La triste fotografia scattata dall'indagine dell'università di Siena, Le Donne del Vino e l'Uiv ci dice che la strada da fare è tanta. Sono sempre di più le donne ai vertici aziendali, ma le carriere non sono per tutte, la maternità resta un problema e gli abusi ci sono ancora!

Il cosiddetto gender gap, cioè il gap tra uomini e donne nel mondo del vino esiste ancora. E’ la triste fotografia che emerge dall’indagine condotta dall’Università di Siena in collaborazione con Le Donne del Vino e l’Unione Italiana Vini presentata a Wine 2 Wine, il forum del business italiano che si svolge a Verona.

I salari sono più bassi, la maternità è un problema e gli abusi sono una realtà. Non è la prima volta che ci troviamo a parlare di questo tema. La prima volta era il 2017 e quattro anni dopo i contorni della fotografia non sono cambiati granché. La notizia è apparsa proprio in queste ore su diversi organi di stampa. Vediamo nel dettaglio cosa è emerso dall’indagine presentata.

 

Gender gap: la ‘femminilizzazione’ ai vertici aziendali è una bella realtà, ma nel mondo del vino la strada per la parità è ancora lunga…

Se c’è un dato positivo, ha spiegato Elena Caspirni, ricercatrice dell’università di Siena che ha condotto l’indagine su un panel di imprese selezionate su base nazionale insieme al professor Lorenzo Zanni, è che nei vertici aziendali una “femminilizzazione” c’è stata, ma il problema del gap tra uomini e donne c’è ancora e la strada da fare è ancora tanta.

La sensibilità e l’empatia delle donne ha un ruolo ben definito e riveste grande importanza per il settore

Il primo aspetto del gender gap riguarda, ha quindi evidenziato, le competenze e i ruoli svolti in azienda: “mentre solo il 10% delle donne è occupata nella produzione e nei vigneti, quasi l’80% è coinvolta in funzioni commerciale-counicazione-marketing e agriturismo-ristorazione”. Numeri che ci dicono che le donne sono protagoniste dell’attuale fase di ‘terziarizzazione’ del mondo del vino che oggi appare critica di fronte alle nuove sfide del mercato. Perché? – ha sottolineato Casprini -. Le donne sono più empatiche e collaborano di più rispetto agli uomini: sono creative e cercano di creare rapporti di fiducia, anche se non è sempre facile, specie nei confronti di dipendenti di generazioni diverse”.

 

Nonostante il riconoscimento del valore, coniugare vita privata e lavoro resta un problema che spinge alla rinuncia

Ecco quindi il primo grande problema: difficile coniugare il rapporto vita-lavoro. Secondo quanto emerso tra il 2018 e il 2020 il 7,6% delle donne che lavorano nell’ambiente del vino, hanno o abbandonato o chiesto un part-time subito la nascita di un figlio. “Questo dato – ha spiegato ancora la ricercatrice – si associa a diversità nei contratti (nelle donne c’è più precariato) e a difformità salariali penalizzanti con la progressione della carriera”.

Un problema che va di pari passo con l’assenza di asili nido e scuole dell’infanzia, pubblici e privati, nei pressi delle aziende e con il costo dei servizi che non è compatibile con i redditi agricoli.

 

Intimidazioni, abusi e violenze esistono e i dati sono anche sottostimati

Quindi gli abusi, il tema forse peggiore. Si parla di intimidazioni, abusi veri e propri e violenze che interessano le donne. Negli ultimi tra anni, nel 6,9% delle aziende intervistate, ha riferito Casprini, si sono registrati episodi di questo tipo. E parliamo, ha sottolineato, di un dato “sottostimato” perché in tante ancora non denunciano, ancor prima ai vertici delle aziende.

 

Colmare il gender gap è un problema culturale. Ecco alcune proposte per lavorare ad un concreto cambiamento

Questo il quadro a tinte scure del gender gap. Cosa fare per cambiare le cose? Beh di certo è inutile fare qualunque cosa se non si punta ad un vero e proprio cambiamento culturale. Un cambiamento che la società chiede in ogni asset non meno in quello del mondo del vino.

A parlare di questo è stata la presidente de Le Donne del Vino, Donatella Cinelli Colombini che ha chiesto di mantenere gli attuali vantaggi per le aziende agricole al femminile e di introdurre delle agevolazioni e punteggi nelle graduatorie per le imprese che hanno il merito di pagare gli stessi stipendi a uomini e donne, così come di garantire una pari carriera.

“Serve anche un sostegno economico per i Comuni rurali che decidono di supportare la genitoralità – ha detto Colombini – non solo con strutture, ma anche con servizi. Scelte costose per le piccole amministrazione dei distretti enologici – ha aggiunto – che salvagurdino, accanto alla sostenibilità economica e ambientale, anche quella sociale di cui le donne oggi sono protagoniste”.

 

La proposta: il Bicchiere Rosa per le aziende che non conoscono la definizione ‘gender gap’

Ad avanzare altre proposte è stata la giornalista e scrittrice Laura Donadoni che si è rifatta al modello americano dove già esistono corsi contro la violenza di genere. E anche in questo caso parliamo di un tema, quello del gender gap negli States, di cui ci è capitato di parlare. Quello che ha riferito Donadoni è certamente interessante. Nel suo intervento, infatti, ha portato l’esempio della California. Qui è obbligatorio per tutte el aziende sopra i 5 dipendenti il corso contro la violenza di genere. Si può frequentare online, ha detto, e rilascia un attestato valido due anni. C’è poi il discorso del linguaggio che deve essere più inclusivo. Ci sono poi lo Smart Working, il servizio di baby sitting sul posto di lavoro, il servizio di trasporto da e per l’asilo o la scuola oltre alla flessibilità dei turni. Di qui l’idea proposta: il premio Bicchiere Rosa per le aziende che hanno protocolli virtuosi per la parità di genere.

Insomma non dobbiamo dirvelo noi quanto sempre più rilevante sia il ruolo delle donne nel mondo del vino. Proprio al Vinitaly Special Edition è stato confermato come oggi siano loro le prime consumatrici. Crediamo però che, al di là dei numeri, l’aspetto che stupisce è questa incapacità nel riuscire a comprendere che la parità non dovrebbe essere una scalata, ma semplicemente…normalità!