In Piemonte lo ha sperimentato Beppe Vessicchio; in Toscana c'è "l'uomo che sussurrava alle vigne". La perfezione della musica mozartiana sembra far bene ai tralci e ai calici e anche nella percezione della degustazione la musica può fare la differenza

 Molto tempo fa avevamo, per gioco, creato una nostra Carta dei Vini musicale; un gioco che abbinava un calice ad un musicista, ma la realtà, a quanto pare, è che esiste un musicista che alle vigne fa bene davvero e il suo nome è Wolfgang Amadeus Mozart.

C’è chi dopo averlo diretto tra le file orchestrali ora ne esalta l’equilibrio musicale nell’affinamento in cantina e chi la polifonia mozartiana l’ha portata direttamente in vigna “sussurrando” ai filari. Follia? Assolutamente. Parliamo infatti di due storie con due protagonisti d’eccezione che fanno leva su fondamenti scientifico-musicali che hanno dato già i loro ottimi risultati. Ma la musica aiuta anche nella degustazione a percepirne meglio i profumi e i sapori? A quanto pare…sì!

 

Mozart in vigna e in cantina: l’affinamento di Beppe Vessicchio passa per l’equilibrio perfetto delle sue note

Quando non lo abbiamo più visto sul palco di Sanremo ci siamo tutti un po’ preoccupati. La sua barba e il suo sorriso inconfondibile ci sono mancati. Se fosse esistito ancora il Big pomeridiano dei ragazzi sui canali Rai, dopo esserci chiesti che fine avesse fatto Carmen Sandiego, avremmo di certo potuto inaugurare una nuova stagione del fortunato formato andando alla ricerca di Beppe Vessicchio!

Dove lo avremmo trovato? A Rocchetta Tanaro, in provincia di Asti, nelle Cantine Post dal Vin ad armonizzare (nel senso stretto del termine) il vino ReBarba. Un gioco di parole per il Barbera d’Asti del 2016 dell’azienda piemontese diventato il nuovo palco dove Beppe Vessicchio porta avanti la sua attività di direttore d’orchestra. Un’orchestra decisamente particolare: le botti d’affinamento. Un esperimento, ha avuto modo di raccontare, nato dall’amicizia nata con lo chef Beppe Sardi con cui insieme ha iniziato questo nuovo percorso di conoscenza partendo dal presupposto che anche il vino è un organismo vivente e dunque ha le sue reazioni.

Prima di arrivare in cantina, però, la Freman, questo il nome dato a questa particolare tecnica sulle “Frequenze e Musica Armonico-Naturale”, sono state ben studiate attraverso l’utilizzo di strumentazioni usate nell’ambito fisico. Le note di Mozart, lo hanno poi testimoniato sul vino stesso, spettrofotometri a raggi ultravioletti, inducono il vino alla cosiddetta catalisi ristrutturativa: il vino cerca all’interno di sè stesso le condizioni di equilibrio di legami. Non che il vino cambi nella sua composizione, ma è nel suo gusto che si riscontrerebbero miglioramenti tali da renderne straordinaria persino la longevità.

 

La polifonia vocale dimenticata che in cantina ha ritrovato la sua essenza

Particolarmente interessante è l’analisi tecnica del perché proprio la musica di Mozart fa la differenza e perché è a lui che si è ispirato per comporre la sua. Quella che ora utilizza per affinare il vino. Una questione che Vessicchio ha ben spiegato in un’intervista al Sole24Ore un po’ di tempo fa. E’ una questione di equilibrio. “Ad esempio – ha detto Vessicchio – quello del moto contrario. “Quando sposti un vettore, ovvero una nota, in una direzione che può essere ascendente, è necessario un bilanciamento discendente di un’altra voce. Questo tipo di attenzione all’equilibrio era in voga nella polifonia vocale del Seicento ed è stata poi dimenticata. Io non faccio altro che ricollegarmi da un’antica scuola e portarne avanti il linguaggio”. A questo punto ci piacerebbe sperimentare con la musica di Bach.

 

Mozart in vigna e in cantina: il Brunello che cresce tra 14 casse acustiche che lo cullano tra le note

Se in Piemonte nasce una Barbera “musicale” nel chiuso della cantina, in Toscana c’è un Brunello di Montalcino che, al contrario, si gongola con la musica di Mozart all’aria aperta. Se dovesse trovarvi a passare accanto alle vigne del Paradiso di Frassina e vi capitasse di sentire le note di quel genio musicale che fu Mozart niente paura. Non è un melomane con le finestre spalancate, ma il suono con cui i grappoli stanno maturando.

In cantina dunque, come dimostra l’esperimento di Vessicchio, armonizzano, ma all’aria aperta le note di Mozart danno longevità e salute: allietano l’udito, spaventano gli uccelli e allontano i parassiti. “L’uomo che sussurrava alle vigne” non è una definizione di fantasia, ma il titolo del libro autobiografico dell’ex avvocato Carlo Cignozzi. L’uomo che ha trasformato il podere Paradiso di Frassina nell’isola felice di Mozart. Quattordici casse, ogni giorno, ne diffondono la voce. E che non sia una follia lo ha dimostrato l’università di Firenze che ha monitorato l’esperimento: le piante di Sangiovese sono cresciute del 50% in più del normale, sono maturate prima e non sono state colpite da parassiti. A onor del vero a loro oltre che Mozart è stato fatto ascoltare anche Vivaldi. Che sia dunque la musica barocca a fare davvero la differenza?

Probabile. Quel che è certo è che neanche Mozart poteva immaginare che la sua musica, armonicamente perfetta, dotata di un equilibrio inimitabile tanto da includere senza saperlo la famosa sequenza Fibonacci, avrebbe rappresentato una risposta alla chimica in vigna. A quanto pare…è proprio così!

 

Non solo Mozart: nella degustazione la musica fa la differenza, è una questione di percezione, di emozione e di ricordi

Ci resta solo una domanda. La musica fa bene al vino e alle vigne. Ma ascoltarla mentre degustiamo può fare altrettanta differenza? Uno studio scozzese ritiene che sia proprio così sebbene in questo caso lo spettro musicale cui fare riferimento sia ben più ambio. Esame visivo, olfattivo e gustativo. Sono quelli che sono stati condotti dal professor Adrian North del dipartimento di Psicologia della Heriot-Watt University di Edimburgo per dimostrare se la musica permetta di esaltare il gusto e gli aromi musicali.

Così come le note sono un susseguirsi di emozioni, era questo che voleva dimostrare, la musica è un insieme di emozioni, ricordi ed atmosfere. A 250 studenti è stato quindi chiesto di degustare un Cabernet Sauvignon e uno Chardonnay cileno ascoltando alcuni brani musicali. E’ così è emerso che sì, la musica stimolava particolari zone del cervello così che i mitici Carmina Burana di Carl Orff hanno spinto a definire il vino “potente e pesante”, lo Schiaccianoci di Tchaikovsky “sottile e raffinato”. Passando alla modernità l’esperimento ha coinvolto i Depeche Mode la loro Just can’t get enough per un vino “energico e rinfrescante”.

A questo punto non ci resta che sperimentare la nostra Carta dei Vini musicale e scoprire se, magari, anche i nostri brani possono influenzare la percezione nella nostra degustazione.