Perderemo più dei 13 milioni di ettolitri previsti da Assoenologi. Questa la previsione di Ismea e Unione Vini Italiani. Sulla qualità non ci si pronuncia, ma si pensa positivo. Un'eccezione però c'è ed è tutta nel bio

Dopo Coldiretti e Assoenologi arriva la previsione vendemmiale 2017 anche che l’Uiv (Unione italiana vini) ha elaborato insieme ad Isema. Su un punto sono tutti (inevitabilmente d’accordo): il calo nella produzione è notevole. Su un’altra però le posizioni sono totalmente diverse. Se per Coldiretti infatti la qualità sarà eccellente, Assoenologi dopo un’iniziale cautela ha affermato per voce del suo presidente, Riccardo Cotarella che anche la qualità ne risentirà. L’Uiv mantiene una posizione intermedia parlando della diversificazione del raccolto nelle diverse zone d’Italia, ma non celando, comunque, un complessivo ottimismo.

Tornando al discorso quantità le stime di Assoenologi di metà agosto non sono andate molto lontane da quelle elaborate dall’Uiv. Le settimane trascorse tra le due rilevazioni, infatti, hanno spostato leggermente l’asticella e sempre in negativo. Se per l’associazione guidata da Cotarella la media in discesa si poteva attestare intorno al 25%, l’Uiv aggiunge un 1% in più: produrremo quindi 40,02 milioni di ettolitri di vino. Il 26% in meno dell’anno scorso e sempre ammesso che non arrivi qualche improvvisa grandinata che potrebbe far registrare una situazione ancor più pesante. Di certo, e su questo concordano tutti, è la peggiore degli ultimi 50 anni.

Qualche eccezione c’è tra chi contiene le perdite e chi non invece va controdendenza: il bio.  L’occasione, per Ismea e Unione Vini italiani, anche per fare il punto sui prezzi inevitabilmente in salita.

 

Vendemmia 2017: il calo c’è anche per l’Uiv, ma la differenza spesso è anche tra vigneto e vigento. Difficile fare bilanci

 

vendemmia 2017 dati uiv ismea

 

Saranno più di 13 milioni gli ettolitri di vino in meno che l’Italia sarà in grado di produrre in questa annata così anomala. La previsione Assoenologi era stata quasi ottimistica, sebbene anch’essa aveva dato il dato come incerto imputando la responsabilità alla siccità. Piogge non ce ne sono state, o quanto meno non sufficienti a mutare uno stato di cose che perdurando ha determinato un calo vertiginoso nella quantità di raccolta, senza tuttavia intaccare il primato italiano in Europa complice una situazione metereologica che non ha risparmiato Spagna e Francia, ma che anzi anche qui ha portato ad un crollo ancor più significativo.

Sulla qualità l’Uiv non si sbilancia. Il presidente Ernesto Abbona parla di “dati rilevanti che indicano una forte variablità quali-quantitativa non solo tra zona e zona, ma all’interno dello stesso territorio tra micro-aree differenti e, addirittura, tra vigneto e vigneto. La qualità, nella maggior parte delle zone analizzate, si mantiene su standard ottimali, anche è troppo presto per definire con certezza come evolverà al termine della vendemmia”. Voce cui si unisce anche quella del viceministro Andrea Oliviero che sottolinea come lì dove le cose sono andate meglio è anche dove c’è stata “innovazione la cura professionale dei vigneti” che hanno creato “maggiore competitività, assicurando maggiori ricavi a tutti gli attori della filiera”. Una direzione che va perseguita, ma che per molti aspetti sembra lontana se si considera quanto ancora poco in Ict investano i produttori italiani e quanto invece il mondo del vino stia cambiando.

 

L’export cresce e il sistema vino resisterà, ma serve investire nell’innovazione

Al di là dell’annata difficile anche da decifrare la ripercussione sembra non sarà poi così drammatica. Ne è convinto il direttore generale Ismea Raffale Borriello: “Il rafforzamento del sistema produttivo e imprenditoriale degli ultimi anni consentirà al comparto del vino italiano di reagire. E’ necessario, tuttavia, non trascurare la portata degli effetti dei cambiamento cliatici sui redditi degli agricoltori, proponendo anche per il settore vino sperimentazioni e strumenti innovativi per la gestione dei rischi a tutela del ricavo aziendale”. Ricerca che, come sappiamo, va avanti e di cui il professor Attilio Scienza è certamente uno dei simboli. Proprio lui, nei giorni scorsi, ha presentato una ricerca che ha portato all’innesto di una vite capace di consumare il 30% di acqua in meno.

E che il sistema produttivo e imprenditoriale si sia rafforzato, se parliamo in termini di mercato, lo confermano anche gli ultimi dati dell’export. Secondo Ismea nei primi cinque mesi del 2017 l’Italia ha fatto registrare un +6,2% in volume e un +6,4% in valore. Valore che se confermato significherebbe, a fine anno, l’esportazione di oltre 21 milioni di ettolitri di vino.

 

I prezzi dei vini, intanto, prendono a salire

Se da una parte c’è la vendemmia complicata, dall’altra ci sono delle buone notizie dai mercati oltre che per l’export anche sul fronte prezzi. Il divario che ci divide da molti altri Paesi ci mette in una condizione particolare laddove esportiamo tanto, ma guadagnamo meno. L’esempio più lampante è nelle bollicine. Secondo Isema la camagna si è aperta con i prezzi di agosto in crescita del 4% sui bianchi comuni e del 2% sui rossi comuni rispetto a luglio. I dati Ismea sono stati riportati da Winenews nei giorni scorso.

E’ emerso che tra le grandi denominazioni bianchiste del Paese, quelle su cui i prezzi crescono di più, spiccano le quotazioni di Gavi e Cortese di Gavi arrivate a 275 euro al quintale con una crescita del 10% su agosto 2016. Anche per il Prosecco Doc si registra un aumento del przzo pari a un +4,2% (187,5 euro al quintale). Seguono l’Arneis del Roero a 170 euro rimasto stabile, il Marsala che ha fatto letteralmente il botto portando le sue quotazioni a +24,1% (167,5 euro) e il Moscato che mantiene la sua media con 160 euro al quintale.

Tra i Rossi a far registrare la crescita più grande nelle quotazioni è stato il Brunello di Montalcino. Un +12,8% chew si traduce in 1.010 euro al quintale. Seguono Barolo stabile a 820 euro e Barbaresco cresciuto anche lui dell’11,5% (535 euro). Tra i vini più quotati anche il Nebbiolo d’Alba con i suoi consolidati 285 euro al quintale e il Valpolicella (250 euro). Si sale e si scende parlando di un vino e di un altro, e con una vendemmia così complessa non sarà difficile vedere ulteriori stratificazioni.

 

Vendemmia 2017: tutti col segno meno, ma il bio fa eccezione. Il suo boom lo pone in controdendenza

 

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L’eccezione vino bio

Una controtendenza però c’è. E’ quella del vino bio. L’exploit delle vigne “al naturale” del 2016 ha fatto sì che il biologico continui a crescere al di là delle difficoltà di vendemmia. L’Italia, infatti, con i suoi 103 mila ettari di vigne biologiche è leader mondiale per incidenza sul totale. La domanda è aumentata in modo esponenziale sia nel mercato interno che nell’export. Nel primo, infatti, il 2016 aveva fatto già registrare nel mercato interno un +34% (275 milioni di euro), mentre l’estero aveva rappresentato un +40% delle sue vendite (192 milioni di euro). Un settore dove la Coldiretti non vede dunque alcuna difficoltà neanche con una vendemmia cosi particolare.

 

Le vendemmie quantitativamente “migliori’

Entrando nel dettaglio dei dati Uiv vediamo come la regione cui “va meglio” è il Friuli Venezia Giulia. Se Assoenologi stima un calo del 15% in produzione, l’Unione Italiana vini la limita a –11,5% per cui dovrebbe produrre 1,6 milioni di ettolitri di vino, circa 50 mila in più di quelli previsti dall’associazione presieduta da Cotarella. Seconde nella classifica Uiv Trentino Alto Adige e Campania che faranno registrare un –12,5. Dati entrambi superiori a quelli indicati da Assoenologi che prevede un -10% in Trentino e un +5% (caso unico) rispetto al 2016 per la Campania.

Per Uiv, invece, la vendemmia è andata peggio del previsto sebbene meglio del resto d’Italia per cui produrranno rispettivamente 1,1 milioni e 1 milione di ettolitri di vino.

D’accordo sul Veneto per quanto riguarda la supremazia quantitativa. Sarà sempre questa la regione più produttiva del 2017 sebbene con una leggera differenza di previsione. Per Uiv saranno 8,3 milioni gli ettolitri prodotti. Per Assoenologi 8,650. Sta di fatto che, anche in questo caso, il calo c’è con l’Unione vini che lo inquadra in un -17,5% a fronte del -15% previsto dall’altra associazione.

 

Le vendemmie quantitativamente “sufficienti’

Lo abbiamo detto. Il calo c’è per tutti e la media Uiv è di un -26%. Intorno a questa stima ruotano 5 regioni. Il -25% si registrerà secondo Ismea in Emilia Romagna, Calabria, Molise e Liguria con la prima che vede l’Ancellotta come la varietà che ha subito più danni e il Lambrusco Salamino quello che ha avuto meno conseguenze negative. Qui di ettolitri di vino se ne dovrebbero produrre 5,8, in Liguria 52.052, in Calabria 478.658 e in Molise 185.155.

Le altre tre regioni che raggiungono la “sufficienza” e cioè rimanendo nei dintorni della media che resta comunque negativa, sono Lombardia, Piemonte e Marche. Per tutte il calo è del 27,5%. La Lombardia, quindi, dovrebbe mettere al sicuro 1 milione di ettolitri di vino, il Piemonto 1,8 e le Marche 693.103 ettolitri.

 

Le vendemmie quantitativamente “disastrose”

Parliamo di quelle dove la raccolta ha fatto segnare almeno un -30%. Questo il calo vendemmiale di Puglia e Abruzzo, ma c’è anche a chi è andata peggio. Sono state Umbria Sardegna e Sicilia ad avere la peggio con quest’ultima che ha “fortuntamente” registrato meno problemi nelle zone dell’Etna dove il caldo estivo è stato in parte mitigato dall’effetto altura. In generale nella regione a soffrire meno sono stati i vitigni situati nelle zone più vocate alla viticoltura e quelli la cui gestione oculata delal chioma ha permesso di proteggere i grappoli dai raggi del sole.

Siccità dopo e gelate prima hanno comunque creato in entrambe le isole e in Umbria tante problematiche.  Infine Lazio e Toscana dove le cose non sono di certo andate meglio. Entrambe le regioni, quantitativamente, hanno visto precipitare i loro numeri del 32,5%. Nella regione dei rossi la differenziazione si è davvero fatta sentire zona per zona. Basti pensare che nella zona del Morellino le perdite sono state molto contenute a differnza delle zone del Chianti, di Montepulciano e di Massa Marittima dove si è toccato il -40%.