L'annuncio del ministro Donnely su Twitter infiamma il dibattito nato attorno al regolamento da cui è nata, ma il mondo del vino non si arrende e continua la sua battaglia per evitare che nel 2026 la decisione si concretizzi

Nonostante il muro alzato dal mondo del vino l’Irlanda sarà il primo Paese al mondo a introdurre le etichette con le avvertenze sanitarie sui prodotti alcolici.

Una dura battaglia quella sin qui combattuta per una guerra che continua. Certo è che allo stato attuale delle cose a, da maggio 2026 le etichette con le informazioni su calorie, grammi di alcol e sorpattutorischi di malattie epatiche e cancro saranno realtà nel Paese di San Patrizio.

L’annuncio del ministro irlandese: gli Alerth warning sulle etichette degli alcolici saranno realtà dal 2026

L’annuncio lo ha fatto su Twitter il ministro della salute irlandese Stephen Donnely. Il regolamento finito nell’occhio del ciclone è stato convertito in legge. Sì, ci vorranno tre anni prima che quelle etichette appaiano sui prodotti alcolici vino incluso, ma nella dura battaglia l’Irlanda ha di certo incassato un punto importante.

A criticarlo si erano sollevate le voci più influenti del mondo del vino italiano e non a cominciare da Federini e Ceev (Comité Vins e Spirtis Europe) che hanno anche presentato esposti all’Unione Europea. In realtà la levata di scudi ha valicato i confini europei. Perché se anche il Regno Unito, la Germania, la Spagna, la Germania e l’Austria ha detto “no”, ad entrare a gamba tesa nella questione sono state anche Australia, Canada, Cuba, Messico e Nuova Zelanda. Tutti avevano presentato le loro osservazioni all’Organizzazione mondiale del commercio. Osservazioni di cui si parlerà a giugno in occasione del “Technical Barriers To Trade”, ovvero il Comitato Barriere Tariffarie.

Certo è che in Irlanda le etichette con gli alert sanitari sono ora messe nere su bianco in una legge e hanno ottenuto il nulla osta della Commissione europee. Una decisione che farà discutere anche più di quanto ha fatto il regolamento con il problema che investe tutti: produttori di vino, di birra e di whisky.

Una “guerra” mondiale quella scatenatasi contro l’Irlanda con Italia, Europa e resto del mondo che continuano a dire “no”, ma si potrà fare qualcosa?

Proprio l’appuntamento di Ginevra con il Comitato Barriere Tariffarie diventa ora il nuovo terreno di scontro-confronto. Davanti al Comitato Wto, cioè del mondo del vino, la commissione dovrà infatti spiegare perché ritiene giusto applicare quelle etichette con gli alert sanitari agli alcolici paragonandoli, di fatto, alle sigarette. Tecnicamente ciò che dovrà spiegare è perché a suo parere la legge approvata in Irlanda non creerà problemi al commercio.

Questo anche alla luce del fatto che se alla fine quelle etichette in Irlanda si faranno anche i Paesi esportatori si dovranno adattare per rispettarla. Questo vuol dire che tutti i Paesi che il loro vino lo vendono in quella nazione, quelle etichette le dovranno applicare. Anche l’Italia.

Tre anni separano l’approvazione dall’applicazione e non è detto che la questione non finirà alla fine all’Organizzazione mondiale della sanità che sarà chiamata a dare un suo di parere. In questo scenario non vanno dimenticati gli esposti su cui pure un giudizio dovrà essere espresso. E’ difficile immaginare un’azione globale di boicottaggio perché nessuno avrebbe interesse a perdere un mercato, ma certo è che la situazione si è fatta incandescente.

I rischi temuti dai produttori di tutto il mondo se la legge irlandese sarà applicata e il monito: il vino non è il fumo, è storia e cultura

Quando il tema è esploso la Coldiretti aveva subito parlato di “un attacco diretto all’Italia”, con Confagricoltura che nella scelta ha visto una vera e propria “deriva proibizionistica”.

Anche l’Uiv (Unione italiana vini) era stata tra le prime ad intervenire denunciando che a rischio ci sarebbe il principio della libera circolazione delle merci oltre che uno scenario in cui si configurerebbe una “babele di etichette” all’interno della Ue. Una scelta che tra l’altro, su questo anche tutti d’accordo, a nulla servirebbe per arginare il problema dell’abuso di alcol che nulla ha a che vedere con il suo consumo.

Le posizioni fuori dall’Italia

Grave per il segretario generale del Ceev Ignacio Sanchez Recarte, come riporta anche il Sole24Ore, il fatto che l’Europa “si trinceri dietro il rispetto delle procedure per non prendere una posizione”. Per il presidente dell’Organiation Internationale de la Vigne et du Vin Luigi Moio è proprio il vino quello destinato a rimetterci perché si dimentica il suo valore storico e culturale.

“Il vino viene consumato insieme ai pasti e spesso in piccoli sorsi – si legge nell’articolo dell’importante giornale finanziario -. Condizioni che favoriscono una regolare degradazione della molecola nell’organismo. Il vino è poi un prodotto agricolo con un particolare legame con il territorio. La viticoltura è un fondamentale presidio per i territori la cui importanza sta diventando evidente a tanti in una fase di sconvolgimenti climatici“.

“Soprattutto – aggiunge – il vino è una bevanda che da millenni accompagna l’uomo e che in passato, poiché è composto all’85-86 per cento da acqua, è stato da sempre utilizzato dall’uomo per idratarsi in modo sicuro in quanto la presenza di alcol, dall’11 al 14 per cento, combinata all’acidità della bevanda, ne evita la contaminazione da parte di microrganismi letali alla salute umana e spesso presenti invece nell’acqua. Tutto questo va spiegato e raccontato – conclude -. È il mondo scientifico che deve farsene carico. Speriamo solo di avere il tempo necessario per farlo”.

Insomma l’Irlanda porta a casa un punto importante, ma se la battaglia è vinta la guerra continua.

 

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