Lo dice il rapporto OVSE-Ceves che fa la fotografia all'e-commerce italiano: troppo indietro rispetto ad altri Paesi. Alla vendita vanno affiancati altri servizi

L’online ha bisogno di grandi infrastrutture per l’e-commerce, ma anche altri servizi. E’ stata la cosa che ci ha colpiti di più, oltre ai dati, del report OVSE- Ceves sullo stato del mercato online del vino italiano. Il business è in crescita, ma il ritardo rispetto agli altri Paesi rimane.

Un discorso, quello affrontato dal Ceves, che riguarda soprattutto il B2C, ma che, a legger bene, si estende anche al B2B del settore del vino il quale, nonostante mostri un tentativo di evoluzione, la quota di sviluppo di cui avrebbe bisogno, è senza dubbio molto superiore. A confermarlo, i moltissimi settori, anche un indagine Forbes. La Platform Economy, o markteplace economy, in cui Enolò è un pioniere per quanto riguarda l’ecosistema della filiera commerciale del settore vinicolo nel Bel Paese, è dunque un esigenza sempre più impellente per chi desidera incrementare il proprio business.

 

Vendita e servizi digitali: l’Italia, nell’e-commerce cresce troppo poco

 

Torniamo ai dati emersi dalla ricerca sull’enogastronomia. OVSE-Ceves prevede che la vendita del vino online, porterà a fatturare oltre 200 milioni di euro di fatturato annuo a partire già prima del 2023.

In Italia le maggior parte delle piattaforme di vendita online, sono troppo piccole, affidate al fai-da-te tecnologico, spesso accessibili soltanto tramite il portale aziendale. In Europa, dicono i dati Ovse, il vino è venduto online per il 20-22%. In Italia solo per il 5,7%. Evidentemente c’è qualcosa che non va. Ancor più se si considera qual è il valore del vino italiano e anche qual è la fama di cui gode. La risposta è sempre la stessa: investiamo troppo poco nella tecnologia e non sfruttiamo adeguatamente tutto ciò che essa può offrirci. 

Le ragioni, tra l’altro, non sono economiche, ma culturali. Il mercato del vino è sempre più competitivo e con le vetrine online si possono raggiungere mercati che, normalmente, sarebbero fuori portata. Questo però vuol dire aver chiaro l’iter della filiera, ma soprattutto quali elementi possono costituire un punto di vantaggio competitivo, grazie al digitale. Su tutti la quantità di informazioni disponibili, i prezzi competitivi, la sicurezza, la rapidità e la tracciabilità dei trasporti, la conoscenza dell’ecosistema di riferimento e il coinvolgimento del pubblico.  Questi elementi, che più di ogni altro oggi possono essere percepiti come valore aggiunto di un brand dai suoi utenti, di norma richiedono costi elevati qualora un’azienda intenda implementare un sistema costituito da una infrastruttura indipendente ed esclusiva. Un investimento che, al di là del costo economico, spesso si scontra con le notevoli difficoltà da affrontare per reperire le competenze necessarie ad assicurare la corretta gestione dell’intero settore del business digitale dell’impresa. E’ questo uno degli aspetti principali che causa la disaffezione e la presa di distanza da strumenti innovativi ed efficaci che, anche per motivi culturali (gli Italiani non sono troppo evoluti in ambito tecnologico),  vengono vissuti come elementi di disurbo e di complicazione, piuttosto che opportunità per posizionarsi e presidiare un mercato in notevole espansione.

Terziarizzare a specialisti-partner il marketing digitale e tutti i servizi indispensabili a questo genere di attività, è la strada migliore.

 

Vendita e servizi digitali: il futuro non è solo nel B2C, ma specialmente nel B2B

 

Se pensiamo al B2C, dove il rapporto si instaura tra il brand e il consumatore, la ricaduta della vendita online produce opportunità anche in segmenti di business limitrofi a quello delle vendite; nel caso specifico del settore enoico, senza dubbio il turismo. Una piattaforma funzionale è quindi un’interfaccia polivalente, capace di offrire servizi ben più ampi del semplice acquisto di una bottiglia, fermo restando che i requisiti prioritari per l’e-commerce, come emerge dall’indagine, sono “affidabilità sicurezza e internazionalità”.  In quest’ultimo caso però, il discorso si fa comunque complesso poiché anche nel marketing digitale, come in molti altri ambiti, le pratiche che possono portare al successo, sottendono a logiche molto differenti tra loro. Così quello che serve fare in Cina, ad esempio, non funziona in Europa e viceversa.

Se quanto accade nel B2C risulta più facile da analizzare (siamo noi stessi dei modelli in quanto consumer) , nel B2B le cose si complicano e senza la certezza di affidare il proprio destino commerciale a dei professionisti, piuttosto che trarne un esito positivo, con mercati che si amplino, si va incontro a spese che non compensano i risultati.

Un esempio innovativo che introduce funzionalità adeguate ad integrare in una platform economy servizi destinati al B2B della filiera vinicola, è nella Carta dei Vini di Enolò

I servizi dedicati a cantine e rivenditori hanno una valenza professionale e partono da un’analisi specifica del comparto, non dalla semplice customizzazione di infrastrutture generaliste utilizzate già in settori molto diversi, probabilmente più familiari, quali il fashion, l’elettronica, servizi di prenotazione e turistici, solo per citarne alcuni. Il marketplace Cartadeivini mette in diretto contatto i produttori con i rivenditori, disintermediando le relazioni e permettendo il recupero di marginalità elevate; inoltre integra servizi logistici efficienti e competitivi che vanno incontro ai bisogni del settore. I vantaggi sono molteplici anche in termini di sviluppo della comunicazione, soprattutto in chiave social media, con il risultato di elevare la notorietà dei brand presenti sulle pagine della piattaforma pubblicate sul web, dai produttori stessi. L’aspetto peculiare è quello per cui il coinvolgimento dei consumatori nei processi di conoscenza e di acquisto dei prodotti, possa avvenire in perfetta unione tra una parte on line (il portale stesso) e un’altra off line (ristoranti, winebar, enoteche, eventi di degustazione, eccetera) dove il vino diventa il protagonista di un’esperienza completa e gratificante.

Così è la Platform Economy che rappresenta davvero lo strumento di svolta e il futuro del marketing, anche nel settore del vino, soprattutto nel B2B, quando riesce ad interpretare le esigenze e fornire risposte di valore ad ogni utente dell’ecosistema di riferimento.

Ne avevamo già parlato ad agosto 2017 illustrando la prima mappatura mai fatta in Italia del settore tecnologia, dal Digital Transformation Institute in collaborazione con Cisco Italia. Anche in questo caso era emerso che, per essere al passo con il resto del mondo, le imprese italiane avrebbero dovuto investire necessariamente e prima possibile nell’ICT, o il gap che le separerà dal resto del mercato diventerà sempre più difficile da colmare. Anche nel settore vino.

 

Vendita e servizi online: la platform economy è la risposta alle esigenze dei mercati e delle imprese

 

La potete chiamare platform economy o marketplace economy a piacere, ma è invece inconfutabile una certezza: è questo il momento di investire in tale direzione. Lo conferma anche un recente articolo di Forbes in cui si legge come nei prossimi 12 mesi (e parliamo degli Stati Uniti) i servizi B2B cresceranno del 9,2%, con i budget di marketing per i prodotti venduti business2business che faranno a loro volta registrare un +8,8%. Le imprese, insomma, sentono sempre più il bisogno di affidarsi a dei professionisti per ottenere servizi innovativi e promuovere la loro merce.

Il vino non fa eccezione. L’81% degli executive intervistati per stilare il rapporto Technology Vision 2016, dichiara che i modelli di business paltform, cioè i marketplace, saranno il cuore della loro strategia per i prossimi tre anni. Riprendendo il nostro articolo del 2017 va ricordato che, ad oggi il valore delle platform company rappresentano 2.6 miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato in tutto il mondo. Entro cinque anni si stima che un elemento centrale della valutazione societaria e del capitale di mercato, sarà basato su platform ecosystem e assetti digitali.

 

Platform economy: la scelta di Enolò per far crescere il vino italiano puntando su aziende e rivenditori

 

E’ stata ed è questa la scelta di Enolò. Offrire servizi innovativi, digitali, agli operatori del vino. Dalla Carta dei Vini, al marketplace destinato al B2B, sono tante le possibilità offerte e tutte a costi contenuti. Come è emerso infatti dalle recenti ricerche e come afferma sostanzialmente la ricerca OVSE-Ceves, non è necessario creare un proprio marketplace, basta posizionarsi al suo interno per ottenere risultati.

Vuol dire avere una vetrina più ampia, relazioni più ampie, mercati più ampi, possibilità più ampie, a fronte di costi nettamente inferiori in termini di marketing e servizi, rispetto a quelli che si avrebbero facendosi carico dell’impresa. Un vantaggio soprattutto per le piccole e medie aziende italiane che rappresentano l’ossatura del Paese, ma che rispetto ai grandi player, restano ancora troppo nell’ombra.