Informazioni nel retro, ma anche un Qr code per approfondirle in audio. L'iniziativa etica della cantina marchigiana in collaborazione con l'Uic è tra le poche in Italia capaci di abbattere preconcetti e inutili barriere
Quando parliamo di etichette del vino si aprono centinaia di dibattiti. Ultimo è quello che riguarda la richiesta Ue di inserirci addirittura le calorie. Questione che, tra l’altro, ha destato non poche polemiche. Sappiamo per certo che i consumatori sono sempre più attenti a quanto riportato sulle etichette. E che la loro scelta dipende molto dalle informazioni fornite. Nomisma di Wine Monitor ci ha fatto anche sapere che, se sostenibile, il vino è ancor più ricercato, ma che la difficoltà di riconoscere una certificazione che ne attesti la sostenibilità dimezza le possibilità di vendita.
In pochi però hanno pensato di rendere “visibile” l’etichetta anche a coloro che, essendo ipovedenti, l’etichetta non possono leggerla. L’ultima esperienza arriva dalle Marche e per la precisione dalla Castrum Morisci. La prima tra quelle che vinificano in anfora a realizzare l’etichetta pensata dall’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti.
Etichette in braille: un’azienda giovane che sa pensare senza barriere
Vini in anfora, vino cotto e i calssici marchigiani (con in prima fila due Marche Igt Passerina e cioè il Padreterno Marche e il Gallicano, e il Testamozza, un Piceno Doc Sangiovese), saranno tutti accessibili a ciechi e ipovedenti. La piccola azienda del Valdaso nata solo quattro anni fa è un’azienda giovane in tutti i sensi. Giovanissimi anche coloro che ne sono alla guida che, oltre alla qualità, portano la freschezza e la consapevolezza all’interno del loro brand.
Non stupisce che proprio qui la collaborazione nata con l’Uci abbia trovato terreno fertile facendo sì che questa fosse la prima azienda regionale e tra le pochissime in Italia a realizzare etichette in braille. “Quando abbiamo iniziato a studiare la normativa per capire quali informazioni obbligatorie dare al consumatore – ha spiegato l’agrotecnico Luca Renzi cognato del titolare David Pettinari, leggiamo ne Le Cronache Fermane – ci siamo accorti che la normativa europea non ci faceva dare informazioni a tutti”.
Di qui lidea di creare un’etichetta in Braille parlante. Renzi e David Pettinari hanno così preso contatti con il presidente provinciale dell’Uci, Cristiano Vittori. L’etichetta realizzata funzionerà quindi così. Nel linguaggio dei ciechi saranno riportate nome della cnatina e del vino. Un QR code permetterà di accedere ad una sezione del sito dove un lettore vocale darà tutte le informazioni sulla singola bottiglia.
Un bell’esempio che non è il primo, ma che certamente testimonia una presa di coscienza che sarà premiata.
Etichette in braille: i precedenti di Veneto, Toscana, Sardegna e Liguria
L’esperienza più simile è stata fatta nel 2015 dall’azienda toscana La Cura di Massa Marittima. Sempre in collaborazione con l’Uci l’azienda ha infatti realizzato delle etichette accessibili con la stessa modalità: informazioni braille sul retro e Qr code per approfondire. Una scelta che ha spinto Enrico Corsi ad applicare questa etichetta anche al Merlot La Cura, il vino bandiera dell’azienda nominato miglior merlot d’Italia nel 2010 al concorso di Aldeno e al Predicatore, un vino dolce rappresentativo della sua realtà.
Nessun Qr code ma etichetta in braille anche per le bollicine di Durin. Lo storico produttore di vino di Ortovero, in Liguria, è famoso per il suo metodo classico affinato nelle Grotte di Toirano. Un metodo classico in tre versioni (Bùsura Riunda, Bùsura Rosa e Bàsura Obscura) tutte munite di etichetta braille.
Una scelta, quella etica di rendere accessibile la lettura dell’etichetta anche ai ciechi, che nel 2014 ha conquistato anche la Cantina sociale di Samugheo. Una decisione arrivata in contomitanza con la volontà di rilanciare l’attività interrotta venti anni fa. In questo caso è stato il Samak, il vino che prende il nome dall’antico nome fenicio di Samugheo, a rendersi accessibile sul rosso Igt Isola dei Nuraghi.
La prima esperienza, però, si è avuta nel 2010 in Veneto. Proprio in collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi, è stata l’azienda Italo Cescon Storia e Vini di Roncadelle di Ormelle a mettere sulle bottiglie l’etichetta in braille erché anche i ciechi potessero “leggere una bottiglia di vino”. Un percorso iniziato con i Cru aziendali. Parliamo dello Svejo (Veneto igt Manzoni Bianco), del Mejo (Veneto igt Sauvignon), del Chieto (Veneto igt Merlot – Cabernet Sauvignon) e del Rabià (Piave doc Raboso Riserva).
Esempi di eticità che, con la nuova iniziativa marchigiana, si spera si trasformi presto nella normalità!