Il riconoscimento arriva e la gioia è tanta. Dieci anni di lavoro premiati, ma quello vero inizia adesso. Il riconoscimento Unesco è un volano, ma anche una grande responsabilità

L’iter è stato lungo, le aspettative altissime, le speranze coltivate e alla fine l’obiettivo è stato raggiunto: le Colline del Prosecco sono Patrimonio mondiale immateriale Unesco. Il riconoscimento è arrivato ieri e ad esultare sono stati tutti: dal governo nazionale a quello regionale, passando per associazioni di categoria e produttori.

Un successo sì, ma anche una responsabilità per tutto il territorio.

 

Colline del Prosecco patrimonio ‘immateriale dell’umanità’, ma cosa significa?

Ph: Prosecco.it

Partiamo dalla base. Sappiamo cosa vuol dire Patrimonio immateriale dell’umanità? Che sia un qualcosa che ci dà un senso di valore è indubbio e indagini recenti lo hanno dimostrato. Ma cosa intendiamo con questa definizione? Quel patrimonio culturale che racconta le tradizioni che ci arrivano dai nostri antenati: dal linguaggio alle arti dello spettacolo, passando per le pratiche sociali, i riti, le feste, la conoscenza e le pratiche concernenti la natura e l’artigianato tradizionale.

Patrimonio immateriale dell’umanità è dunque quell’elemnto che garantisce la diversità culturale di fronte alla globalizzazione. Un elemento distintivo che diversa l’elemento del dialogo interculturale promuovendo, attraverso la conoscenza, la condivisione e l’integrazione che si trasmette attraverso la conservazione “viva” delle competenze che vengono trasmesse da una generazione all’altra.

E’ tutto questo che le “Colline del Prosecco” dovranno saper rappresentarlo e farlo significherà anche “sacrificare”  una visione del business puramente economica, esaltando quella più complessa, ma certamente più significativa, che ne simboleggi il valore attraverso i secoli. Per far sì che ciò accada davvero l’Unesco ha adottato nel 2003 la Convenzione per la Salvaguardia del patrimonio culturale immateriale ratificata nel 2007. Un documento in cui sono previste una serie di procedure per l’identificazione, la documentazione, la preservazione, la protezione, la promozione e la valorizzazione del bene culturale immateriale.

…e per l’Italia sono 10!

Un riconoscimento, quello di Patrimonio Immateriale dell’Umanità da parte dell’Unesco, che per l’Italia non è certamente vuoto. Quello delle “Colline del Prosecco”, infatti, si aggiunge ad altri tesori simbolo del nostro Paese. Nel 2008 è arrivato il riconoscimento per l’Opera dei pupi e il Canto a tenore. Ad ottenerlo nel 2010 è stata la Dieta mediterranea. Nel 2012 l’Arte del violino a Cremona. Un anno dopo il riconoscimento è arrivato per le macchine a spalla per la processione. Poi c’è stata la vite ad alberello di Pantelleria (2014), l’arte dei pizzaioli napoletani nel 2017 e, a seguire, la Falconeria e l’Arte dei muretti a secco.

Evitiamo di elencare i siti patrimonio mondiale dell’Umanità perché anche in questo l’Italia ne ha moltissimi. Insomma se ci servisse un ulteriore conferma a darcela è l’Unesco: il nostro Paese è un monumento vivente, ma anche vivissimo.

 

Un lavoro lungo 10 anni: tutta la gioia di chi alle Colline del Prosecco Unesco ci ha sempre creduto!

E che le colline del Conegliano Valdobbiadene dove negli anni ’60 è nata la prima strada della penisola dedicata al vino grazie al clima e un terreno in cui 250 milioni di anni fa emerse dal mare una barriera corallina, sia vivissima, lo dimostra la categoria in cui il World Heritage Committee dell’Onu riunitosi ieri in Azerbaijan, a Baku, l’ha inserita che lo dimostra. “Paesaggio culturale”, ovvero quei luoghi il  cui risultato è dato dall’interazione uomo-ambiente in continua evoluzione.

Dieci anni di un viaggio dove a vincere è stata la “squadra” che ha trovato il sosteno di tutto il Paese. La capacità, soprattutto, di mettere da parte le divisioni politiche e puntare dritti all’obiettivo. E’ stato infatti l’attuale presidente della Regione Luca Zaia ad inviare la domanda ufficiale alla Commissione nel 2008, quando era ministro. A proseguire l’iter è stato invece Maurizio Martina quando era lui a guidare il ministero. Nel 2018 la “bocciatura” e oggi, con il ministro Centinaio, il coronamento di un sogno. Una connessione che fa bene al sistema vino e che, se applicata nel modo giusto, farebbe bene al sistema Paese. 

“Grande soddisfazione e immensa gioia” quella provata da Innocente Nardi, presidente dell’associazione temporanea di scopo “Colline di Conegliano Valdobbiadene Patrimonio dell’Umanita” e del Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco, appena appresa la notizia. Nardi che ha voluto ringraziare proprio i produttori “che non hanno mai smesso di credere nell’unicità del paesaggio delle nostre colline ricamate dai vigneti, dai pendii impervi che richiedono fatica e lavoro interamente manuale. Questo impegno – ha aggiunto – che generazioni di viticoltori hanno speso tra le vigne per forgiare i ‘mosaici’ che oggi ammiriamo e i caratteristici ‘ciglioni’ che contraddistinguono la nostra viticoltura e il nostro territorio”.

La gioia di Zaia e il monito di Costa

Una grande opportunità per il presidente della Regione Luca Zaia.Il riconoscimento significa promuovere a livello internazionale un microcosmo fatto di natura e di cultura, di attività rurali e di insediamenti storici che hanno plasmato in modo originale e inconfondibile i rilievi della Sinistra del Piave. Consacra la particolare conformazione geomorfologica delle nostre colline. Del ricamo di coltivazioni vitate, di ciglioni erbosi e terrazzamenti creato nei secoli dal lavoro di agricoltori eroici. D’ora in poi – assicura – istituzioni, imprenditori e abitanti saranno ancor più impgnati nel conservare l’integrità di questo habitat”. Il prosecco punta quindi sulla salvaguardia delle biodiversità e lo sviluppo delle potenzialità attrattive.

Di qui l’intervento del ministro all’Ambiente Sergio Costa che invita ad una “maggiore responsabilità nella gestione del territorio. Adesso che le luci del mondo si sono accese su questa zona – ha detto – è fondamentale che tutti si impegnino per la tutela dell’ecosistema. Questa zona diventi un esempio di sostenibilità libera dai pesticidi”.

 

A fare la differenza anche i numeri. Coldiretti conferma: “bollicine già da record, con il riconoscimento crescita sarà esponenziale”

E che il Prosecco goda di ottima salute, anche nei mercati, lo dimostrano ancora una volta i dati forniti da Coldiretti. Le vendite in valore nel 2019 all’estero del Prosecco hanno fatto registrare l’aumento del 21%. E’ il vino Made in Italy più esportato. Con il riconoscimento dell’Unesco la sua notorietà non potrà che aumentare. Ne è convinto il presidente della Coldiretti Ettore Parandini. “Un risultato atteso che – afferma – riconosce l’importanza di un territorio dallo straordinario valore storico, culturale e paesaggistico in grado di esprimere una produzione che ha saputo conquistare apprezzamenti su scala mondiale”. L’anno scorso sono state 464 milioni le bottiglie Doc vendute. Bottiglie prodotte su 24mila ettari di vigneto tra Vento e Friuli Venezia Giulia. Chi ci ama di più? Gli inglesi!

 

Unesco non è per sempre, a meno che…le raccomandazioni che chiedono impegno e responsabilità!

Si, entrare tra i siti dell’Unesco dà visibilità, dà valore, ma dà anche una grande responsabilità. Lusinga l’unanimità con cui le Colline del Prosecco sono entrate nell’Olimpo dell’identità, ma è pur vero che le raccomandazioni non mancano. Un titolo si ottiene lavorando bene, ma per mantenerlo bisogna lavorare ancora meglio. Sono 14 quelle cui si dovrà mantener fede. Tra queste la migliore distinzione tra la “core zone2 e la cosiddetta “buffer zone”, la zona cuscinetto, per mitigare l’impatto ambientale degli insediamenti produttivi. Raccomandazione riguardano anche l’approfondimento del modello socio-economico in vigore alla pianificazione della sostenibilità a lungo termine del paesaggio culturale. Si richiede anche l’elaborazione di un piano strategico per lo sviluppo sostenibile e coerente del turismo. Non manca il riferimento alle energie rinnovabili. Fondamentale anche il coinvolgimento delle comunità locali nella gestione dei luoghi.

Insomma, concediamoci qualche giorno per festeggiare, ma si ricordi che poi bisogna saper mettere tutto a “sistema”, nel senso stretto del termine.