Se lo è chiesto Christopher Walkely, co-fondatore di Glass of Blubby. Le opinioni sono tante ma per lui sì, il bicchiere fa la differenza e uno studio lo conferma

C’è una domanda nel mondo del vino che è un po’ come quando ci si chiede se è nato prima l’uovo e la gallina ed è, nello specifico, questa: a seconda del bicchiere il gusto del vino cambia?

Esistono tante opinioni al riguardo, e partendo dall’assunto che un buon vino è pur sempre un buon vino, una risposta ha provata a darla Christopher Walkely, giornalista e co-fondatore di una delle riviste di riferimento nel panorama internazionale per quanto riguarda le bollicine: Glass of Bubbly.

Ora che passiamo così tanto tempo in casa, è il caso di saperne di più. E il buon vino continuiamo a comprarlo, fa bene a noi e al settore che, come tutti, sta affrontando le difficoltà dettate dalla pandemia.

 

Sì il gusto del vino cambia a seconda del bicchiere in cui lo degustiamo, e non vuol dire che non abbia carattere!

Lo premette Walkely, l’argomento si presta a tante interpretazioni per cui la sui è un’opinione del tutto personale, a persona che, di vini, sottolinea, ne ha assaporati a migliaia con ognuno capace di regalare un’esperienza diretta.

Alcuni, spiega, sono migliorati “immensamente” nel bicchiere e il riferimento, in questo caso, lo fa in particolare allo Champagne che, consiglia, riesce spesso ad esprimersi al meglio se servito quasi a temperatura ambiente. Eppure, sottolinea, non è così per tutti i vini con alcuni che, se bevuti così, possono portare a sensazioni diametralmente opposte.

“Qualcuno potrebbe dire – scrive nel suo articolo – che, proprio come un leopardo con le sue macchie, un vino non può cambiare il suo carattere in un bicchiere”, ma la verità, sottolinea, è che più assaggi più questa percezione cambia e alla fine ci si rende conto che sì, sostiene, cambia eccome. Quel “come un leopardo”, sottolinea, è sostanzialmente un’affermazione di carattere: è così e basta, ammesso che tu ce l’abbia o, in questo caso, che un vino ce l’abbia. Affermazione che starebbe anche a significare che ciò che siamo è immutabile. Ma ce la sentiamo, ci chiediamo noi, di affermare che siamo uguali a noi stessi da quando nasciamo a quando su questa terra non ci siamo più? Difficile dire un sì convinto, perché se ci sono lati di noi che non cambiano, ce ne sono altri che la vita, che il nostro grande calice, riesce a modificare eccome. Tutto molto epicureo.

 

Ad influenzare la nostra percezione può essere lo spessore del vetro, ma la verità è che i fattori sono tanti e molti sono decisamente personali!

E’ quello che, in sostanza, accadrebbe anche con il vino. Le parole di Walkeley sono chiare: il carattere del vino può cambiare anche dal momento in cui lo si versa fino a quando raggiunge le labbra. E potrebbe essere proprio il bicchiere a determinare il fatto che, a volte, ci siano vini che al palato sono inizialmente brillanti, per poi risultare non meritevoli di alcuni ricordo. Al contrario può capitare che un vino all’inizio non graditissimo, al secondo sorso diventi indimenticabile. E questa variazione di gusto lui l’ha notata, spiega, quando si passa ad esempio un vino da un bicchiere più piccolo ad uno più grande, mentre quando il passaggio è in un bicchiere più piccolo del precedente, magari un flute, tale differenza si noterà molto meno se non quando il vino si sarà ormai riscaldato.

D’altra parte ad influenzare il nostro giudizio ci sono altri fattori, sottolinea l’autore dell’articolo, e su questo è difficile controbattere. Può essere l’atmosfera a condizionarci oltre alla temperatura, la mentalità con cui ti approcci a quel determinato vino, la compagnia con cui lo stai gustando, il momento della giornata ma anche lo spessore del vetro, ribadisce!

 

Il gusto del vino cambia a seconda del bicchiere. Se non credete a chi lo sostiene, credete agli scienziati che i cambiamenti li hanno “colorati”

Tanto vale ricordare lo studio giapponese pubblicato nel 2015 secondo cui sì, il vino, a seconda del bicchiere, cambia sapore. A condurlo è stata l’Università di Medicina e Odontoiatria di Tokyo. Il team di studiosi per scoprire se fosse così ha applicato al collo dei bicchieri una rete particolare cpaace di intrappolare le molecole in  uscita. Una rete impregnata di una sostanza che, ac ontatto con l’alcol emanato dal vino, e l’ossigeno presente nell’aria, le trasforma in perossido di idrogeno che, a sua volta, a contatto con il luminol, cambiano colore.

Insomma una cosa da CSI. Proprio quei cambiamenti cromatici sono stati la chiave per capire le modifiche chimiche eventuali che avvenivano nel vino. Ecco che allora la tipologia del bicchiere dava colori diversi, con la temperatura a dare il suo contributo.

Ci sentiamo di darvi un consiglio ora che l’Italia torna a vivere più o meno estesi lockdown con l’obbligo di stare in casa alle 22: compriamo il bicchiere giusto. E noi qualche lezione possiamo darvela.