Ha distrutto due terzi dei vigneti d'Europa nel XIX secolo. Uno studio pubblicato su Bmc Biology ne scopre il dna e il percorso geografico che l'ha portata fin qui

Fillossera: una parola, o meglio un insetto, che ai viticoltori mette i brividi. Nel XIX secolo la sua presenza è stata a dir poco nefasta nei vigneti di tutto il mondo. In Europa ne ha devastati ben i due terzi. 

Sembra che l’incubo si stia riaffacciando, ma oggi c’è un’arma in più: uno studio pubblicato sulla rivista Bmc Biology, e riportato da The Drink Business. Uno studio che ha riguardato la sequenza del genoma della fillossera. Tra i suoi obiettivi anche quello di ricostruire il percorso geografico che lo ha portato nel Vecchio Continente. Quella che era un’ipotesi, intanto, è una certezza: è arrivata dalle sponde nord del fiume Mississipi.

 

Fillossera: il temuto ritorno e lo studio del genoma per riuscire a sconfiggerlo

L’allarme sul ritorno del parassita più temuto della viticoltura mondiale lo ha lanciato Agronotizie ad inizio luglio. Segnalazioni della presenza del parassita sono arrivate dall’Abruzzo al Veneto. Sull’argomento la rivista ha quindi sentito Patrizia Sacchetti, professoressa di Entomologia dell’Università di Firenze. “Ultimamente – ha riferito – si sono moltiplicate le segnalazioni di agricoltori che lamentano attacchi più o meno severi all’apparato fogliare delle viti con la formazione di galle e lo sviluppo di diverse generazioni di filossera che interessano la chioma delle viti”.

La Sacchetti su questo dal 2017 conduce una ricerca così come richiesto dal Servizio fitosanitario della Regione Toscana. Una ricerca “volta prima di tutto – ha aggiunto – a comprendere perché la fillossera, che in Europa non ha rappresentato una minaccia da quando è stato introdotto il piede americano, oggi sia invece tornata ad essere un problema. Per adesso non abbiamo ancora dei punti fermi, ma ci sono due possibili scenari: che sia cambiato l’insetto stesso oppure che siano mutate le condizioni di contorno, prima fra tutte la genetica la vite”.

E della genetica della vite si è occupato lo studio pubblicato da Bmc Biology. L’intenzione? oltre che conoscere il genoma della fillossera, dare risposte ai viticoltori minacciati, ancora oggi, da questo piccolo, ma a dir poco invasivo insetto.

Per chi non lo sapesse è bene ricordarne la particolarità: si nutre delle radici della vite, limitando l’assorbimento dei nutrienti e di acqua danneggiando la pianta e rendendola così vulnerabile ai batteri. Un processo che la porta inevitabilmente alla morte.

 

Il genoma dell’insetto più temuto dalla viticoltura potrebbe cambiare il modo di gestire la vigna

Entra in gioco qui lo studio pubblicato sulla rivista Bmc Biology e consultabile, in astratto, sul sito della stessa. La conoscenza dettagliata della sequenza del genoma dell’insetto infatti, si sostiene, potrebbe avere implicazioni importanti sulla gestione della vigna in futuro.

Innanzitutto la certezza della sua provenienza. Si è sempre ipotizzato che la fillossera fosse arrivata accidentalmente in Europa dagli Stati Uniti intorno al 1850. Lo studio ha rilevato che quella trovata nel bacino nord del Mississipi si nutre proprio delle viti dell’uva ed è “probabilmente – viene riportato – la principale fonte dell’invasione in Europa”. 

Tra gli scopi dello studio, infatti, c’è anche l’intenzione di risalire alle rotte geografiche dell’invasione della fillossera per cui è stato sequenziato tutto il genoma di campioni nativi del Nord America, sia delle popolazioni introdotte nei vigenti europei e australiani.

E quello che si è scoperto è sbalorditivo. Partendo dal fatto che l’insetto in questione è oviparo e dunque capace di riprodursi in ogni dove e in ogni momento, secondo l’università di Barcellona che allo studio ha partecipato, l’analisi della sequenza genomica del Dna nucleare della fillossera ha rilevato un totale di ben 2.700 geni: la più grande famiglia genetica mai identificata in un genoma. Quello che è accaduto in Europa, è stato quindi causato da ciò che nel Nord America non poteva accadere. Se qui, infatti, la coevoluzione tra la pianta a e il parassita avrebbe potuto consentire ai vigneti di resistere, nel Vecchio Continente, l’assenza di tale coesistenza, ma l’arrivo improvviso della fillossera, ha determinato la devastazione che, purtroppo, ha scritto una pagina nera della viticoltura, compresa la nostra.

 

Perché ha distrutto le vigne d’Europa? Perché era un elemento estraneo alla pianta

Se dovessimo cercare una buona notizia dunque, è proprio questa: la coesistenza può essere una salvezza. Il ricercatore Alejandro Sànchez-Gracia, dell’istituto di ricerca sulla biologia e la biodiversità dell’università di Barcellona afferma: “questo nuovo studio è un progresso nella nostra comprensione delle invasioni biologiche e delle conseguenze potenzialmente disastrose sull’agricoltura, e quindi, sulla società e sull’economia”.

E’, insomma, come spesso accade e per semplificare il più possibile quanto emerso, tutta una questione di adattamento. Ecco perché per le viti che con la fillossera non hanno imparato a coesistere, la sopravvivenza resta una chimera. Lo studio del genoma della fillossera dell’uva, si legge ancora nell’estratto dello studio, “fornisce i mezzi per capire come popolazioni e persino singoli genotipi adattati ai climi locali si siano espansi dal Nord America all’Europa e in altre parti del mondo”.

Non siamo agronomi nè scienziati, ma ci sembra che lo studio possa fornire davvero una nuova visione per guardare a questo “mostro” come un male che si può affrontare e sconfiggere.