A Copreno, frazione di Lentante in Brianza, è rinato un vino scomparso grazie alla "follia" di un giovane medievalista autodidatta che ha ridato vita alle sue "Radices"

“L’equilibrio tranquillizza, ma la pazzia è molto più interessante” ebbe a dire il filosofo Bertrand Russel o, se preferite la psicanalisi diremmo come Sigmund Freud che “il pazzo è un sognatore sveglio”; a venirci ancora più incontro però sono forse lo scrittore Mark Twain e il filosofo Erasmo da Rotterdam; se per il primo, infatti, “un uomo che ha un’idea nuova è uno svitato finché quell’idea non ha successo”, per il secondo “le idee migliori non vengono dalla ragione, ma da una lucida visionaria follia”.

No. Non è un testo sugli aforismi, ma a questo ragazzo, il 29enne Giuseppe Longhi, a quanto pare qualcuno lo ha definito “il matto di Copreno”. La sua follia? Far tornare a vivere un vino in un terreno che era del nonno e che mai aveva fruttato, riportando lì un vino scomparso, a quanto pare, dal Medioevo.

Ci è riuscito? A quanto pare sì. La sua “pazzia” è stata premiata. La sua storia l’abbiamo trovata per caso MBnews e ci ha subito incuriositi. “Radices” è un vino che parla di territorio, di famiglia, di riscoperta e di forza di volontà.

 

Un vino da favola: quella di Copreno arriva da un passato che sembrava dimenticato

Ci è capitato spesso di parlare della riscoperta di antichi vitigni. La biodiversità del nostro patrimonio è già vastissima e sapere che ha ancora tantissimo da raccontarci rende la nostra enologia un grande vanto e, lo dimostrano i numeri, un motore inarrestabile per la nostra economia. Vi abbiamo parlato, ad esempio, della Spergola, scoprendo addirittura che era il “vino di pace” di Matilde di Canossa; vi abbiamo parlato dell’Asprinio di Aversa, le cui viti sono note come “viti maritate”, per fare alcuni esempi.

Ma questa storia, ha un fascino particolare. Siamo a Copreno, una delle quattro frazioni del Comune di Lentate, in Brianza. Nel 2014 a questo giovane lentatese doc, Giuseppe Longhi, laureato in Storia medievale, viene una folle ispirazione: scoprire quale fosse il vino rosso e bianco che aveva scovato in un inventario di beni della famiglia di Roberto Porro, famiglia tenutaria nel ‘600 dei terreni di Lentate. A mostrargliela, racconta nell’intervista rilasciata a MBnews, un suo amico, Matteo Turconi oggi vicesindaco di Lentate. Insomma la sua sfida era inizialmente di scoprire cosa fosse il “Martexano” o “Martesano”: alla fine la sua vita è diventata…produrlo!

 

Quel vino da favola che affonda le “radici” nella storia familiare del neo viticoltore

Longhi a Lentate ci vive da sempre, o meglio ci vive la sua famiglia che in quelle terre affonda le sue radici dal ‘700. Scoperta l’esistenza di questo vino ormai assente da Lentate, il professore di religione (questa la sua professione) ha scoperto che il “Martesano” altro non sarebbe che un altro nome per indicare il Nebbiolo Piemontese. Scoperta fatta grazie all’amico e agronomo Fabio Meneghello che è riuscito a riscoprire una scheda da sommelier in cui si parlava di questo vino. Ecco che allora gli è venuta la voglia di provare a farne di nuovo un vino piantando 250 viti in un terreno di Copreno soprannominato “Brera”, toponimo locale per dire “giardino”.

Quel terreno era già di proprietà della famiglia Longhi. Per la precisione del nonno di Giuseppe, ma fino ad oggi, a quanto pare, non si era riusciti a renderlo poi così produttivo. Le sorprese, tra l’altro, non erano finite. Giuseppe Longhi, infatti, ha iniziato sì a intraprendere la via della viticoltura, ma non per questo ha arrestato le sue ricerche.

 

Un vino da favola che riporta le vigne lì dove erano già nel Medioevo senza che nessuno sapesse

La storia era interessante, il terreno c’era e così quest’avventura è iniziata. Nebbiolo, Cabernet e Merlot i vitigni scelti per questa nuova produzione. Certo farlo da autodidatta non è semplice. Longhi ha così fatto nuovamente affidamento ai suoi studi e le sue conoscenze scoprendo che proprio in quel territorio, quello dei Porro, già nel ‘300 si parlava di Lentate come terra di produzione vinicola. Cosa che si era persa nel tempo e del cui ritorno si è fatto artefice e già per questo merita un grande plauso.

“Sono un autodidatta – ha detto a MBnews -. Mi sono documentato per capire cosa fare, ma ho imparato davanti alle difficoltà”. E tra le difficoltà c’è stata ad esempio quella id essere additato come “il matto di Copreno” e di aver avuto una prima produzione così scarsa, ha affermato, “che ha prodotto vino appena sufficiente per un arrosto”.

 

Come ogni storia suggestiva che si rispetto, questo vino da favola è un vino dalla forte personalità

C’è un fattore però che non va mai sottovalutato: la perseveranza. E alla fine Giuseppe Longhi è stato premiato. La vendemmia 2017 ha portato alla produzione di 54 bottiglie di Radices il nome scelto per omaggiare proprio i nonni Giuseppe, Rosa, Giovanni e Franca che, spiega “hanno reso possibile tutto questo”.

Certo con una produzione così piccola non è pensabile la vendita. Almeno per ora. Ma la voglia di crescere c’è. “Per ora – confessa al magazine – le regalerò a chi in questi anni mi ha dato una mano”. Eh sì perché se folle è chi osa, ancor più folle deve essere chi segue i vagheggiamenti di un pazzo. Il rosso che ne è venuto fuori sembra essere un buon rosso corposo. Ce lo immaginiamo di grande personalità vista la volontà che ci ha messo chi lo ha voluto a tutti i costi produrre e il tempo che lui stesso ha dovuto attendere per avere la sua rivincita.

 

Nel packaging il racconto di una famiglia. L’augurio? Di Leggere il nome di questo vino da favola sulle Carte dei Vini

Interessante anche il packaging “fai da te” pensato da Longhi. “Le bottiglie – dice ancora a MBnews – sono state sigillate con ceralacca rossa su cui ho apposto il mio marchio, che ho inventato prendendo spunto da quelli dei notai medievali oggetto dei miei studi  Le parole e le lettere nel cerchio esterno sono i motti di famiglia: il primo, ‘Parvus sed meus’ (piccolo ma mio) è la ‘nobilitazione’ di una frase che ho sentito tante volte ripetere da mio padre: ‘Pane e cipolla purché sia mio’. Il secondo, invece, riportato con le lettere O.M.O.B.R., era il proverbio preferito di mio nonno Giuseppe: ‘O merda o bareta rusa’, cioè ‘O merda o berretto rosso’. Il significato è ‘O la va o la spacca’ e recentemente ho scoperto che era un proverbio in uso tra i garibaldini”.

Non ve lo vorremmo ricordare per l’ennesima volta, ma Longhi è forse la testimonianza più pura di quanto vere siano le parole dell’amministratore delegato di Ornellaia Giovanni Geddes de Filicaja.

Longhi ha iniziato da poco un esperimento di invecchiamento in barrique per ottenere una riserva di 5 litri. Il nostro augurio? Di leggere il nome Radices, un giorno, sulle Carte dei Vini a cominciare da quelle della Brianza per finire chissà dove. E’ diritto di un “pazzo” sognare e quando un sogno si realizza quello successivo non può che essere più grande!