Decanter lo ha chiesto agli addetti ai lavori. Chi si presenta in un ristorante spesso assume atteggiamenti che mandano al manicomio gli esperti di vino. La cosa peggiore per loro? Dover sorridere...sempre!

Qualche tempo fa vi abbiamo parlato di quei comportamenti dei sommelier che mandano su tutte le furie noi comuni mortali impegnati in una cena di piacere o, magari, anche di lavoro. Ma non siamo immuni, anche noi, da comportamenti che fanno letteralmente infuriare i sommelier. Con la differenza che la maleducazione, a volte, il cliente se la può anche permettere, ma chi deve mantenere integra la professionalità, no! In un certo senso, dunque, siamo peggio di loro!

La prima classifica l’aveva stilata The Drink Business. Questa volta ad andare a chiedere ai sommelier quali sono i nostri atteggiamenti peggiori è stato addirittura Decanter. Quattro sostanzialmente i comportamenti che i professionisti del vino trovano intolleranti. Almeno tra quelli raccontari al prestigioso magazine. Ma leggendoli ci si rende subito conto come se non ne siamo stati diretti protagonisti, più di una volta tutti noi (o quasi) ne sono stati tragicamente comprimari!

 

Come fare infuriare un bravo sommelier: rifiutare ogni suo tentativo di farvi scoprire nuovi vini e nuovi abbinamenti!

 

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La prima è forse la più ovvia: l’incapacità di provare cose nuove. Funziona più o meno così. Tu vai in un ristorante dove c’è qualcuno che, per mestiere, ha le idee chiare nel consigliarti i giusti abbinamenti. Il suo intento è quello di soddisfarti, ma anche di meravigliarti lasciandoti conoscere vini che, magari, tu non sai neanche che esistano. O, magari, la sua grande conoscenza sull’abbinamento perfetto, lo spinge a proporti accostamenti che tu non avresti mai pensato in vita tua.

Ci mette tutto il suo impegno e soprattutto tutta la sua passione, ma non fa in tempo neanche a provarci che tu, avventore, ti chiudi nelle tue certezze e ordini sempre le stesse cose. Per Mathieu Ouvrard, capo sommelier del Gleneagles Hotel di Auchterarder (Regno Unito) è “frustrante” perché così impediamo al sommelier di “migliorare la nostra esperienza” che sia a pranzo o a cena. E della stessa opinione è Stefano Petta, sommelier che per molto tempo è stato alla guida dell’Hotel Schweizerhof di Bern, in Svizzera.

 

Come fare infuriare un bravo sommelier: non voler imparare nulla, ma solo seguire le mode del momento!

 

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I modaioli. Eh sì. Questi esistono eccome. Essere esperti di vino è tutto fuorché essere modaioli. E lo stesso vale anche per i semplici appassionati. A tavola, invece, il sommelier si imbatte spesso nel finto esperto che spara il nome di un vino perché qualcuno gli ha detto che quel vino è un vino “top”! Solo e soltanto perché, in sostanza, lo bevono tutti. Questi, insomma, sono quei soggetti incapaci di “formarsi un proprio parere” afferma Richard Bernard, capo sommelier a Le Saint – James di Bouliac, in Francia.

Parere condiviso con Thorsholt Jacobsen, attualmente partner e sommelier all’Anarki di Copenaghen. Ecco a questi Bernard consiglierebbe di ordinare solo acqua!

 

Come fare infuriare un bravo sommelier: chiedere cubetti di ghiaccio per “raffreddare” un vino bianco!

 

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Questa è l’abitudine peggiore. Il vino bianco non deve essere “congelato” al massimo fresco. Ordinare un vino bianco e poi chiedere cubetti di ghiaccio è una cosa che, a quanto pare, devasta psicologicamente i sommelier. Ancor più se si tratta di vini di grande pregio. E gli esempi non mancano. C’è chi se l’è visto chiedere per una costosa bottiglia di Borgogna bianco, come racconta Maria Wallèn, capo sommelier alla Coya di Londra. Chi lo ha chiesto per un costoso Chardonnay. Una vera vergogna per Michael Seschamps, responsabile del vino a Marcus Wareing di Berkeley. “A questa temperatura – ha aggiunto – è impossibile gustare e apprezzare lo stile dell’uva, del suolo e tutti gli sforzi del viticoltore”.

 

Come fare infuriare un bravo sommelier: essere tanto maleducati da usarlo come una marionetta!

 

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La maleducazione. Questa sta male ovunque. La maleducazione non è solo questione di parole. Spesso lo è di comportamenti. Ad esempio per Arvid Rosengren, miglior sommelier del mondo 2016 e direttore del vino al Charlie Bird di New York, non tollera chi usa i sommelier come trampolini di lancio. Cioè come marionette per fare i fighi davanti ai commensali. Quelli che, ci è parso di capire, puntualizzano, dicono quella parola di troppo a cui un sommelier (figuriamoci poi il campione del mondo) vorrebbe poter replicare, ma il suo ruolo gli impedisce di essere scortese. Frustrazione allo stato puro.

Ma c’è chi ha fatto di peggio e questa, sinceramente, non l’avevamo mai sentita. Emanuel Pesqueira, attualmente responsabile all’Oxford e Cambridge Club di vino e cibo, ha raccontato che quando era capo sommelier al The Milestone Hotel & Aparments di Kenisngton, si è trovato davanti un uomo che, arrivato per la cena, gli ha consegnato i suoi bicchieri chiedendogli di farli lavare prima dell’uso.

Chissà se è inciampato andando dalla sala alla cucina…a noi sarebbe successo!