La Cantina Sociale Colli Fiorentini ha commissionato uno studio alla Scuola di Agraria dell'università di Firenze per capire se, il contenitore, fa davvero la differenza

Chiamatelo fascino del vintage o più correttamente voglia di riscoprire storia, sapori e tradizioni; quel che è certo è che se il fiasco nell’era contemporanea ha fatto tutt’altro rinascendo a nuova vita grazie alla creatività del design, il vino in anfora sta vivendo a sua volta una nuova stagione.

Contenitore dove sin dall’antichità il vino ha riposato, nei secoli ha lasciato il posto a botti sempre più tecnologiche eppure la sua riscoperta è costante tanto da rischiare di diventare una moda laddove dietro non c’è un lavoro fatto di studio e attenzione. Fanno davvero bene al vino? Qualcuno sta cercando di scoprirlo.

Vino in anfora: per 12 mesi il Sangiovese riposerà in diversi contenitori. Farà davvero la differenza?

Sono diventati il nuovo must dei rossi a livello globale. Le anfore di terracotta e quelle in cemento vanno sempre più di moda e prendono il posto delle tradizionali barriques e dei decisamente più moderni silos in acciaio. Solo fascino del retrò quello ci conquista o l’anfora fa la davvero la differenza?

La Cantina Sociale Colli Fiorentini ha deciso di scoprirlo commissionando alla Scuola di Agraria dell’università di Firenze per capire in che modo i diversi contenitori influenzino le caratteristiche chimiche e sensoriali dei vini.

L’esperimento, in realtà, è già iniziato. E’ nella cantina Valvirginio di Monterspoli che la stessa quantità di Sangiovese della vendemmia 2018 è stata messa a maturare in tre serbatoi d’acciaio, tre barrique nuove e tre usate, tre anfore, tre tini di cemento vetrificato e tre tini di cemento grezzi. Per sapere come il vino evolverà nelle diverse forme di conservazione, ci vorranno ora 12 mesi. Solo alla fine saranno stilati dei report analitici che per la prima volta diranno con attendibilità scientifica quali sono gli effetti che su di esso hanno i diversi materiali in cui restano a maturare.

 

Vino in anfora: la cautela è d’obbligo, ma gli studiosi sono ottimisti sugli esiti. E tra sei mesi qualcosa si saprà

“Andarci cauti”. Lo spirito della ricerca è questo. Ad oggi, infatti, se vi siano o meno impatti differenti sul profilo chimico e sensoriale del vino a seconda del dove è contenuto non lo si sa con certezza. Ma una delle ricercatrici Valentina Canuti lascia intendere che qualcosa di diverso, a pochi mesi dall’inizio dell’esperimento, c’è. Lo afferma la Canuti che aggiunge: “quello che ci aspettiamo è che il vino abbia una differente evoluzione a seconda del dove è contenuto”.

E’ l’enologo della cantina Valvirginio Marco Puleo ad annunciare che a novembre sarà fatta una prima verifica. “Negli ultimi anni – spiega – si è molto diffuso l’impiego delle anfore per l’affinamento del vino e la tendenza più recente è il recupero dei vecchi contenitori in cemento armato, sia grezzo che vetrificato, che erano molto in voga prima che arrivasse il trend del legno”. Tanti i parametri da valutare. Dalla diversa permeabilità all’ossigeno fino alla capacità del vino di ossidarsi o meno, saranno tanti i fattori sotto la lente d’ingrandimento dei ricercatori. Non ci resta che aspettare ed assaggiare!