La prestigiosa rivista racconta come, grazie all'intraprendenza di alcuni viticoltori, vini dimenticati e "sepolti" in fondo al mare, o dalle ceneri di Pompei sono tornati a vivere e conquistare i palati di consumatori sempre più orientati verso la qualità e sempre meno verso la quantità

“Viaggi nel tempo attraverso il gusto” è la definizione che il National Geographic ha scelto per raccontare l’Italia dei vini ritrovati, o meglio riscoperti. Un vero e proprio omaggio al grande lavoro che in tanti stanno facendo per riscoprire sapori e metodi antichi di un patrimonio immenso di cui, a volte, ci è capitato di parlarvi.

Un viaggio, quello con cui la prestigiosa rivista omaggia l’Italia, che tocca alcune realtà del Bel Paese e quei viticoltori e studiosi che con questi vini ci raccontano di un “eterno ritorno” che conquista appassionati e non. L’incontro di gusto e cultura che è, da sempre, l’immagine più profonda del nostro immenso patrimonio.

Dai vini sommersi, a quelli sepolto sotto la cenere del Vesuvio, godiamoci il viaggio “italico” in cui ci conduce il National Geographic.

 

I viaggi nel tempo attraverso il gusto del National Geographic partono dall’Isola d’Elba dove ‘la follia’ di Arrighi è tornata in commercio con Nesos: il vino sommerso

Ph: Vini Marini – sito web Azienda Agricola Arrighi

La prima tappa è all’isola d’Elba dove l’enologo Antonio Arrighi ha ricreato Nesos, il vino ispirato al processo di creazione del “vino marino” amato nell’antica Grecia e che, ricorda la rivista, pare fosse il preferito di Giulio Cesare.

Non è difficile trovare nei fondi del mare che circonda l’argipelago toscano resti di anfore e orci da vino in terracotta. Un legame profondo che rinasce con il “ritorno” per la prima volta sul mercato, proprio in questi giorni, di 240 bottiglie di Nesos, un vino “vecchio” 2.000 anni. Il National Geographic ricorda che i vini marini, nonostante la grande popolarità nell’antica Roma, come testimoniato e documentato da Plinio il Vecchio, erano in un certo modo “segreti” dato che i viticoltori di Chios non raccontavano il metodo di produzione. Almeno fino a quando non si è scoperto che il segreto era immergere l’uva in acqua salata: un processo che rimuove naturalmente la fioritura bianca e cerosa della superficie e consente ai frutti di asciugarsi rapidamente al sole, conservando gli aromi e dando al vino che ne nascerà un gusto più robusto e inimitabile. 

Arrighi questo metodo lo ha scoperto casualmente e cioè partecipando ad una conferenza del professor Attilio Scienza. Di qui l’idea “folle” e di successo di far rivivere quell’antico metodo grazie all’aiuto di tre subacquei, immergendo l’uva Asonica nelle profondità dentro trappole per aragoste per far poi fermentare le uve recuperate insieme alle sue bucce in vasi di terracotta.

Ne sono uscite 40 bottiglie, analizzate poi dall’Università di Pisa. Oggi le prime in commercio. Bottiglie che, grazie al sale che si trova nelle uve, non ha bisogno nè di solfiti, né di stabilizzanti, né di conservanti, né di lieviti. Un prodotto totalmente naturale.

 

L’antica ‘impronta’ dei vini di Pompei ricreata e ripiantata. Ecco come un’intero territorio ha fatto del passato il presente e il futuro della sua enologia!

Ph: sito web Mastroberardino – vigneto Pompei

Il secondo “viaggio nel tempo e nel gusto” del National Geographic ci porta tra le rovine di Pompei dove, sottolinea l’articolo “le aziene vinicole a conduzione familiare pubblicizzano il loro uso di anfore e pergolati di ispirazione romana”. Ma è nel vigneto più adiacente al più antico anfiteatro sopravvissuto al mondo che, si sottolinea, nasce il progetto pioneristico che ha portato alla ricreazione di un altro grande vino dell’antica Roma.

Il metodo per riportarlo in vita la cantina Mastroberardino lo ha “trovato” nelle uve sepolte sotto la cenere dell’eruzione del Vesuvio che nel 79 d.C. cancellò in pochi minuti la città. E’ così che gli archeologi che hanno sostenuto il progetto sono riusciti a creare i calchi delle radici delle viti nel terreno permettendo di identificare e reimpiantare le uve autoctone lì dove il tempo li ha plasmati nell’eternità. E’ così che è si è iniziato a produrre dal 2001 il Villa dei Misteri.

Un buon esempio che ha trovato nuovi viticoltori intenzionati a riscoprire il valore del vino antico. Tra questi Feudi di San Gregorio, azienda vinicola che sorge nel cuore dell’Irpinia e che ha fatto dell’antico un valore moderno grazie all’offerta enoturistica. Qui ogni anni, sottolinea il National Geographic, 20mila visitatori l’anno esplorano il luogo di nascita di alcuni dei vini più amati in Europa grazie a mostre d’arte, una cantina progettata da Zitomoro Studio, un ristorante stellatoe un “safari del vino” tra i 988 acri di vigneto della proprietà. Progetti cui si aggiunge l’ultimo: un’enciclopedia del vino che racconta il patrimonio più antico della regione. Alcuni esempi? Il Taurasi, il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo.

 

L’ultima tappa del National Geographic ci riporta in Toscana dove c’è qualcuno che ha prodotto il primo vino al mondo 100% Colombana!

Ph: Fibbiano Winery – pagina Fb Fattoria Fibbiano

Torniamo in Toscana, alla Fattoria Fibbiano, agriturismo e azienda vinicola a sud-ovest di Firenze che ha recentemente creato il primo vino 100% Colombana al mondo. Parliamo di un’uva del Vecchio Mondo che, di norma, veniva miscelata per regalarci il Vin Santo. Matteo Cantoni ha voluto dare a quest’uva non ritenuta all’altezza, una nuova vita e una nuova dignità.

Lo ha fatto grazie alla collaborazione con l’Università di Pisa mettendo a punto una tecnica di criomacerazione in cui il ghiaccio secco, leggiamo ancora nell’articolo, rallenta l’ossidazioen dell’uva, consentendo l’estrazione del nettare di Bacco. Un progetto pienamente in linea con la filosofia aziendale, sostenibile e biologica che si alimenta esclusivamente con energia rinnovabile autoprodotta. A breve la seconda annata di Colombana: 5mila bottiglie da veri intenditori.

I consumatori? Apprezzano. Lo dice lo stesso Cantoni al National Geographic. “Sempre più persone stanno diventando consumatori consapevoli – dichiara – vogliono meno, ma maggiore qualità“.

C’è tanto, tantissimo da riscoprire. Scavando si trovano storie…e queste storie, finalmente, qualcuno è tornato a raccontarle!