Coldiretti contro l'ennesimo benestare della Regione: "le condizioni climatiche sono state ottime. Basta penalizzare chi fa qualità"

Vino Calabrese. C’è stata prima la guerra alla Maxi Doc del Pinot Grigio divenuta ormai realtà. Subito dopo si è innescata quella del Glera con i piccoli produttori del Carso denunciatisi vittime di un sistema regionale che a loro sta togliendo l’esclusività del vitigno autoctono. In Valpolicella le piccole aziende che vendemmiano Amarone e Recioto minacciano la scissione dal Consorzio per trascuratezza. In Emilia Romagna, sempre i piccoli produttori, si sono uniti per dire no all’uso e l’abuso dei mosti corretti MC e MCR. 

Dalla punta al tacco dello Stivale in periodo di vendemmia tutti i problemi, quelli non strettamente legati alla vigna, esplodono. E in Calabria, per l’ennesima volta è proprio il “vino corretto” a far infuriare la Coldiretti e con lei, c’è da scommetterci, tanti piccoli produttori che puntano sulla qualità. In un copione che si ripete anche nel 2016 lo scontro è con la Regione. Per l’ennesima volta ha autorizzato lo zuccheraggio dei mosti. Una polemica dalle tinte forti quanto quelle di un Cirò che arriva proprio con la consacrazione dei migliori vini calabresi con i Tre Bicchieri del Gambero Rosso.

C’era una volta Enotria…è da qui che vogliamo partire.

 

Vino calabrese: una storia di autenticità. 

C’era una volta Enotria. E’ così che gli antichi greci chiamavano la Calabria. La “Terra del Vino” che produceva vini considerati così pregiati da essere scelti per essere offerti ai vincitori delle Olimpiadi. Ci fu poi l’epidemia di fillossera e l’abbandono della viticoltura. Dopo anni di silenzio il vino calabrese ha iniziato a la sua rinascita. Soprattutto attraverso la riscoperta dei vitigni autoctoni. Rossi per lo più. Parliamo di Gaglioppo, Greco Nero, Nerello Cappuccio e Mascalese con tra i bianchi a far vivere i filari Montonico, Guarnaccia, Trebbiano Toscano e Greco Bianco.

 

Vino calabrese: i limiti di una possibile rinascita.

vino calabrese - uva gaglioppo

La qualità dei vini calabresi è indiscutibilmente in grande ripresa. Lo dicono i riconoscimenti degli ultimi anni e i dati sulle uve che, proprio per la vendemmia 2016, lasciano prevedere un’annata di qualità. Ma se laddove la qualità c’è senza che l’uomo intervenga è proprio l’uomo a finire per far danni. Questa, almeno, la posizione di Coldiretti Calabri. E la battaglia è sempre la stessa. Il Dipartimento Agricoltura della Regione ha autorizzato per l’ennesima volta il vino “corretto in cantina” consentendo “l’aumento del titolo alcolometrico – volumico minimo naturale delle uve e dei mosti per quello comune, Igp, Dop nonché degli spumanti. Una vicenda sconvolgente”. E’ così che la definisce il presidente regionale della Coldiretti Pietro Molinaro.

Perché sconvolgente? Perché quest’anno, sostiene, le condizioni climatiche hanno regalato grandi uve e lo zuccherraggio è consentito solo quando queste sono particolarmente avverse.

 

Vino calabrese: i danni maggiori sono per i viticoltori di qualità.

“Il Dipartimento con questo provvedimento – afferma Molinaro -, danneggia i viticoltori attenti alla qualità che nasce nei vigneti e dopo anni di sacrifici ed investimenti stanno raccogliendo i frutti”. Frutti che, negli ultimi anni, hanno permesso al vino calabrese di guadagnare spazio e credibilità nei mercati nazionali e internazionali. Avere dati però è difficilissimo. In rete si trova ben poco sullo stato di salute del vino calabrese e questo qualcosa vorrà pur dire. Quanto meno che forse più attenzione per un prodotto d’eccellenza e di così grande potenziale ci vorrebbe. Problema che riguarda, ovviamente, anche la scarsità di investimenti che impedisce a questa regione di tornare ad essere l’Enotria di un tempo.

 

Vino calabrese: una “fantasia creativa” che mescola troppi mosti.

vino calabrese - botti di vino

Lo definisce così Coldiretti quel provvedimento. “Il decreto che ha autorizzato l’aumento del titolo alcolometrico delle uve e dei mosti è frutto della fantasia creativa del dipartimento – dice ancora il presidente Coldiretti. Ha inserito una forzatura e udite udite: la possibilità di arricchimento anche con mosti di uve provenienti da fuori Calabria”. Cosa vuol dire? Per Molinaroche un danno doppio. E perché non c’erano le condizioni climatiche avverse e per l’immagine dei vini calabresi. 

Una grande contraddizione quella del Dipartimento: “da una parte si fanno istruttorie per accertare la siccità per assegnazioni supplementari di gasolio agricolo, dall’altra istruttorie e relazioni che formalizzano l’esistenza di condizioni climatiche avverse tale da consentire l’arricchimento dei mosti”. Qualcosa, in effetti, non torna. 

 

Vino calabrese: il suo stato di salute secondo l’Unione Italiana Vini.

Non si avanza e non si arretra. In Calabria si va avanti a colpi di polemiche e incapacità di investimenti. Questo il quadro che a inizio anno ha disegnato l’Uiv per la punta del nostro Stivale lasciando trasparire come, rispetto ai grandi numeri, la Calabria sia solo un puntino nell’universo enologico italiano. Un puntino che, per qualità, potrebbe dire molto, ma che per investimenti mancati è costretta a parlar poco. Secondo lo studio Uiv, con dati fermi al 2014, la superficie vitata, almeno fino a due anni fa, era di soli 731 ettari per le Dop. Tradotto lo 0,21% della superficie vitata nazionale. 522 gli ettari vitati Igp (0,42% del totale nazionale). Ciò significa che l’87% delle sue vigne sono state vitate al di là della denominazione: il dato più alto d’Italia. 

Facile intuire che nella classifica di produzione di Dop la Calabria si sia attestata al quartultimo posto nazionale con i suoi 44.215 mila ettolitri. Facendo volumi per l’Igp pari a 34.757 ettolitri di vino: lo 0.26% del totale. Nessun vino calabrese è infine entrato nella classifica Uiv riguardante le dinamiche di imbottigliamento di vini Igp e Dop. Con questi ultimi che, nella regione, sono sostanzialmente rimasti invariati tra il 2010 e il 2014. 

 

Vino calabrese: il bisogno di puntare sui valori e accrescere i volumi. 

vino calabrese - bottiglie di vino

Se è vero come denuncia Coldiretti che l’andamento climatico stagionale in Calabria è stato ottimo, pensare di lasciare libero arbitrio sullo zuccheraggio lascia percepire che nei palazzi istituzionali c’è troppa disattenzione verso questo patrimonio. Un patrimonio che grazie alla sua atoctonicità può e deve puntare sulla qualità. E che la qualità in Calabria sia di casa (di certo nel bicchiere) non manca. A mancare è piuttosto la volontà di fare qualcosa perché questa trovi riconoscimenti e, di conseguenza, gli stimoli giusti per iniziare un percorso di reale crescita. 

Lo conferma anche il Gambero Rosso che ha inserito tre vini calabresi nella sua Anteprima Tre Bicchieri. Si tratta del Gravello 2014 Librandi, Grisana 2015 Ceraudo e Masino 2014 iGreco. Tre. Ancora una volta. Lo sottolinea il Gambero Rosso stesso: la qualità cresce, il numero dei vini premiati no. Eppure gli addetti ai lavori si dicono positivi. Ragione in più per evitare di innescare guerre fratricide tra produttori. Anche perché, lo dice una delle massime autorità del settore”, “si è passati dall’immobilismo di venti anni fa a un grande fermento di cantine”. Con molte che si sono dedicate al biologico e la biodinamica. Scelta che contagia soprattutto i giovani. C’era una volta Enotria…quando la rivedremo?

 

Crediti fotografici: prima foto in alto Fabio Ingrosso – Flickr CC. Ultima foto Silvia Garcia – Flickr CC.