Dopo 2mila anni potrebbe essere ricreato così come avvenuto con le birre egizie, filistee e persiane. Si chiama bioarcheologia e i suoi studi sono decisamente affascinanti

Di degustazioni eccezionali ce ne sono molte, ma tra qualche anno potremmo farne una davvero unica: assaporare il vino di re Erode, esattamente quello di 2mila anni fa. La notizia la troviamo su un magazine israeliano ed è di quelle che affascinano.

Anche perché, nel caso vi foste persi la birra egiziana, filistea e persiana quest’altra occasione non dovreste farvela sfuggire. Tutto viene da una ricerca archeologica e gli studi che si sta conducendo attorno ad essa l’archeologa del cibo Tziona Ben-Gedalya. Un avviso da fare però c’è: potrebbe non piacervi. Perché? Beh diciamo perché il vino dell’antichità era alquanto…speziato!

 

Il vino di re Erode: uno studio cerca di scoprirne i segreti, anche per eventuali benefici in termini di salute

Ph: Herodion, la fortezza del re Erode. Fonte Wikipedia

Si chiama bioarcheologia, ed è quella branca di conoscenza che cerca di scoprire come il gusto abbia influenzato le epoche passate. Una nuova area di ricerca che ha ricadute importanti su tanti settori: dalla biologia alla chimica fino ad arrivare alla scienza medica, con in più il vantaggio di ricostruire la storia stessa dell’umanità.

Ben-Gedalya ha 44 anni ed è ricercatrice dell’Università di Ariel e per il Centro regionale di ricerca e sviluppo della Giudea orientale e della Samaria e della Valle del Giordano. I suoi studi inizialmente si rivolgevano allo studio del cervello e la biochimica nell’ambito di malattie come Alzheimer e Parkinson. E in un certo senso, il nuovo ramo di studi, non si discosta troppo perché le piante dell’antichità, utilizzate anche per produrre vino, potrebbero portare alla scoperta di utilizzi inaspettati. Presto per dirlo, ma certo è che il campo affascina. E se in più ci potrebbe far bere il vino di un re beh…la cosa ci affascina ancora di più.

 

Il vino di Erode fermentava nella sua fortezza in enormi dolie. La produzione era a dir poco organizzata…

Nel 2017 lo studio sulle abitudini del re Erode, citato nel Vangelo come quello che ordinò la strage degli innocenti, ovvero di tutti i bambini che avevano meno di due anni, per assicurarsi della morte di Gesù, lo ha avviato l’archeologo Roee Portat. Certo è che un tipo modesto non lo era. Erode, infatti, eresse la sua fortezza e la chiamò Herodyan. Un excursus storico utile per capire la portata del personaggio di cui parliamo e anche del luogo in cui si stanno svolgendo le ricerche.

Tra le scoperte fatte le dozzine di contenitori di stoccaggio ritrovati tra le mura della sua dimora. Contenitori capaci di contenere 400 litri di bevande pari a 105,6 galloni. Il vino di re erode riposava in dolie enormi in sostanza. Dolie perfettamente conservate che hanno permesso di esaminare campioni di materiale e contenuti, alcuni dei quali inviati proprio al Centro di ricerca dell’università di Ariel. Di lì la ricerca degli antichi vitigni coltivati nella terra di Israele, con l’intenzione di ricercare vini antiche nel vigneto di ricerca dell’università. Tra le scoperte fatte quella già accennata dell’aggiunta, al vino, di diverse piante. La loro aggiunta ne modificava gusto, aroma e anche effetti sulla salute.

 

Erode amava il vino…italiano e pretendeva che la qualità della produzione locale fosse la stessa

Ph: un’antica dolia. Fonte Wikipedia

Altra certezza emersa dagli studi è che, vista la grandezza dei contenitori e la loro perfetta disposizione al piano terra, il processo di produzione doveva essere decisamente organizzato. Tanto che si è provata, a quanto pare, l’esistenza di una vigna reale e della cantina del re Erode. Questi enormi “barattoli” erano, in sostanza, il luogo dove avveniva la fermentazione, dove il vino invecchiava e veniva confermato per poi essere travasato dalle dolie alle anfore. Tanti, infatti, i semi d’uva trovati sul fondo e il sedimento organico presente, spiega Ben-Gedayla.

Senza entrare nei tecnicimi sembra proprio che al re arrivasse il vino migliore del tempo, compreso quello che arrivava dall’estero. Insomma l’export funzionava già. Da dove arrivavano? Beh stando ai sigilli rinvenuti dall’Italia con Erode che pretendeva che la produzione locale raggiungesse gli stessi standard.

Al momento, quindi, lo studio chimico e biochimico si concentra sul tipo di uva utilizzata, oltre che sui microrganismi utilizzati nel processo di fermentazione. Come spiega l’articolo soo gli aromi e i benefici della salute quelli che interessano il Centro di ricerca specializzato, d’altra parte, proprio nello scoprire le proprietà medicinali delle piante.

Ora la parte dolente, se vogliamo, per chi vorrà assaggiare il vino di Erode. Dentro ci potrebbe essere di tutto: dal miele alle erbe e gli oli aromatici. Elementi che venivano aggiunti, a quanto pare, per preservarlo e proteggerlo dall’attività microbica. Insomma il vino si doveva conservare. Lo sapevano anche gli antichi!

 

Prima del vino c’è stata la birra e l’esperimento è riuscito: le birre egizie, persiane e filistee sono state ricreate

Ci si riuscirà a riprodurlo il vino di Erode? Probabilmente sì perché i precedenti fanno ben sperare. Non sappiamo bene quando, ma la birra antica è stata già riprodotta. Al magazine israeliano lo ricorda proprio la ricercatrice. Lo studio era stato condotto dai microbiologi Michael Klutstein e Ronen Hazan dell’università ebraica di Gerusalemme “a caccia” dei lieviti di antichi contenitori che, erano certi, contenessero birra. Una volta provato, analizzando parte dei contenitori, si è portato vanti un esperimento capace di isolare il lievito del quale è stato mappato il Dna. E’ così che, spiega Ben-Gedalya “abbiamo scoperto che uno degli antichi lieviti era molto simile a quello usato oggi in Zimbabwe per la produzione della birra”.

Chiamati in causa i birrai le birre sono, è il caso di dirlo, “risorte” e si sono potute assaporare le antiche bionde egizie, filistee e persiane.

Tanto vale sapere che in un altro scavo nel Kibbutz nei contenitori è stato trovato anche il miele e l’ipotesi, ora è che contenesse idromele. Altra ricerca su cui anche Ben-Gedalya è impegnata perché il suo scopo è quello di sapere tutto di ciò che si mangiava e beveva anticamente in questa terra.

 

Il vino di Erode diventerà realtà? Molto probabile, ma sul se ci piacerà i dubbi sono tanti…

Ph: Donatello – Banchetto di Erode. Fonte: Wikipedia

L’Hisrael Hayom (questo il nome della rivista che ha riportato lo studio), alla fine lo ha chiesto: il vino di re Erode alla fine lo berremo? La risposta? “Nel complesso è possibile, ma non sono sicura che apprezzeremo i suoi sapori, anche quelli che erano considerati buoni ai loro tempi. I gusti per il vino o la birra si acquisiscono e il nostro palato è abituato a sapori molto diversi. Non è un caso che tendevano ad aggiungere piante alle loro bevande, come la menta, è probabile che migliorassero il sapore. In generale, il lavoro di ricreazione ci riserva molte sorprese”.

E una sorpresa, spiega, è stato il montaggio di una dolia durante il festival del vino organizzato dell’Università di Ariel. Un grande puzzle che ha rivelato che era così grande che non poteva essere portato fuori dalla stanza, almeno non fino a quando non è stata aperta una doppia a muro della stanza.

Tanti ancora i segreti da scoprire, ma a questi studiosi non possiamo augurare di riuscire a ricreare un’antica festa di corte, dove tanta è la romanità, a suon di brindisi di un vino che, oggi, non esiste più ma che domani…chissà….