In un'intervista Giampiero Comolli parla di vendemmia abbondante, ma a macchia di leopardo. Delle nuove esigenze da soddisfare "in campo" piuttosto che in cantina, dei mercati e delle politiche per continuare ad essere competitivi in un'epoca, innegabilmente, di grande cambiamento

Vendemmia 2021 e non solo: il presidente dell’osservatorio Ovse (Osservatorio vini spumanti effervescenti) Giampiero Comolli, ha rilasciato un’intervista a tutto campo ad Emauele Bottirolo facendo il punto sul mondo del vino italiano con la vendemmia alle porte.

L’occasione per chiedere di rompere alcuni schemi, rivedere alcune politiche e investire su un mercato che, oggi, apre a nuove opportunità con anche diverse criticità che vanno affrontare, anche nel mondo dell’Horeca.

 

Comolli (Ovse): sarà una vendemmia buona e abbondante, ma come ormai dal 2003, a macchia di leopardo. Serve molta attenzione, soprattutto “in campo”

Primo tema proprio quello della vendemmia che sarà buona e abbondante, ma come ormai dal 2003, ha sottolineato Comolli, a macchie di leopardo. I cambiamenti climatici, ancora una volta, faranno la loro parte soprattutto nei territori dove si sono verificati fenomeni atmosferici sfavorevoli, tra gelate, grandinate e piogge abbondanti. Questo la fotografia scattata dal presidente Ovse che ha sottolineato come anche l’Osservatorio stia lavorando al legame che esiste tra clima e morfologia geografica, cioè su cosa oggi bisogna fare per garantire alla viticoltura di avere un percorso vegetativo sano, onesto e schietto: avere non solo attenzione in cantina, ma soprattutto in campo. “E su questo – ha sottolineato il presidente Ovse – la viticoltura ha molto da dire”.

L’occasione per Comolli per fare pubblicamente agli auguri a Luigi Moio, appena eletto presidente dell’Oiv. “Conoscendolo bene e leggendo spesso le sue relazioni credo che questo aspetto sarà al centro della sua presidenza”.

“Al di là dei luoghi dove si sono verificati fenomeni atmosferici e negativi la vendemmia sarà abbondante e buona”, ha quindi ribadito Comolli, sottolineando che “grandinate, temporali, temperature fredde e sbalzi termini molto forti, come quelli avvenuti in Pianura Padana, modificano la morfologia vitale della pianta, il processo vegetativo”. Ciò nonostante, ha detto ancora “sicuramente sarà una vendemmia ritardata, ma che potrà dare grandi risultati a meno di alti strani eventi”.

 

Ovse: le esigenze del mondo del vino sono mutate. Per l’Horeca se l’online è un ‘problema’, il cash&carry è una grande opportunità

Altro tema trattato da Comolli nell’intervista le politiche inerenti i mercati del vino. Ovvero come essere sempre protagonisti. “Produciamo vino non per noi stessi”, ha detto ammettendo di portare spesso avanti riflessioni che “cozzano con l’innovazione ci certe imprese guidate dai giovani“. “Finché dialoghiamo sui soliti social network di territorio e prodotto – ha sottolineato il presidente Ovse – andiamo poco lontano. I cugini francesi ce lo hanno insegnato 30-40 anni fa. Oggi ci sono esigenze importanti che vanno ottimizzate, efficentate e da un punto di vista legale e giuridico messe a posto”.

Uno di questi aspetti, ha spiegato, è quello che riguarda le vendite online. Un settore dal successo clamoroso, che però problemi li sta creando all’Horeca a causa di un’accessibilità al prodotto che prima non c’era. Prima si andava al ristorante anche per assaggiare quella particolare bottiglia, non solo il piatto del cuoco mago”. Se per l’Horeca questo può dunque essere un problema, dall’altra il cash&carry può al contrario essere un’opportunità per il settore. Letteralmente “paga in contanti e porta via”, il cash&carry, ha sottolineato Comolli, ha fatto registrare un’importante crescita tra maggio e giugno 2021.

Entrando nello specifico dei prodotti Comolli ha quindi spiegato come oggi si beva più bio, si bevano più bolle “nell’online”, mentre proprio l’Horeca resta regina dei vini fermi e dei rossi. Tutti aspetti che vanno analizzati, compresi e affrontati. Insomma, ha chiosato, “bisogna essere bravi e attenti”.

 

Comolli e il futuro del Vinitaly: deve lasciare Verona e diventare un grande evento che attraversa l’Italia toccandola per macro-regioni

Restando in tema di “svecchiamento” il presidente Ovse ha fatto un’interessante osservazione sul Vinitaly, dal 1981, ha giustamente ricordato, una tra le più grandi fiere mondiali del vino. “Ma oggi – si è chiesto – quanto hanno una logica questi evneti nel momento in cui ci sono mezzi di comunicazione, condizioni di vita, attenzioni di vita diverse dettate da tante esigenze. Ho sempre creduto nel marchio e brand Vinitaly. Deve uscire dal luogo di nascita e diventare ambasciatore mondiale del vino italiano come brand e diventare itinerante passando per le regioni italiane, suddividendo queste in macro-regioni, così che ci sia un grande evento del vino nazionale sulle isole, al sud, al centro, all’est e l’ovest”.

Per rafforzare il concetto Comolli si è affidato ad un paragone: “Se Venezia rinuncia a 82 milioni di euro derivati dai dazi pagati dalle grandi navi che arrivano nella GIudecca, allora Verona non ha bisogno delle entrate del Vinitaly. La famosa regola per cui non si può togliere da Verona sinceramente, alle condizioni attuali – ha concluso – non sta in piedi. Farei un salto di prospettiva intelligente e forte”.

 

Il presidente Ovse sulla Pac: bene se è un primo passo, ma al centro deve esserci l’agricoltore o continueremo ad avere i 2/3 del nostro territorio abbandonato

Infine le politiche comunitarie e non. Nell’intervista rilasciata Comolli parla anche di Pac (Politica agricola comune), una delle politiche comunitarie di maggiore importanza, che impiega circa il 39% del bilancio dell’Unione europea.

Bene che ci sia, ma, in sostanza, si può fare molto di più. Comolli la paragona alla recente riforma della Giustizia approvata dal Parlamento italiano. “Non si può fare una mezza riforma – ha affermato -. Bisogna fare una riforma completa. Se è però la prima di una serie di riforme mi sta bene. Stessa cosa vale per la Pac. La Pac ha quindi precisato – inserisce il terzo pilastro per la considerazione agro-sociale del mondo agricolo” e per lui protagonista deve essere proprio l’agricoltore e non in un’ottica “istituzionale”, ma quanto più umana possibile. “Dobbiamo entrare nella concretezza di fatti. Se non c’è una presenza resiliente della famiglia agricola, avremo ancora, come abbiamo, oltre i due terzi del territorio italiano non sfruttato e abbandonato. Un sistema inutile che non dà alcuna prospettiva ai giovani”.

“La Pac ha mandato un segnalino? Io ora mi auguro che le Regioni che dovranno recepire con Piano si Sviluppo Regionale, allarghino determinati canali e compiano determinate scelte”, ha detto ancora introducendo l’ultimo tema: quello dei Psr (Programmi di Sviluppo rurale).

 

Rivedere le politiche agricole regionali deve essere una priorità: perché non avere Psr ‘comuni’ lì dove prodotti e obiettivi sono gli stessi?

Nel suo ultimo intervento il presidente Ovse è tornato a quel concetto di agricoltore che deve viaggiare di pari passo con la qualità ambientale. Una qualità che si traduce in qualità della vita. Ecco che allora per Comolli è assurdo che ogni regione abbia un suo Psr perché ci sono realtà che potrebbero lavorare in un’unica direzione dato che, ha specificato, lavorano entrambe per un prodotto e magari lo stesso obiettivo.

“E’ molto importante pensare ad una strategia di qualità del prodotto e non solo da parte del ministero. Non ho ancora incontrato Patuanelli – ha detto ancora -, ma ho letto quello che ha scritto. Ci sono cose che sinceramente sono estremamente importanti, ha parlato di cose cu cui c’è molto interesse e tanta volontà di cambiamento. Io spero che il sistema un po’ anchilosato, passatemi il termine, di alcune strutture nazionali, gli consentono di andare oltre”. Se enti pubblici e privati nei loro bilanci, “continuano a vedere alcune voci come una spesa improduttiva finendole per cancellare, c’è il rischio che si arrivi a quanto accaduto 30 anni fa: avere una cantina con otto pompe, diciotto filtri, sedici tubi diversi per rendere il lavoro più semplice, ma un surplus di spesa che non è stato un vero investimento. Oggi gli investimenti vanno fatti, ma quelli che hanno come minimo una prospettiva di medio-lungo periodo”, ha detto ancora Comolli.

 

Comolli sui fondi ministeriali: 25 milioni per la promozione all’estero, ma è qui che serve investire per formazione, conoscenza, cultura e impegno produttivo!

Una stoccata c’è anche per il ministero però. Se è infatti vero che per la promozione all’estero sono stati messi a disposizione per il 2021-2022, ben 25 milioni di euro, è altrettanto vero che risorse andrebbero investite in altro. “Mi permetto di ricordare al ministro che investire su formazione, conoscenza, cultura e impegno produttivo all’interno del nostro Paese e l’Europa è molto importante. Stiamo vendendo molto bene i nostri vini in Europa in questi primi 8 mesi del 2021. Meno bene fuori dalla Ue”.

Insomma per Comolli l’era post-pademia deve essere un momento di riflessione e azione per aver il coraggio di cambiare ciò che va cambiato, investire sul territorio per aumentare le competenze e, di conseguenza, la competitività, ma anche il tempo del coraggio: quello di rompere con alcuni schemi del passato e guardare ad un futuro dove la qualità della vita, della nostra vita, viaggia di pari passo con quella dell’ambiente.