Rinvenuta un'antica nave mercantile naufragata ad un solo miglio dal porto greco di Fiscardo. Dentro l'equivalente di 200mila bottiglie di vino

L’export del vino al tempo dei romani era già realtà. Ora sappiamo anche che di quantità di vino, verso Oriente, ne viaggiava moltissimo. Se fosse tutto vino lo si dovrà capire, ma certo è che la scoperta fatta nel Mediterraneo racconta una storia avvincente.

Gli archeologi hanno infatti rinvenuto una delle più grandi navi di epoca romana e al suo interno hanno trovato circa 6mila anfore pari a circa 200 mila bottiglie di vino.

 

L’export del vino ai tempi dei romani: a 111 piedi l’incredibile scoperta di ricercatori dell’Università di Patrasso

Ph: una replica del mucchio di anfore del relitto di Fiscardo presso lo Ionian Acquarium pubblicata da Wine Spectator

Dolce, corposo, soave, nobile, prezioso, forte, delicato e così via. Erano tante le classificazione che gli hautores, i sommelier di epoca romana, utilizzavano per identificarli. La prova che persino la storia di questa professione ha radici antichissime e che in epoche lontanissime i palati sapevano già come affinarsi.

Evidentemente sapevano anche come fare del nettare di Bacco anche un ottimo motore economico. Anche questo era noto, ma la scoperta fatta nel Mediterraneo orientale è, almeno da queste parti, la più grande scoperta degli ultimi anni.

Ad un solo miglio dal porto di Fiscardo, isola greca, il prezioso carico è andato perduto. Un carico prezioso che viaggiava su quello che è stato definito uno dei più grandi relitti romani mai trovati in queste acque ad una profondità di 111 piedi.

Cosa sia andato storto è difficile saperlo, ma quel che è certo è che la scoperta dei ricercatori del programma Oceanus dell’Università di Patrasso guidati da George Ferentinos è di quelle che fanno storia.

 

Nel relitto romano 6mila anfore: 1.200 quelle visibili, ma la nave aveva cinque strati dove stipare ingenti quantità di merci

Il relitto, in realtà, è stato scoperto nel 2013. L’anno dopo è iniziata la mappatura del relitto. Grazie a sistemi sonar a scorrimento laterale di ultima generazione è stato possibile riportare alla luce non solo la sua struttura, ma anche ciò che in esso era contenuto. Ci sono voluti sei anni ma alla fine si è giunti all’incredibile conclusione: a bordo c’era tanto vino quanto è possibile contenerne in 200 mila bottiglie.

La scoperta sarà pubblicata nel numero di gennaio 2020 del The Journal Archeological Science. Grazie alla nitidezza delle immagini scattate con gli strumenti di alta tecnologia è stato anche possibile datare il relitto. Risalirebbe al I secolo a.C. e a dirlo sarebbero proprio le anfore dentro le quali oltre al vino, potrebbero essere stati contenuti anche olio, noci e cereali. Anfore ognuna con una capienza di circa 25-26 litri. E molte sono anche ben conservate.

Visibili ad oggi ne sono circa 1.200 in realtà, ma secondo quanto emerso dalle ricerche sotto ci sarebbero altri quattro strati di merce trasportata con molta di questa che, purtroppo, è andata perduta.

 

L’export del vino nell’epoca romana conferma l’importanza del Mar Ionio nella rotta verso Est

Una vera e propria rotta commerciale che conferma che quella dal Levante alla Grecia che arrivava fino all’Adriatico era una delle più fiorenti in epoca romana. E la conferma anche che Fiscardo, di cui oggi restano solo le rovine, era un porto di grande importanza per l’epoca. La prova, dunque, che il Mar Ionio era un passaggio di grande importanza sulla rotta che andava da Occidente a Oriente e viceversa.

Una scoperta quella fatta che, dunque, scrive un pezzo importante della storia del vino. In particolare in relazione alla sua importanza nello sviluppo sociale ed economico di una cultura che, inevitabilmente ci appartiene.

Sarà tutto vino quello contenuto nelle anfore? Ad oggi non si sa. Ma si sta già lavorando per inviare sub a portare in superficie parte di questo antico bottino per capire cosa le anfore contenessero. Quello che sarà impossibile fare, purtroppo, è assaggiare. Già capire, però, sarebbe importante per confermare la grande influenza che l’Impero romano ha avuto nella cultura enologica e non di gran parte del mondo fino ad allora conosciuto.