Pubblicata da Wonder Women of Wine la prima ricerca sul tema: per raggiungere la parità ci vogliano oltre 10 anni. E intanto anche sui termini 'maschili' e 'femminili' con cui si descrivono i vini si apre una nuova riflessione

Ci è capitato spesso di parlare di uguaglianza di genere nel mondo del vino. Ora c’è il primo studio in materia. A realizzarlo la Wonder Women of Wine, organizzazione dedicata a colmare il divario di genere tra donne e uomini nell’industria del vino e sostenere le donne in posizioni di leadership, e The Wine Nerd. Il risultato: la strada, purtroppo, è ancora lunga. Per raggiungere la parità nel settore ci vorranno più di 10 anni.

Lo ammettiamo, l’esito ci ha stupito. Ma a quanto pare, nonostante i tantissimi passi avanti e l’innegabile presenza femminile che ha saputo raccontare, raccontarsi e imporsi, ci sono ancora tante cose da cambiare. E c’è anche chi ingaggia una battaglia per smettere di usare termini ad hoc per descrivere i vini prodotti dalle donne e quelli prodotti dagli uomini.

 

Dal Texas lo studio che sorprende: per le donne l’uguaglianza di genere nel mondo del vino non è poi così vicina

Lo studio è stato presentato ad Austin in Texas. Tre i problemi principali da risolvere: le donne sono giudicate in base a standard diversi rispetto ai colleghi, hanno meno probabilità di essere promosse a ruoli di leadeship e non ricevono lo stesso tutoraggio.

L’occasione per toccare temi così delicati, ma così importanti, è stata al Wonder Woman of Wine Conference 2020 che doveva tenersi il 28 e il 29 marzo, ma poi annullata a causa dell’emergenza Coronavirus. Un incontro che aveva come fulcro proprio quello dell’affrontare questioni chiavi tra cui il mutamento del femminismo, la resistenza alla violenza, l’imprenditorialità, la difesa, l’inclusione, la salute e il benessere delle donne all’interno di un universo che a loro, per troppo tempo, è stato negato. L’occasione anche per scoprire l’eccellenza dell’enologia rosa con ben 55 viticoltrici donne presenti, arrivate da 9 Paesi in rappresentanza di 62 aziende vinicole. Insomma, una vera e propria kermesse tutta al femminile per confrontarsi e scoprirsi.

 

Più difficile fare carriera. Le molestie? Ci sono e anche sugli stipendi le differenze persistono. Di uguaglianza di genere non se ne parla!

I risultati dello studio sono emersi da un sondaggio che Wonder Woman of Wine ha inviato alle partecipanti a gennaio, e alla mailing list dell’organizzazione che usato i social per diffonderlo. Di risposte ne sono arrivate 554. Ci piacerebbe sapere se ci sono anche produttrici o professioniste del vino italiane in questo spaccato del mondo del vino al femminile, ma è stata una scelta quella di non distinguere tra razza, etnia e luogo di residenza.

Sebbene non si possa dunque parlare di una ricerca che rappresenti in toto la reale situazione sul tema “uguaglianza di genere” nel mondo dell’enologia, di certo la fotografia che scatta fa emergere problemi che, certamente, sono riscontrabili ovunque. A volte in misura maggiore, altre in misura minore: ma le differenze, purtroppo, persistono.

Soddisfatta dell’esito del sondaggio Rania Zayyat, fondatrice dell’organizzazione, sebbene con qualche riserva. “E’ stato incoraggiante vedere che cantine, negozi al dettaglio, distributori e imprenditori stanno facendo progressi sul tema della partià di genere. Tuttavia il 35% delle donne, rispetto al 27% degli uomini, ritiene di non essere adeguatamente retribuito per il lavoro e ci sono grandi differenze sul come si cerca di risolvere questa situazione.

Entrando nello specifico della ricerca, è emerso come la maggior parte degli intervistati di sesso maschile sa come ottenere un aumento (il 64%) e si sente a proprio agio nel negoziare evenutali promozioni (60%). Le donne, invece, hanno molta più difficoltà nel raggiungere l’obiettivo (31%) e nel negoziare il passo in più da compiere (28%).

Altro tema caldo quello delle molestie sul lavoro. Quasi due donne su tre e un terzo degli uomini affermano di essere state molestate se non addirittura aggredite da un coetaneo o un collega. Ad aggravare la cosa, il fatto che la probabilità che ciò influisca sulla carriera, e dunque nell’ottenere o meno qualcosa, riguarda proprio le donne.

 

Vini maschili e femminili: i termini sono diventati obsoleti? Secondo qualcuno è ora di rivederli e trovare uguaglianza di genere anche nei calici

Ad ingaggiare una battaglia contro i termini “femminili” e “maschili” con cui si descrivono i vini è wine searcher in un articolo a firma di Vicki Dening. Ne elenca sei: morbidi, eleganti e delicati per i vini “rosa”; potenti, muscolosi e robusti per quelli maschili. Un’usanza, si sottolinea, che appartiene soprattutto al Vecchio Mondo e dunque anche a noi.

Per lei “ridicoli descrittori” che ancora oggi la fanno da padrone nelle note di degustazione. Per capire se la sua tesi, e cioè che bisognerebbe rivedere il linguaggio con cui il vino si descrive, ha fondamento, ha chiesto a sei colleghi e amici di esprimersi du questi termini. Ha quindi posto la domanda a tre donne e tre uomini: quattro di Stati diversi degli Usa e due di altri Paesi. C’è bisogno di uguaglianza di genere anche nelle descrizioni? Vediamo cosa hanno risposto.

 

La parola degli esperti

Per Victoria James, direttrice settore bevande e partner della Cote stellata Michelin i termini maschili e femminilisono arcaici. Il nostro settore dovrebbe evolversi“. Quelle poche semplici parole sarebbero quindi “limitanti per l’immaginazione” e diventano “la stampella quando non se ne trovano di migliori”. La sua proposta è di buttarne giù altri da condividere con altri degustatori.

Matt Kaner, esperto di Los Angeles, ammette di aver usato spesso i termini classici, ma di aver poi cercato costantemente di rinnovare il suo linguaggio quando si è accorto che non per tutti avevano lo stesso dignificato. D’accordo con lui la wine writing Julua Coney. Per lei “i termini maschili e femminili sono obsoleti. Quando ho iniziato a bere vino, molti descrivevano i Cabernet della Napa Valley come grandi e maschili, ma io sono una donna emi sono piaciuti”. Stereotipi, insomma, come quello, sottolinea, legato ai rosé: molti gli uomini che li amano, spiega, così come tante sono le donne che amano i cabernet audaci.

“Maschile contro femminile: lo odio, ma lo uso”. Lo dice Jeff Harding, direttore del settore bevande al Waverly Inn di New York. Per lui sono una semplificazione eccessiva che fa perdere di vista le sfumature. “Tuttavia – aggiunge – quando si discute di vino a tavola, bisogna essere brevi e semplicisitici, così che tutti capiscano”. Il suo auspicio? Che termini “sfumati” come tannini più morbidi, più aggressivi, aromi più sottili e sfumati, diventino di gergo comune.

C’è poi Richard Betts, ex Master Sommelier che spiega come per lui quei termini fossero i preferiti un tempo. “Ho riconsiderato questo aspetto – spiega oggi -. Non li uso più anche perché li trovo offensivi. Chiamare un vino maschile o femminile significa sottoscrivere una vecchia idea del mondo che non prevede la vasta gamma di meravigliosa umanità”.

Infine Carrie Lyn Strong: “non ho problemi con queste descrizioni – dice -. Come sommelier è nostro compito tradurre usando parole che le persone capiscono”. Per lei insomma, vanno bene, ma anche lei si chiede se ce ne siano altri migliori. “Come essere umano – aggiunge – posso capire che gli stereotipi possono essere offensivi e sentire che il linguaggio dovrebbe cambiare per rispecchiare la crescita emotiva della società”.

E voi cosa ne pensate? Sui termini potremmo aprire un’ampia discussione, ma sulla discriminazione no. Il mondo del vino, senza le donne, avrebbe solo da perdere. Non è solo una questione di uguaglianza di genere, ma di crescita culturale. Le donne sono un valore aggiunto guadagnato con anni di battaglie e la loro voce è una voce che merita di essere alla pari di chi, di questo mondo, fa parte da sempre.