidente Uiv Lamberto Frescobaldi -. Produttori, industriali, cooperative e distributori dovranno perciò assorbire parte degli aumenti per non scaricarli completamente sui consumatori ed evitare una pericolosa depressione dei consumi.

“Riteniamo sia un dovere per Vinitaly monitorare le dinamiche del settore, a maggior ragione in un momento delicato come questo – aggiunge l’amministratore delegato di Veronafiere Maurizio Danese -. Quanto sta succedendo impatta fortemente anche sul vino, ma c’è la consapevolezza che i fatti di oggi, come quelli di 2 anni fa, rappresentino fattori esogeni e non strutturali che agiscono su un comparto comunque in salute. Al prossimo wine2wine, in programma il 7-8 novembre presenteremo assieme a Uiv la seconda parte di questo studio congiunturale, anche con le stime previsionali complete di quest’anno in materia di mercato, redditività e bilanci del vitigno Italia”.