Su Wine Enthusiast la storia di Patrick McGowen. Mai sentito parlare di archeologia molecolare? Non è roba del passato, ma il passato che ci racconta 'ieri' facendoci guardare al 'domani'

Avete la passione per il vino, magari anche quella per l’archeologia e metterci un pizzico di avventura non vi spaventa? Avete mai pensato di diventare una sorta di Indiana Jones dell’enologia? Se sì, ma credete non sia possibile se non in un film di Steven Spielberg, vi sbagliate di grosso.

Magari non ci saranno piramidi piene di serpenti, sangue da bere o Arche perdute da ritrovare, ma certo è che anche il vino può essere avventuroso…di certo affascinante. Parola di chi, un Indiana Jones nel vino lo è, come racconta Wine Enthusiast che ha intervistato Patrick McGowen, direttore scientifico del Biomolecular Archaelogy Project, professore di antropologia al Museo dell’Università della Pennsylvenia e, soprattutto, archeologo molecolare delle bevande fermentate.

Sì avete letto benissimo. Si può essere archeologi del vino!

 

Indiana Jones ha trovato il Sacro Graal…non si può aspirare a tanto, ma archeologi del vino lo si può diventare eccome!

Ora, per provare ad intraprendere questa strada a McGowen potreste anche chiedere qualche consiglio. E’ lui stesso a raccontare come, ogni settimana, almeno un paio di persone gli scrivano per sapere come arrivare a questa specializzazione.

Inutile dirvi che non dovete lanciarvi con le liane, afferrare anfore volanti con la frusta, o qualsiasi altra immagine all’Indiana vi venga in mente. La formazione, come in ogni cosa, resta prioritaria. Se proprio qualche dritta la volete sappiate che le materie su cui orientarsi sono le sciente naturali, l’archeologia (ovviamente) e l’antropologia. Altro consiglio importante: concentratevi su un’area geografica, consiglia McGowen, un’epoca e una tecnica scientifica, ma ricordate una buona cultura generale nelle arti e le scienze è fondamentale.

Se masticate un po’ di inglese, potreste ad esempio già leggervi qualcosa di McGowen tipo Uncorking The Past e Ancient Wine. Queste, insomma, le basi.

 

Mai sentito parlare di archeologia molecolare? Da un pezzo di coccio possiamo scoprire storie e civilità!

Ora cerchiamo di capire cos’è l’archeologia molecolare anche, se, con un po’ di intuito, ci si può arrivare. Per rendere la cosa più affascinante vi potremmo dire che è quella materia, un misto tra Indiana Jones e Csi, grazie alla quale analizzando a fondo un reperto archeologico, nel nostro caso mettiamo un’antica coppa di terracotta, riusciamo a ricostruire come si vinificava, cosa c’era in quel vino e così via. Insomma è lo studio di culture e società attraverso dettagli così piccoli che apparentemente potrebbero sembrarci insignificanti e che invece, anche solo in un frammento, contengono un’infinità di storie e informazioni.

Bello eh? Mentori McGowen, racconta, non ne ha avuti e se si è appassionato a certe materie è stato grazie a professori capaci e incontri fortunati, come, ad esempio, quello con Roald Hoffman, Nobel per la Chimica che organizzava eventi enologici al Cornelia Street Cafè nel Greenwich Village. Una figata…ammettiamolo!

Diverse le esperienze che racconta, ma certo, a rendere tutto più “avventuroso” è come lui è arrivato a questa specializzazione. Un caso…vero e proprio! Tutto è iniziato quando con la moglie, ai tempi del college e senza un soldi in tasca, arrivò in Germania. C’era bisogno di lavorare e così sono approdati in un’azienda vinicola dove per un mese avrebbero dovuto raccogliere uva. La prima sera si è conclusa con l’enologo e 12 bottiglie di annate diverse: era il 1971 quella che si rivelò, racconta, l’annata del secolo. Un amore esploso in quel momento e divenuto un vero e proprio lavoro carico di fascino…e importanza!

 

Un lavoro ‘antico’? E chi lo ha detto…nel passato c’è tanta, tantissima modernità!

Tra le scoperte che McGowen ha fatto ricorda gli scafi fatti in Georgia dove sono stati scoperti reperti in ceramica he hanno permesso di rilevare le prime prove archeologiche biomolecolari sul vino e la viticoltura del vicino Oriente. Parliamo del sesto millennio avanti Cristo.

E ora uno dirà? Si ma cosa ha a che fare con la contemporaneità? In che modo questo lavoro può, oltre all’ovvio grande valore di farci scoprire il passato, darci opportunità nel presente dell’enologia? Domanda un po’ banale, ce lo diciamo da soli.

E’ il presente…anzi…il futuro! Scoprire come si faceva un vaso, come ci si conservava il vino, come questo si coltivava, quali sono state le evoluzioni geologiche del terroir, quando la viticoltura è iniziata e così via…non è forte quello da cui tantissimi produttori oggi stanno partendo (vedi le anfore) per arrivare a produrre il miglior prodotto naturale possibile in un’epoca in cui, l’attenzione alla sostenibilità, è una priorità per tutti? Vi ricordiamo che c’è anche chi i vini antichi sta cercando di riprodurli così com’erano. Insomma questa professione con l’enologia ha molto a che fare ed è un vero viaggio nel passato. Chissà che poi non vi capiti qualche avventura a misura di Indiana…mai dire mai: lui il Sacro Graal lo ha trovato!