L'analisi Fipe/Confcommercio scatta la fotografia del Paese: nel 2020 le chiusure sono in linea con gli anni precedenti, ma non ci sono aperture. Il nuovo Dpcm? Per la Federazione è tutto sbagliato

Poteva andare peggio, ma è comunque andata male: nel 2020 le chiusure di bar e ristoranti si è tenuta in linea con gli anni precedenti, ma le aperture sono state poche e questo preoccupa. E’ quanto emerso dall’analisi Fipe/Confcommercio fatta sui dati Infocamere. Il saldo tra aperture e chiusure delle imprese della ristorazione fa segnare un -13.060. Il calo nel giro di affari, rispetto al periodo pre-covid, è stato del 36,2%.

Bar e ristoranti: senza nuove imprese difficile innovare e creare sviluppo. L’allarme Fipe/Confcommercio

“La dinamica imprenditoriale dei pubblici esercizi nel 2020 è stata caratterizzata da una diffusa incertezza sull’evoluzione della pandemia. Ciò che emerge – scrive la Fipe/Confcommercio – è un forte calo nella nascita di nuove imprese a fronte di un numero di chiusure che, contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato, resta nella media. La riduzione delle nuove iscrizioni va tenuta in grande considerazione perché è principalmente nelle nuove imprese che si realizza la prospettiva di innovazione del settore e di sviluppo dell’occupazione”.

“Per meglio quantificare le conseguenze del forzato rallentamento delle attività e stabilire l’entità degli effetti prodotti nel 2020 dalla crisi pandemia sul tessuto imprenditoriale – sottolinea lo studio – occorrerà attendere almeno il secondo o il terzo trimestre dell’anno. Nel primo trimestre, invece, si registra per lo più il fenomeno delle cancellazioni dovute a procedure di carattere amministrativo del registro delle imprese”.

 

I numeri

Nel 2020 le iscrizioni dei ristoranti sono state 5.313; 3.788 i bar e 116 le mense e i catering. Sul fronte chiusure ad abbassare la saracinesca sono stati 11.820 ristoranti, 10.247 bar e 218 mense e catering. Non è difficile capire la grave difficoltà di un settore che conta oltre 1,3 milioni di lavoratori e che influisce in modo pesantissimo sulle filiere di vino e cibo di qualità.

 

Il nuovo dpcm

Delusa la Federazione dal primo Decreto del Governo Draghi. “Se l’intento era quello di mettere un freno alla movida selvaggia e ridurre gli assembramenti incontrollati nel fine settimana, la strada scelta è la peggiore possibile”, scrive in una nota. “Il ministro Speranza continua ad identificare il problema nei pubblici esercizi e nei bar, senza rendersi conto che i problemi si creano dove c’è libero accesso all’alcol da asporto. Per questo avevamo chiesto di impedirne la vendita dopo le 18 in tutti gli esercizi commerciali, almeno nelle zone delal movida”

“il ministro – cocnlude la Fipe – ha invece scelto la strada opposta privilegiando minimarket e punendo olo i bar. Un’assurdità. Cambiano i Governi, si modificano le maggioranze, ma i pubblici esercizi continuano ad essere penalizzati ben al di là delle loro responsabilità”.