Presentato l'ultimo rapporto dell'Osservatorio sul turismo del vino delle Città del Vino. Il Covid ha avuto il suo effetto, ma il settore resta un grande volano, purché si investa per tempo e nella giusta direzione

“Una cabina di regia per rilanciare il sistema enoturistico”. E’ quello che secondo il presidente delle Città del Vino Floriano Zambon  è necessario per pensare alla ripartenza di un settore che, di fatto, è un volano economico formidabile. E che lo sia lo dimostra l’ultimo Rapporto dell’Osservatorio sul turismo del vino dell’Associazione presentato oggi. Ripartire, dunque, dal 2019, quando si sono contate almeno 15 milioni di presenze e oltre 2,65 miliardi di fatturato, ma con una nuova consapevolezza.

Ci vorranno due anni per tornare ai numeri del 2019. Il tempo ‘giusto’ per pensare e applicare un piano straordinario per il rilancio del sistema enoturistico

Il Covid, è inutile dirlo, ha fermato il settore, ma questo non vuol dire che non si possa ripartire da lì dove ci si è fermati. Quando parliamo di nuova consapevolezza, parliamo della presa di coscienza che oggi il turismo è cambiato, come emerge proprio dal rapporto. Ci vorranno due anni, si prevede, per tornare alle performance del 2019. Un lasso temporale che deve essere dedicato al miglioramento dell’offerta enoturistica dando le giuste risposte a quel “nuovo” turismo che si è ormai concretizzato.

Tutto, dunque, passa per una precisa strategia di rilancio come ha sottolineato in occasione della presentazione del rapporto Giuseppe Festa, direttore del Corso di perfezionamento universitario e aggiornamento culturale di Wine Business dell’Università degli studi di Salerno. Quello che serve, ha detto, è “la redazione e l’attuazione di un piano straordinario di promozione del turismo del vino“. E in questo piano è urgente che rientrino investimenti “soprattutto sull’accessibilità dei territori, da considerarsi in senso lato, ossia in termini di strade, parcheggi, servizi per persone diversamente abili e così via, senza dimenticare le infrastrutture digitali”.

Un passaggio quest’ultimo che non ci stancheremo mai di sottolineare.

 

Il ‘bello e il brutto’ del sistema enoturistico italiano. Le persone hanno le idee chiare, sta alla filiera dare le risposte giuste. La comunicazione è imprescindibile

Cos’è dunque questo “nuovo” turismo? Un turismo lento, esperenziale e da vivere all’aperto. Il futuro è nei vigneti e le cantine. Investire può dunque sembrare “facile”, ma in un sistema come quello italiano non lo è. Lo ha sottolineato sempre festa spiegando come “la complessiva ricchezza enogastronomica del nostro Paese e l’appeal del contesto storico-artistico-culturale, giocano a nostro favore, mentre la carenza dei servizi di accoglienza e l’esperienza di visita spesso uguale, non originale o meglio ancora memorabile”.

Altro aspetto emerso dal Rapporto la necessità di rafforzare le reti di collaborazione. Servono modelli di organizzazione, promozione e sviluppo dell’enoturismo più innovativi dove la prossimità diventa una nuova parola chiare insieme, e la ritroviamo ancora una volta, al digitalizzazione. Quella di aver un piano straordinario di comunicazione e promozione, in sostanza, è una necessità che avverte la gran parte degli esperti e gli addetti ai lavori (100 quelli ascoltati per redigere il Rapporto): il 75%:

 

La regione più attrattiva…

A livello enoturistico la Toscana sembra insuperabile. E’ la meta preferita di italiani (52,69%) e stranieri (60,22%) e le ragioni sono chiare: storia, arte e cultura…tutte cose di cui il vino è un elemento essenziale. La dimostrazione che saper comunicare la propria eccellenza, in ogni campo, è la chiave di volta e che comunicare vuol dire essere nel mondo digitale. Il canale più diretto per dare ai turisti ciò che cercano: esperienze nuove e non ripetitive. Tutti sono stanchi della routine e quella cui ci ha costretto la pandemia vogliamo solo…dimenticarla!

 

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