Investire nell'oro rosso è sempre più conveniente. Quello del collezionista è uno dei 'mestieri' più redditizzi. Ma bisogna sapere cosa fare

La finanza un nome glielo ha già dato ed è “oro rosso”. Se parliamo di investimenti sono infatti i vini rossi a dominare la scena e la conferma arriva dai dati Liv ex 100 e Liv ex 100 (gli indici della borsa del vino) con l’Italia che ha fatto registrare, nell’ultima analisi, un vero e proprio record. 

Investire nel vino è il futuro? No. E’ già il presente e tra “i mestieri” più redditizi c’è quello del collezionista.

 

Liv Ex: l’Italia è oggi il terzo Paese più attivo dopo Borgogna e Bordeaux nei mercati d’investimento ed è l’unico a registrare una vera e propria crescita

valore del vino italiano liv ex

Partiamo dal dato generale che ci ricorda in un recente articolo, sempre in riferimento ai numeri Live-Ex, società inglese leader mondiale nell’analisi della domanda e offerta del vino di qualità, il magazine La mia Finanza. Negli ultimi 15 anni il ritorno in percentuale degli investimenti nei vini da collezione ha fatto registrare la seconda performance migliore in assoluto. Meglio hanno fatto solo i bit coin. I collezionisti di vino hanno guadagnato più di chi ha investito in borsa e a dimostrarlo è il fatto che dal 2004 al 2008 gli indici Liv ex 100 e Liv ex 1000 sono cresciuti rispettivamente del 213% e del 250% contro il 144% di Wall Street e il 59.2 della borsa londinese.

E l’Italia come si comporta? Il valore dei nostri vini pregiati è passato dai poco più di 2 milioni di euro (2 milioni di sterline) del 2015 agli attuali 5 milioni e 800 mila euro circa (5 milioni di sterline), con il numero dei vini commercializzati cresciuti del 1.500% in un decennio. Sono questi i dati Liv-Ex che proprio al vino italiano hanno dedicato particolare attenzione. Oggi l’Italia nel suo complesso è il terzo polo Paese più attivo dopo Bordeaux e Borgogna nei mercati d’investimento. Ha guadagnato una quota commerciale pari all’8,5% rispetto a meno del 2%, del 2010. Dato ancor più importante se si considera che gli indici di tutti gli altri sono scesi e che la questione dazi Usa, che non ha toccato i nostri grandi vini, potrebbe essere un vantaggio da non sottovalutare.

 

Liv Ex: Borgogna inarrivabile nelle quotazioni, ma Supertuscan e vini piemontesi sono il motore in accelerazione del Bel Paese

Traducendo quanto fin qui detto possiamo affermare che negli ultimi cinque anni la quota di mercato di fine wine italiani è più che raddoppiata e le etichette scambiate quadruplicate. Non facciamo confusione però: sulle quotazioni rispetto ai vini francesi la distanza è ancora abissale. Esempio concreto è una delle ultime aste Sotheby’s che, a New York, ha battute due bottiglie del francese Romanee-Conti rispettivamente a 496 mila e 558 mila dollari. Di buono c’è che proprio la maggiore accessibilità delle nostre etichette premium attira l’attenzione dei collezionisti di tutto il mondo. Tanto è vero che l’unico indice Liv-Ex a crescere nel 2019 è quello italiano (+3%) come testimoniato proprio dal report della società “The fine wines of Italy: past, present and future”.

Ma a chi va il merito della crescita esponenziale dei vini italiani? Ai Supertuscan e i vini piemontesi. E la critica enologica, in questo senso, ha un’importanza non di poco valore. Basti pensare al mitico Sassicaia eletto da Wine Spectator miglior vino al mondo e passato in una sola settimana da 110 euro a 360 euro a bottiglia. Due realtà italiane quelle, che fanno al differenza e che si differenziano anche per come si collocano nella realtà delle quotazioni. Se da una parte i Supertuscan si assicurano le quote di mercato maggiore grazie ad un brand riconosciuto a livello internazionale, i piemontesi sono quelli che portano a casa le quotazioni più alte. Ma quindi qual è la quotazione media di una bottiglia italiana “da investimento”?

La risposta è, ancora una volta, nel report Liv-Ex. Se è vero che la media della quotazione dei rossi di Borgogna è pari a 16.039 sterline (18.433 euro), è vero che per l’Italia il dato migliore è proprio quello dei Barolo e dei Barbaresco con quotazioni superiori alle 4.003 sterline a cassa (4.600 euro).  Dato pari ad una crescita nel biennio 2017-2019, del 22%. Per i toscani la media è pari a 1.914 sterline (2.211 euro). Al di là del valore economico, dunque, è la crescita quella che per il Bel Paese fa davvero la differenza tanto che si potrebbe osare dire che, in proporzione, le B italiane (Barolo e Barbaresco), sono l’equivalente della B francese (Borgogna). In dieci anni, infatti, le contrattazioni du Barolo e Barbaresco sono cresciute del 3.300%, se parliamo di produzioni limitate ed esclusive di altissima qualità. Crescita del 40% nel solo 2019.

 

Liv Ex: solo grandi marchi per il collezionista? Osare si potrebbe, ma bisogna padroneggiare la materia

Il collezionismo, dunque, paga e anche bene. Puntare solo sui grandi vini allora? Tendenzialmente sì. Lo conferma anche l’articolo de La mia Finanza che, ricordando l’attenzione da porre sull’annata, suggerisce di preferire le etichette famose sebbene più impegnative economicamente. Tra queste le francesi Rousseau, Leroy, Leflaire e Rounier vista la difficoltà di puntare sugli inarrivabili Chateauc Margaux e Chateau Lafitte. O ancora, guardando in casa nostra, il Brunello di Montalcino Riserva del 1955 di Biondi Santi (4.316 euro a bottiglia) e il Barolo Riserva Monfortino 2010 di Giacomo Conterno (3.267 euro a bottiglia), tanto per indicarne due: osare con le novità non è impossibile. 

E’ comunque bene lasciarsi consigliare per intercettare in anticipo le etichette nuove potenziali new entry.

Nel rapporto Liv Ex, infatti, si muovono anche i vini siciliani, le bollicine di Franciacorta e i calici pugliesi (per citarne alcuni) che, a quanto pare, suscitano parecchio interesse. Certo è che tra dazi e quotazioni stellari dei vini di Borgogna, per il vino italiano si aprono nuove interessanti possibilità soprattuttuto worldwide. Ed è bene ricordare anche che il vino, oggi, è entrato da protagonista anche nel Private Banking.

 

Buona la prima: se volete saperne di più il 24 ottobre andate a Roma alla prima asta di Wannes

Se l’argomento vi interessa e siete dei neofiti che vogliono capire meglio come funzioni il mondo del collezionismo e dunque degli investimenti nel cosiddetto “oro rosso”, l’occasione potrebbe essere quella del 24 ottobre a Roma. E’ qui che, nell’ambito della Roma Wine Week, si terrà la prima asta mondiale di Wannenes insieme al Gambero Rosso.

Un catalogo eccezione della casa d’aste genovese che porterà in scena una verticale di Masseto in doppio magnum di cinque annate (dal 2004 al 2008). Stima di partenza tra gli 8 e i 10mila euro. Saranno battute anche rarità come la “Venti4 Anima Aurea” realizzata con oro zecchino all’interno e argento puro all’esterno (battuta d’asta che parte da 7-9mila euro).

Se volete saperne di più dei vini francesi allora tanto vale seguire l’andamento dell’asta che interesserà, ad esempio, una bottiglia di Romanée Conti Grand Cru 1970 valutata 6-8mila euro. O ancora di Château Lafite-Rothschild 1995 stimate tra i 5.500 e i 7.500 euro. E ancora tutto il meglio del Made in Italy: da Masseto ad Ornellaia, passando per Gaja e Sassicaia, fino a Biondi Santi e Tignanello. Insomma, il top della produzione nazionale con delle chicche internazionali imperdibili. Una su tutte: il lotto di 18 bottiglie di Dom Pérignon Cuvée Vintage 2002, Edizione Andy Wharol, vero e proprio simbolo della Pop Art anche nel settore del vino.