Presentati i progetti OzoPlus Grape e OzoPlus Wine voluti dalla Confraternita e Fondazione Valdobbiadene Spumante. Trovato il modo di far sì che il trattamento si prolunghi nel tempo e di ridurre, in cantina, la produzione di solfiti

Si parla spesso dell’importanza della formazione per cambiare il futuro del vino, e dalla Confraternita e Fondazione Valdobbiadene Spumante arriva una storia che va raccontata: quella dell’acqua ozonizzata in vigna. Una storia di sostenibilità che mette insieme ricerca, tecnologia, innovazione e, appunto…formazione!

Sono stati infatti presentati venerdì i risultati dei progetti OzoPlus Grape e OzoPlus Wine realizzati in collaborazione con l’Università di Padova che ha visto anche la consegna dei Premi di Studio a due neo laureati in Scienza e Tecnologie Viticole ed Enologiche, Roberta Fasolini e Luca Vendramin.

Si tratta di due progetti paralleli che mirano ad una gestione sostenibile dei patogeni sia in vigneto che in cantina.

 

Acqua ozonizzata: lo studio che dimostra la sua efficacia. Avanti con la sostenibilità per il bene dell’ambiente e il piacere dei consumatori

Partiamo da una premessa che vale la pena di fare. Quando si parla di sostenibilità non si può non parlare delle pratiche in vigna. Non è un caso che la National Academy of Sciences americana abbia introdotto nelle linee guida della viticoltura sostenibile proprio la gestione del suolo. Ecco perché progetti che guardano in questa direzione sono sempre un ottimo punto di partenza per cambiare le carte in tavola. E in Italia sono sempre di più le realtà che puntano su soluzione dove tecnologia, storia e tutela dell’ambiente viaggiano di pari passo. 

Avremo modo di parlarne, ne siamo certi, ma oggi ci concentriamo su quanto emerso dai progetti OzoPlus Grape e OzoPLus Wine che mirano proprio ad avere vigenti sostenibili capaci dunque da una parte di contrastare la lotta ai cambiamenti climatici e tutelare un patrimonio irripetibili, e dall’altra anche di assicurare la produzione di vini sani e rispettosi dell’ambiente che rispondono alle esigenze dei consumatori.

Tra le soluzioni dunque, quella di utilizzare l’ozono, sotto forma di acqua ozonizzata in vigna. Si tratta di una molecola ad elevata attività antimicrobica ad ampio spettro ed enviromental friendly, in quanto non produce sottoprodotti nocivi per la salute umana né per l’ambiente. Un problema però c’è. Ed è sulla soluzione che si è lavorato.

 

L’Aqua ozonizzata ha un effetto a breve termine? Non più. Ecco come si può prolungare la durata del trattamento

Il problema: l’elevata volatilità della molecola dell’ozono e quindi dell’acqua ozonizzata, è che ha un effetti limitato nel tempo. Questo vuol dire che il vigneto può essere ricolonizzato da funghi patogeni in un lasso temporale molto ridotto. Esiste un modo per far sì che ciò non avvenga. Beh sì. E’ quanto è stato dimostrato dai due progetti messi i campo dalla Confraternita e Fondazione Valdobbiadene Spumante.

“Mediante la combinazione con chitosano – spiega Simone Vincenzi, docente di enologia all’università di Padova e referente scientifico del progetto OzoPlus grape -, un polisaccaride naturale già noto per le sue proprietà come induttore di resistenza di piante”, si può prolungare l’efficacia del trattamento. “L’utilizzo di chitosano ad alto peso molecolare, che ha la capacità di formare un film sulle foglie dopo il trattamento, va inoltre a costituire una barriera meccanica contro la ricolonizzazione da parte dei funghi con un prolungamento dell’effetto protettivo dell’ozono stesso, aggiunge. 

In sostanza la combinazione permette di “proteggere” la pianta creando una sorta di barriera che agli agenti patogeni non permette di passare.

Nel caso specifico l’efficacia del trattamento è stata studiata nei confronti di uno dei patogeni peggiori per la vite: la Botrytis cinerea. E i risultati, fanno sapere, inducono all’ottimismo. “Impatto zero sull’ambiente – prosegue l’enologo Gianni Conte, consulente per i progetti OzoPlus – e sostenibilità economica”.

 

Non solo acqua ozonizzata. Si studia anche in cantine con i lieviti autoctoni si possono ridurre i solfiti!

Non solo vigna ma anche cantina. Se l’ozono diventa uno strumento utile alla sostenibilità in vigna, i lieviti autoctoni lo diventano per la riduzione dei solfiti in cantina. Lo studio, infatti, ha riguardato anche questo come spiega Viviana Corich, docente di Microbiologia Enologica dell’Università di Padova. “I ceppi di lievito introdotti – dichiara – appartengono alla specie Starmerella bacillaris e hanno attività antifungina. Una volta introdotti con i grappoli d’uva in cantina sono in grado di migliorare la qualità del vino durante la prima fase della fermentazione senza richiedere l’aggiunta di solfiti.

A lei fa eco Chiara Nadai, tecnico di laboratorio presso l’Università di Padova, che ha fornito i risultati sperimentali con i lieviti, illustrando nel dettaglio le varie fasi e le cinetiche di fermentazione.

 

Diego Tommasi, il direttore del Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Docg: sostenibilità e ricerca sono le direzioni in cui muoversi

Soddisfatto dei risultati ottenuti il direttore del Consorzio di Tutela Conegliano-Valdobbiadene Docg Diego Tommasi. “Sostenibilità e ricerca – afferma – sono le direzioni verso le quali è necessario muoversi”. “E’ stata una serata interessante per i contenuti e per le ricadute che i progetti avranno in futuro – ha quindi aggiunto Floriano Curto, presidente della Fondazione Valdobbiadene Spumante commentando la presentazione dei risultati –, tanto sulla viticoltura, quanto sul consumatore finale”.

Per lui quella che si sta creando è una “sostenibilità traversale” che interessa consumatori, turisti e soprattutto le nuove generazioni “verso le quali – ha tenuto a precisare – la Confraternita è particolarmente sensibile, e a cui pensiamo fattivamente con il nostro Premio di Studio”. L’occasione anche per congratularsi con il neo direttore del Consorzio che “forte delle sue competenze – ha detto ancora Curto – e di una profonda conoscenza del territorio saprà certamente elevare l’immagine del territorio e del prodotto”.

Roberta Fasolini è stata premiata per la sua laurea “Stress idrico e re-irrigazione in Glera. Risposta fisiologica e recupero fotosintetico”. Luca Vandramin per la tesi sulla “Influenza del poliaspartato di potassio sulla stabilità proteica”.