Se ne consumano pochi, ma sono la nosta storia. Perché? Ha provato a scoprirlo un'indagine fatta tra circa 200 ristoratori. La conoscenza è troppo poca. E' un patrimonio da valorizzare!

Siamo sempre più informati, del vino vogliamo sapere sempre di più, navighiamo sui nostri smartphone, siamo diventati incredibilmente esigenti e poi scopriamo che…di vini dolci non sappiamo quasi nulla. E i primi a saperne troppo poco sono proprio i ristoratori. E’ per questo che, di fatto, ne consumiamo poco di vino dolce. E’ incredibile, ma vero! Lo dice uno studio condotto dall’università di Scienze Gastronomiche dell’università di Pollenzo condotto insieme al Consorzio dell’Asti.

Per questo Natale facciamoci un bel regalo…un vino dolce che è la nostra storia, la nostra tradizione e la nostra eccellenza! Qualche buon consiglio puoi trovarlo sulla nostra Carta dei Vini…nel frattempo scopriamo cosa dice lo studio e diamoci un’infarinatura cercando di capire che differenza c’è tra un Passito e un Moscato: un Passito è sempre un vino dolce? Scopriamolo…

 

Vini dolci, quella storia sconosciuta che va ritrovata…in primis dagli addetti ai lavori!

Foto: credito photo wikimedia commons

Di vini dolci e dell’indagine si è parlato in occasione di un evento svoltosi presso la Banca del Vino di Pollenzo e ha preso ovviamente le mosse dal Moscato d’Asti e Asti Spumante per poi andare ad analizzare il trend di consumo dei vini dolci italiani.

Lo studio è stato condotto in forma di questionario e somministrato a 400 tra Osterie d’Italia e Osterie di Buon Formaggio della Guida Slow Food e un po’ di spiace vedere che a rispondere è stato metà del campione: 190 quelli che lo hanno fatto.

Di buono c’è, da come è emerso, che molti si impegnano a far conoscere questa eccellenza italiana ai consumatori. Il 94,3% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di avere almeno un vino dolce in carta. E tra le mission anche quella di rilevare l’immagine del Moscato d’Asti che molti, erroneamente, percepiscono come un prodotto industriale. Certo è che il consumo dei vini dolci è basso. Consola il fatto che non sia in discesa.

Se da una parte è vero che i più preferiscono un liquore e un amaro a fine pasto, cosa che per il 57,41% è la ragione per cui di vini dolci ne beviamo pochi, è altrettanto vero che chi decide di farsi un bel bicchiere di questa bontà lo fa nel 62,2% per accompagnare i dolci e il 29,1%, dimostrando una tendenza tutt’altro che scontata (ma più che significativa) i formaggi.

 

L’indagine sui vini dolci che ci dice quanto “male” percepiamo questa eccellenza. La pandemia non ha aiutato. E il Piemonte si ‘dimentica’ delle sue chicche!

Se da una parte Moscato d’Asti e Asti Spumante hanno purtroppo avuto un calo di popolarità all’interno del mondo delle Osterie Slow Food (e su questo va fatta una profonda riflessione), è altrettanto vero che al sud le cose sono un po’ diverse.

I vini dolci, qui, sono tradizione e l’offerta è varia: va dai puramente dolci ai liquorosi fino ai fortificati.  Secondo l’indagine il calo di popolarità potrebbe essere stato determinato anche dalla pandemia dato che questa tipologia di vino, nell’immaginario, si lega al festeggiamento e negli ultimi due anni da festeggiare c’è stato ben poco.

Certo è che l’indagine è impietosa dal punto di vista della conoscenza. Le varietà dei vini dolci sono “scarsamente” conosciute persino dai ristoratori. Il più noto è il Passito che, seppur in costante crescita, in volumi non è paragonabile ad Asti Spumante e Moscato D’Asti. Per capirci: in Piemonte dove questi vini nascono, solo il 19% dei ristoratori intervistati ha dichiarato di avere un’Asti Docg in Carta contro il 100% di presenza del Moscato.

 

Vini dolci…ne sono un’infinità! Cerchiamo almeno di capire che differenza c’è tra un moscato ed un passito!

Ph: credit photo Wikimedia Commons

Proviamo a capire ora che differenza c’è tra moscato e passito. Lo facciamo per sommi capi, ma almeno avremo qualche conoscenza in più! A volte capita che i termini siano associati, ma non sono sinonimi in assoluto. Dipende sempre tutto dalla produzione, ma di base, una differenza c’è!

 

Il Moscato

Il vino moscato si produce con l’omonimo vitigno a bacca bianca o nera. Vitigno originario dell’est del Mediterraneo che i greci hanno regalato a noi. E’ dal sud che, grazie ai commerci dei veneziani è arrivato a nord. Il termine deriva dal latino “muscus” (muschio) e fa riferimento alle proprietà aromatiche di questo tipo di uva.

Uva che ci regala vini intensi spesso appunto…dolci! Tra questi ci sono il Moscato di Pantelleria, il Moscato di Siracusa, il Moscato d’Asti, il Moscato di Cagliari e l’Asti Spumante. Con il moscato è possibile ottenere dei passiti…ma appunto…ottenere!

 

Il Passito

Il vino passito è frutto di una particolare procedura che prevede l’appassimento (lo dice il termine) dell’uva. Si può fare in vari modi. L’esempio più eclatante è l‘Amarone della Valpolicella (che di certo non gustiamo a fine pasto). L’appassimento e la conseguente riduzione di acqua nella bacca, fa aumentare zuccheri e componenti aromatiche, regalando così vini intensi sia secchi che dolci se non liquorosi. Per capirci prima abbiamo parlato del Moscato di Pantelleria. Beh questo deriva dalle uve di zibibbo, noto anche come Moscato di Alessandria che, se appassite, ci regalano l’omonimo vino dolce. E infatti i disciplinari sono diversi!

Se nel vostro immaginario un vino passito è sempre dolce…beh…vi sbagliate di grosso! Quello del passito, ricordatelo, è una particolare lavorazione!

Una piccola chicca: il vino dolce di Tokaij il 10 dicembre ha festeggiato i suoi primi…450 anni!