Accordo Uiv - FederBio per dare spazio ad un settore in continua crescita. E la Francia sta per diventare leader nei consumi. E se le viti maritate facessero la differenza?

E’ tempo di valorizzare il vino biologico. Gli anni hanno smentito chi, nella sua coltura, vedeva una moda passeggera. Quella per il bio, anche nei calici, è diventata ben più di una tendenza: è una certezza.

Puntarci è una scelta consapevole e lo sanno bene FederBio e Uiv che hanno appena siglato un accordo di collaborazione per dare una spinta maggiore ad un settore in continua crescita. L’Italia, infatti, nel suo consumo è quarta al mondo e presto la Francia salirà al primo posto scalzando l’austera Germania. I metodi di coltivazione sono tanti, ma ce n’è uno che potrebbe determinare una vera e propria svolta.

 

Vino biologico: la crescita è esponenziale. In Italia in sette anni produzione a +107%

Partiamo dai numeri. Nel 2018 il vino biologico ha registrato un incremento del fatturato del 38,6% e sebbene attualmente rappresenti solo l’1,4% nell’intero comparso, la sua crescita esponenziale ci racconta una storia diversa da quella di una semplice “tendenza”.

L’attenzione alla sostenibilità, la presa di coscienza del bisogno di tutelare il territorio è sempre più presente nei consumatori e le aziende stesse hanno compreso il bisogno di salvaguardare un patrimonio inestimabile come quello della viticoltura. Ecco che allora la moda lascia il passo alla necessità. Quella di valorizzare un settore che fa bene ai fatturati, ma anche alla salute e all’ambiente.

In Italia la viticoltura bio negli ultimi otto anni è più che raddoppiata. Dal 2011 al 2018, infatti, la sua crescita nel Bel Paese è stata del 107%. Non solo. L’Italia con un’incidenza del 15,8% è anche il primo Paese per quota di vigneto biologico sulla superficie vitata totale e nei primi otto mesi del 2019 le vendite nella Gdo hanno già raggiunto i 53,2 milioni di euro con una crescita del 363% rispetto al 2016. Dati Osservatorio Bio Nomisma che non sono passati inosservati agli addetti ai lavori.

 

Vino biologico: accordo FederBio – Uiv, il futuro passa da qui

Di qui l’intesa tra FederBio, la Federazione nazionale che da oltre 27 anni tutela e valorizza l’agricoltura biologica e biodinamica in Italia e l’Uiv, l’Unione Italiana vini, la più rappresentativa associazione del settore a livello nazionale.

“La coltivazione biologica – ha spiegato la presidente FederBio Maria Grazia Mammucciniviene identificata sempre più come un metodo avanzato che contribuisce a esaltare la qualità dei vini, in particolare quando parliamo di vini legati al territorio, anche nelle piccole denominazione. Data la complessità e la vastità degli obiettivi di sviluppo della viticoltura biologica e biodinamica nazionale, è importante attivare forme di collaborazione e sinergie come quella sottoscritta con l’Uiv”. Un accordo che mira dunque a conservare e tutelare l’ambiente rurale e rafforzare la competizione e l’innovazione delle imprese.

“Questo accordo – ha aggiunto Ernseto Abbona presidente Uiv dimostra la nostra volontà di promuovere l’eccellenza del vino italiano in tutti i suoi aspetti e di adeguarsi costantemente alla nuova sensibilità dei consumatori sempre più attenti ad un consumo sostenibile e rispettoso dell’ambiente. Nel partenariato con Federbio, apporteremo la sua competenza tecnica a tutto campo nell’ambito della produzione di vino biologico”.

 

Vino biologico: la Francia pronta al sorpasso della Germania. Qui i consumi volano

Siamo d’accordo. Accordi per valorizzare un settore che ha ancora ampie fette di mercato da conquistare, è necessario. Anche perché la competizione non manca. Non siamo gli unici ad aver capito che bio fa rima con opportunità.

Lo dimostra la Francia che nei prossimi due anni sembra saranno i maggiori consumatori di vino biologico. Vicino, dunque, il sorpasso della Germania. In questa classifica noi siamo quarti. Davanti a noi infatti ci sono Gran Bretagna e Usa. Secondo le stime la Francia nel 2023 potrebbe arrivare ad assorbire il 20% dela produzione globale .

Una sfida che l’Italia deve, insomma, saper cogliere. Ma esiste un metodo particolare per coltivare in modo “bio”? La rivisa InNaturale ce ne ricorda uno antichissimo che rischia di sparire e che invece potrebbe essere una chiave di volta per l’immediato futuro.

 

Vino biologico: le viti maritate un’opportunità per il settore? Secondo la rivista InNaturale è ora di riscoprirle

Due anni fa l’allarme: le viti maritate dell’Asprinio d’Anversa rischiano di scomparire! Decantate da Mario Soldati cui si deve il loro nome, e amate da Luigi Veronelli, quella della vite maritata è una viticoltura eroica e affascinante. Secondo la rivista specializzata in agricoltura sostenibile potrebbero essere proprio loro, invece, la svolta del bio in Italia.

Furono gli Etruschi i primi a comprenderne i vantaggi e proprio questo tipo di coltura, interpretata in chiave moderna, potrebbe portare grandi vantaggi ai viticoltori. Vederle è già uno spettacolo. Viti “rampicanti” che salgono lungo i tronchi degli alberi. Niente filari dunque, ma un vero e proprio matrimonio naturale. Un fascino che, in realtà, è anche funzionale. L’assenza dei filari e la naturalità della crescita, infatti, a quanto pare consentirebbe una maggiore resistenza a molte patologie. Questo perché, a differenza dei filari, le piante crescono sufficientemente lontane da non prendere umidità e diventare tane perfette per gli insetti. A questo si aggiunge il vantaggio di fare i doppio raccolto. Sì perché le viti vengono solitamente “legate” ad alberi da frutto, pioppi, aceri olmi e ulivi. Una tecnica di resistenza dunque. Di contro la scarsità di produzione che è il motivo per cui questa tecnica rischia di sparire. In un settore dove fatturati e numeri sembrano di contare più di ogni cosa costi e profitti sembrano cozzare. Ma è davvero così in una viticoltura che, oramai, guarda più alla qualità che alla quantità?