Secondo lo studio del dottor Schwartz sì. Un'esperimento decisamente strano: due caraffe di vino, lo stesso vino, un gruppo di meditazione e una degustazione...cosa è cambiato?

Può l’intenzione umana alterare le proprietà del vino per renderlo più saporito? Il professor Stephen A.Schwartz ha cercato di scoprirlo con un esperimento decisamente particolare. Il fine era capire se il pensiero umano possa in qualche modo farci apparire un vino più gustoso di quanto non sia.

Abbiamo scovato la strana notizia, che parla di vera e propria ricerca scientifica, su Discover Magazine e ve la proponiamo. Ora dipende tutto dal vostro scetticismo…

 

La mente può alterare il gusto del vino? Soprattutto…dello stesso vino?

A finire nell’esperimento alcuni ignari, invitati più volte dal professor Schwartz a partecipare a feste e degustazioni di vini. Sette le persone coinvolte e due caraffe: la caraffa A e la caraffa B. Ai sette sono stati fatti assaggiare quindi due vini con una scusa. Ovvero che l’organizzatore della festa doveva scegliere quale vino portare ad una festa, ma essendosi ridotta a due la scelta, ed essendoci in ballo alcune centinaia di dollari da spendere, un parere altro lo avrebbe aiutato nel prendere una decisione. Per evitare che si potessero far influenzare dalle bottiglie ai partecipanti è stato quindi spiegato che nessuna etichetta gli sarebbe stata di supporto.

In realtà entrambe le caraffe contenevano lo stesso vino, ma una delle due, udite udite, aveva passato qualche ora con dei “meditatori”. Sì avete capito bene: è stata oggetto di intensa meditazione con la speranza che gli schemi di pensiero ne migliorassero il contenuto.

 

Il gusto del vino cambia se ci meditiamo sopra! Lo sostiene una ricerca. Fortuna o soprannaturale?

 

La cosa è andata più o meno così. La caraffa è stata portata in un centro di meditazione dove restava per circa 20-30 minuti sotto lo sguardo e il pensiero degli appartenenti al centro. Una volta ritirata gli veniva applicata un’etichetta con scritto “Trattato” per essere poi riposta, come l’altra, in un contenitore di polistirolo.

Da lì le due caraffe, l’altra attendeva in macchina, sono state portate nel luogo della degustazione.  Quello che Schwartz voleva dimostrare, insomma, è se con il pensiero si potesse migliorare la qualità del vino. Vini che, tra l’altro, erano gradevoli ma non memorabili a quanto pare: tutti dei California Cabernet Sauvignon di qualità media.

Avrà funzionato? Se vi interessa perché siete tra coloro che credono nei poteri della mente umana, sì. In quattro anni, infatti, Schwartz ha organizzato 12 di queste degustazioni: per 11 volte gli ignari assaggiatori hanno preferito il vino trattato. La dodicesima ha ottenuto un pareggio. I vini, in partenza, erano identici. E tali per gli scettici rimangono per cui l’esperimento sarebbe solo fonte di casualità o, se vogliamo, di fortuna. La statistica la lasciamo stilare agli esperti! Quel che è certo è che dietro c’è di certo la nobile intenzione di verificare quanto la nostra mente possa condizionare il nostro vivere. Un pensiero appartenente soprattutto alle culture orientali.

Certo se bastasse il pensiero a fare un buon vino sarebbe caos nel mondo dell’enologia. Questo lo troviamo alquanto improbabile. Se siete “meditatori”, però, potreste sempre provare: chissà che non vi ritroviate davanti perfino ad uno sgombro dal gusto di spigola!