I vini di investimento sembrano, per ora, non sentire la crisi. Al contrario, la lieve flessione dell'indice e la deriva dei prezzi ha spinto molti ad approfittarne

La crisi economica è evidente, ma i fine wines sembrano non risentirne. E’ quanto emerge dall’indice Fine Wine 50 di Liv-ex.

Parliamo dei vini cosiddetti da investimento, le bottiglie di grande pregio. Quelle capaci, in sostanza, di moltiplicare il loro valore nel tempo.

 

Fine Wine: in tempo di pandemia, i vini di pregio non solo tengono botta, ma registrano un importante segno “+”

In un momento in cui quasi tutti gli indici vanno giù, il vino d’eccellenza tiene botta. E’ stato così almeno dalle ultime rilevazioni. Ed è stato proprio il calo dell’indice Liv-ex Fine Wine 50 a salvare, possiamo dire, “capre e cavoli”. Sì perché scendendo di 0.17% tra il 28 febbraio e il 5 marzo, i buyers ne hanno approfittato. La deriva dei prezzi ha spinto il valore scambiato verso l’alto del 50% rispetto alla settimana precedente portando ad un vero e proprio boom. E l’Italia ne ha beneficiato. Il non avere avuto l’imposizione dei dazi, infatti, ah registrato un salto di quota del 17.1% con l’annata 2016 che rappresenta oltre il 55%. Inarrivabile il Bordeaux che con il 47.6% è rimasto per un’altra settimana sotto il 50% simbolico degli scambi.

Anche per gli Usa c’è stato un importante balzo settimanale (8,5%), con la Borgogna che ha tenuto bene con il suo 15%. Flessione solo per lo Champagne (6,4%) e Rhone (2,1%).

E fa riflettere il fatto che nel mese di febbraio di fine wines, nei siano stati scambiati ben 1.359. Un dato storico, il secondo più alto in assoluto.

Ma a quanto sono arrivati i prezzi? Un esempio su tutti è quello del mitico Lafite Rotschild 2018, l’annata più recente dell’eccellenza francese, venduto a ben 6mila sterline già nel giugno scorso e ch eha raggiunto, a febbraio un prezzo pari al 4,8% in più.