La agenzie di pubblicità e comunicazione tradizionali sono in crisi. L'analisi del Ceo di WPP parla chiaro: il futuro è sui marketplace anche per il B2B! Per Cisco quello dell'innovazione tecnologica è un treno che il vino italiano deve prendere ora

Restare indietro in un mercato che evolve così velocemente, significa perdere terreno rispetto ai competitor di tutto il mondo. Ancor più se parliamo del settore dell’Agrifood e, di conseguenza, del mondo del vino.

Nei prossimi tre anni le imprese italiane dovranno investire nell’Ict, nell’Information and Communications Technologies, o il gap che le separerà dal resto del mercato diventerà difficile da colmare.

A decretarlo la prima mappatura mai fatta in Italia dell’intero settore dal Digital Transformation Institute in collaborazione con Cisco Italia che proprio sul vino si è soffermata. Efficienza, nuovi mercati ad alto tasso di crescita, marketing digitale e tecnologia, dati e contenuti, sono il futuro della comunicazione per conquistare i mercati. Ne è convinto anche Martin Sorrell, businessmann inglese e chief executive officer (CEO) di WPP. Parliamo di una delle più importanti agenzie di comunicazione al mondo. Eppure, proprio quest’anno, le sue quotazioni sono precipitate. Una discesa così brusca da aver perso il 13%: il crollo più pesante degli ultimi 17 anni.

Perché? Perché il ruolo classico delle agenzie di comunicazione, così come avvenuto già con l’editoria, sta inevitabilmente cambiando di fronte al potenziale offerto dalla rete. E il vino è uno dei grandi protagonisti di questo cambiamento. Pochi, però, sembrano averlo capito.

 

Platform Economy: l’ecosistema che abbatte i costi, migliora prestazioni visibilità e amplia i mercati

 

platform economy statisticheImmagine: Modello di economia tradizionale e modello platform economy a confronto (Accenture Technology Vision 2016)

 

Con un modello di mercato che taglia sempre più fuori gli intermediari preferendo una relazione diretta tra i protagonisti delle filiere, i budget in comunicazione si abbattono. Laddove i clienti perdono potenziale di investimento, riescono comunque ad ottenere grandi e anche migliori risultati puntando sull’innovazione tecnologica. E’ questa, infatti, a rendere possibile quanto prima sembrava inimmaginabile: poter interagire e dunque indirizzarsi verso il social business con chiunque in ogni angolo del globo.

Come? Servendosi di quella che viene definita “platform economy” o “marketplace economy”. Basterebbe citare Amazon o Alibaba per comprendere il potenziale di questa modello di business. Ma se piattaforme tecnologiche come queste, nel settore del vino, sono orientate prevalentemente al B2C, cioè sono dei grandi supermercati online dove i produttori si rivolgono direttamente ai consumatori, c’è un’altra grande fetta di mercato che inizia ad operare in una direzione in cui possono risiedere numeri e opportunità indubbiamente più vaste.

 

Il marketplace nel mercato B2B

E’ quella del mercato B2B, lo stesso verso cui Enolò si rivolge. Parliamo dunque di aziende che si mettono in contatto con altre aziende operando direttamente vendite e transazioni attraverso un marketplace dedicato innovativo che offre servizi in grado di garantire proprio la realizzazione di quei principi su cui Sorrell ha affermato si dovrebbe orientare oggi il mondo del business: efficienza, apertura verso nuovi mercati, marketing digitale, social communication, tecnologia online connessa a sistemi di logistica integrati.

Un ecosistema, come viene definito l’insieme degli stakeholder di una filiera, da questa nuova forma di economia, in cui non c’è linearità, ma circolarità. Dove l’efficienza aumenta, e i costi si abbattono. Dove i mercati crescono e le spese diminuiscono.

 

Platform economy: il futuro passa per piattaforme integrate in grado di garantire servizi innovativi

 

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L’81% degli executive intervistati per stilare il rapporto Technology Vision 2016, dichiara che i modelli di business paltform, cioè i marketplace, saranno il cuore della loro strategia per i prossimi tre anni.

Lo stesso tempo dato alle aziende italiane dal Digital Tranformation Institute per investire in questa direzione. Ad oggi il valore delle platform company rappresentano 2.6 miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato in tutto il mondo. Entro cinque anni si stima che un elemento centrale della valutazione societaria e del capitale di mercato, sarà basato su platform ecosystem e assetti digitali.

Come il Digital Tranformation Institute sottolinea non è necessario crare un proprio marketplace, anche posizionarsi al suo interno può essere una scelta vincente. Consente infatti di avere accesso a risorse e ad una forte visibilità senza dover sostenere costi importanti di marketing o costi legati allo sviluppo informatico di una propria piattaforma.

Non solo il valore economico, ma anche quello numerico. L’economia digitale globale ha rappresentato il 22% dell’economia mondiale nel 2015 e continua a crescere tanto che l’Accenture Technology Vision 2016 prevede raggiunga il 25% del PIL globale entro il 2020.

Il rapporto stima che entro il 2018 il 50% delle grandi imprese e l’80% delle medie imprese opereranno su piattaforma digitale integrata, capace cioè di offire servizi a 360 gradi: dalle operazioni di mercato, a quelle di marketing, passando per distribuzione, logistica e valorizzazione del brand.

 

 

Platform economy, il caso Italia: la Digital Tranformation è al palo. Non si investe, ma così si rischia di perdere un treno che non tornerà

 

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Immagine: Infografica situazione italiana riguardo gli investimenti Itc dell’Agrifood elaborata da Cisco

 

La prima mappatura del settore Agrifood in Italia è stata fatta dal Digital Transormation Institue con la collaborazione di Cisco. E’ stata elaborata quest’anno e riguarda “Gli impatti della digital tranformation” nel settore. In particolare, la ricerca, ha promosso un approfondimento proprio sul vino. 307 le imprese coinvolte. Una  selezione fatta tra aziende rappresentative. Quelle cioè che producono uva da vino per un valore della produzione superiore ai 15.000 euro. Le imprese sono state classificate in base alla classe economica: da 15.000 a 50.000 euro, tra 50.000 e 100.000 euro, oltre 100.000 euro e per il tipo di produzione (vino Doc, Docg e altri vini).

Se da una parte abbiamo la WPP che prende coscienza del fatto che i clienti si rivolgono sempre meno alle agenzie di comunicazione classiche e per voce di Martin Sorrell parla già di una rivoluzione verso il digitale integrato e dunque verso la “platform economy”, le aziende italiane nell’Ict sembrano proprio non investire a parte casi sporadici.  

Partiamo da un assunto. Il settore dell’Agrifood, in Italia, è uno dei più importanti e impiega il 21,7% di forza lavoro di tutto il mercato del Paese. La ricerca ha riguardato tutte le fasi di produzione, andando a verificare lo stato di digitalizzazione delle aziende coinvolte, il tipo di tecnologie utilizzate e, soprattutto, gli investimenti che vengono fatti nelle filiere produttive.

Il risultato è la fotografia di un’Italia che non investe. Un Paese ancorato a vecchi schemi mentali. Incapace di formare il personale verso il nuovo. L’Italia, insomma, rischia di perdere il treno del cambiamento in atto.

 

 

Platform economy: perché è meglio? Perché la sua ciclicità efficienta e soddisfa le richieste del mercato

 

platform-modelImmagine: Il circolo virtuoso dell’ecosistema creato dalla platform economy (Accenture Technology Vision 2016)

 

L’approfondimento del settore vino ha fatto emergere che il 77,3% delle aziende non ha fatto alcun investimento in tecnologie Ict. Chi li ha fatti non ha investito più di 5mila euro (22,7%). La percezione del cambiamento, però, sembra esserci dato che il 52% di loro ha dichiarato di volerne fare nel prossimo futuro, ma a dichirarlo sono state soprattutto le grandi aziende (49%). Le medio-piccole, cioè il 31%, sembra invece poco interessato e in un Paese in cui sono proprio loro l’ossatura del settore il disinteresse potrebbe essere catastrofico se si guarda al prossimo futuro. Le tecnologie su cui si intende investire riguardano in particolare il ciclo di produzione e l’ottimizzazione dei processi di trasformazioni. Aspetti ritenuti interessanti rispettivamente dal 49 e il 57% degli intervistti.

La scarsa fiducia viene anche dagli investimenti “sbagliati” fatti da quei pochi che hanno deciso di investire. La scarsa professionalità e la mancanza di competenze hanno messo un ulteriore freno allo sviluppo di servizi innovativi soprattutto nel web marketing e nella logistica. Solo il 19,3% delle aziende ha un sistema logistico organizzato in modo innovativo. Il 38% ha una logistica non informatizzata. Il 40% dichiara di non avere alcuna pianificazione logistica.

 

Perché è importante operare su un marketplace

Tutto questo, oggi, passa per la “platform economy” che si sviluppa in più direzioni, compresa quella del B2B. Entrare a far parte di un marketplace capace di soddisfare tutte le esigenze del mercato in espansione diventa fondamentale tanto che, la ricerca, ha specificato che l’Italia ha un margine di tre anni per entrare a pieno ritmo nella trasformazione in atto.

Pensare e soprattutto operare in senso integrato, superando la linearità dell’economia fin qui conosciuta, rappresenta la chiave di volta per chi ha intenzione di crescere nell’immediato futuro.

Enolò ne ha raccolto la tendenza già da tempo e opera proprio in questa direzione.

 

Platform Economy: Enolò è la Startup che ha scelto di puntare sul B2B del settore del vino e propone un marketplace proprietario originale, dedicato ai professionisti.

 

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Riprendiamo per un attimo la definizione che abbiamo dato prima a “marketplace economy” nel B2B. Parliamo di “aziende che si mettono in contatto con altre aziende operando direttamente vendite e transazioni attraverso un marketplace di proprietà innovativo”. Enolò è e fa proprio questo. Il suo obiettivo è mettere in contatto diretto produttori e rivenditori, attivando un circolo virtuoso sulla la filiera “dalla porta della cantina al tavolo del ristorante” andandone ad efficientare le criticità.

Dalla “piazza virtuale” del marketplace, vera e propria vetrina nonché luogo in cui comunicare direttamente con i potenziali acquirenti (i dealer) raggiungendo fin dove era prima inimmaginabile grazie alla Carta dei Vini che aggiunge alla sua funzione tradizionale, perfettamente integrata tra cartaceo e digitale, quella di vero e proprio oggetto di marketing, ma anche editor con cui preparare e fare lo share dei contenuti usati per la promozione delle proprie attività e specificità, all’organizzazione fisica dei prodotti. Servizi rivolti a tutti i protagonisti della filiera vitivinicola in un ottica “Win Win”, cioè tale da garantire vantaggi a tutti.

 

Enolò, la piattaforma dei servizi innovativi integrati

Enolò per rendere veramente utili ed efficaci le attività di commercializzazione svolte sul proprio marketplace, ha implementato e messo a disposizione degli utenti, servizi logistici tagliati su misura per il settore, indispensabili per uno sviluppo del marketing digitale anche in ambito B2B. Ciò che mancava e di cui c’era bisogno, cioè la possibilità per un ristorante o un altro dealer, di ordinare e ricevere il vino richiesto nell’arco di poco tempo, anche in piccole quantità, tanto da potersi garantire una cantina flessibile sia in termini di disponibilità che di articolazione dell’offerta.

Tutto questo ora è una possibilità concreta che va incontro ai consumatori, esattamente come richiedono. Sempre più attenti, sono alla continua ricerca non solo di prodotti di eccellenza, ma di conoscenza di tutti i valori che sono racchiusi nei contenuti di cui ogni buona etichetta è ambasciatrice.

Una Startup che ha fatto della “platform economy” il suo modello di business, attirando l’attenzione della stampa di settore e non solo. Un progetto che rende possibile l’ampliamento dei mercati uilizzando direttamente le emergenti opportunità del web e dell’ICT. Che snellisce i processi della logistica e offre servizi dalle cartteristiche innovative e di elevato livello. Un investimento in tecnologia che, stando a quanto ha affermato Cisco, è già avanti di tre anni. Una Startup che, in sostanza, esprime perfettamente il cambiamento in atto.

 

Clicca qui per ascoltare l’intervista di Martin Sorrell rilasciata alla CNBC