E se fosse questa la piattaforma per riuscire ad entrare nel cuore di questa fetta di mercato? Numeri ed esperienze fanno pensare sia così
TikTok o WineTok, decidete voi: certo è che questo potrebbe essere il social perfetto per conquistare i millennial. Altra certezza è che ad accettarlo si fa fatica, per una sorta di pregiudizio verso la piattaforma, vista da sempre come un luogo di puro divertimento dei giovanissimi e che, invece, non coinvolge solo loro.
E il fatto che su TikTok non si possano promuovere alcolici? Beh, il problema non è quello, la differenza la fa il linguaggio. Sul San Francisco Chronicle è apparso un interessante articolo che, esperienze e numeri alla mano, fa il punto sul potenziale, in parte già espresso, di questo social dal target giovane. Scopriamo allora cosa è successo oltreoceano e come cogliere una tendenza potrebbe tradursi nel conquistare una nuova e importante, fetta di mercato. Non solo: è decisamente molto democratico!
TikTok è il nuovo palcoscenico degli influencer e l’esperienza dimostra che sa come fare numeri…e non sui ragazzini, ma sui tanto agognati millennial!
E’ il nuovo palcoscenico degli influencer del vino ed esiste già il fenomeno WineTok. Tra le prime a scoprirne il potenziale, non senza sorpresa, è stata, come riporta il giornale d’oltreoceano, Amanda McCrossin, sommelier ed educatrice che a febbraio ha deciso di provare: consigliare alcuni vini ai suoi oltre 30mila follower.
Tra i brand che ha promosso quello di Duhig Wines. Ha quindi realizzato un video in cui mostrava semplicemente le parole Secret Diamond, come a dire che si trattava di una gemma sconosciuta e indicando proprio quel vino come uno dei suoi preferiti. Duhig, racconta lui stesso, ha dovuto disattivare le notifiche del telefono perché suonava ogni due minuti: erano nuovi abbonati. Dopo il video ne sono arrivati 1.100 in più.
Lui è un piccolo produttore e ha già i suoi clienti. Si è trovato “in difficoltà” quando si è trovato così tante richieste e un numero così alto di persone che si iscrivevano alla sua mailing list e il suo wine club. Le iscrizioni annuali sono aumntate quasi del 90% e ora ha una media superiore del 60% a quella degli altri addetti ai lavori.
Il segreto è nel linguaggio…qui non si può fare “pubblicità” di deve comunicare altro
Già da queste prime righe ci viene da fare una considerazione: TikTok non è il social dei grandi, è il social di tutti, anzi è soprattutto il social dei piccoli produttori. Sono loro che, a quanto pare, potrebbero conquistare quei palati che sembrano tanto lontani dall’amore per il vino e che invece, non lo sono.
Hanno solo bisogno di una comunicazione diversa, di un linguaggio adatto. Un linguaggio che non sia una “pubblicità”, ma un racconto, un’esperienza e ora scopriremo insieme perché.
Gli hashatag di successo che fanno del vino un protagonista di TikTok senza parlare direttamente di alcol!
C’è una particolarità, che abbiamo accennato, su questa piattaforma. Non si può fare “pubblicità” all’alcol. Ecco che allora gli influencer hanno cercato nuovi modi per parlare di vino. Come? Puntando su video educativi. Sì, avete capito bene: educativi. Gli influencer di settore che si trovano su questa piattaforma, scopriamo leggendo il San Francisco Chronicle, sono persone che nel settore ci lavorano lo conoscono bene. Non c’è spazio per il dilettantismo.
E’ quello che è successo anche ad altri e c’è stato chi, sperimentando il social, è riuscito a far diventare i suoi video virali riuscendo in meno di tre mesi a portare i follower da 250 a oltre 100mila. Eh già! Qualche hashtag utile? #winetok #winetiktok che hanno raggiunto fino a 200 milioni di visualizzazioni, con #wine he va sempre per la maggiore: 6 miliardi di riscontri sulla piattaforma.
L’algoritmo e “la verità” sul social dei millennial
A quanto pare a fare la differenza è proprio l’algoritmo. Quello di Tik Tok riesce a fare una “scrematura” migliore, diciamo a targettizzare il pubblico di riferimento. Riesce a mostrare agli utenti che potrebbero avere interesse per un determinato contenuto ciò che fa ad esso riferimento, anche se non seguono l’account da cui arriva il suggerimento.
Questa è la prima cosa da sapere. La seconda è che non è vero che è una piattaforma da adolescenti. Dati demografici non ne pubblica, ma il San Francisco Chronicle riporta uno studio Pew Research del 2021 che ha rilevato che oltre il 20% degli adulti tra i 30 e i 45 anni lo usa. Non solo. Un recente rapporto sui dati demografici del pubblico dei media negli Usa di Marketing Charts ha stimato che più del 36% degli utenti ha tra i 35 e i 54 anni…nel 2020 erano il 26%.
L’inversione di tendenza è evidente e no…Tik Tok non è più un social da ragazzini!
Le piccole aziende sono quelle che possono avere le maggiori possibilità, ma se non ci si decide ad investire su chi certi linguaggi li conosce, fare il salto è impossibile!
Pensavamo che solo in Italia ci fosse diffidenza verso il nuovo, ma così non è. Anche negli States non tutti credono che approdare sulla piattaforma possa dare i risultati sperati. Una diffidenza che deriva più che altro proprio dal fatto che ci sono dei limiti ben precisi su cosa può essere detto e non detto, fatto e non fatto quando si parla di alcol su Tik Tok. Non solo. C’è un altro problema. Le piccole aziende, proprio quelle che sembra potrebbero godere dei maggiori benefici, non hanno spesso le risorse da investire per essere presenti: non hanno team di marketing o persone esperte di social.
E questo, lo ammettiamo, ci continua a stupire. La nostra azienda è una di quelle che, proprio sui social, ha puntato sin da subito proprio perché convinti che per farle, certe cose, non si possa improvvisare, ma che ci sia bisogno di chi, del mestiere lo è. Dopo tanti anni vedere che un po’ ovunque non si punti ancora a destinare parte degli investimenti a questo, ci lascia un po’ esterrefatti sebbene consci che, in realtà, molto sta cambiando e molto, con la pandemia, è già cambiato.
Alcuni viticoltori “coraggiosi” si sono iscritti su TikTok e senza fare vendita diretta, ma mostrando “chi sono” hanno fatto milioni di proseliti
C’è chi, però, sul social ci ha puntato. Viticoltori ovviamente. Ci sono tanti modi per parlare di vino senza parlare di vino e chi di linguaggi “giovani” ci capisce, lo sa. Non ci sono presentazioni di vendita diretta, chi si è messo sulla piattaforma, mostra il suo vigneto, organizza esperienze di degustazione e ci porta dove si fa “il lavoro sporco”.
Uno degli esempi riportati nel lungo articolo riguarda la Tank Garage, azienda di Calistoga che è riuscita a fare 5 milioni di visualizzazioni con un video in cui si vede il suo staff pulire il vineo appena fermentato da una vasca e che se ne beve un bel bicchiere durante la vendemmia. Cose semplici, ma efficaci. Quotidianità in una parola.
La stessa azienda ha raggiunto 3,8 milioni di utenti mentre mostrava la pigiatura dell’uva…con i piedi! Insomma quello che si deve fare è raccontarsi, comunicando la propria unicità. E l’Italia di unicità, già solo per i luoghi, ne ha da vendere.
E i grandi brand? Anche per loro questa piattaforma potrebbe essere un grande canale, ma ci si deve credere di più!
Lo abbiamo detto all’inizio: Tik Tok sembra essere una piattaforma molto democratica. Si è infatti aperto il dibattito sul se anche i grandi brand potrebbero trovare spazio. Partendo dal fatto che non è più vero che funzionano i video da 15 secondi, ma che addirittura c’è chi ne pubblica da 10 minuti (veri e propri approfondimenti sul vino) che hanno avuto un gran successo, la risposta per molti è sì ed esempi positivi ce ne sono.
McCrossin lo ammette: un mese fa a questa domanda avrebbe risposto…lasciamo perdere! Oggi non è più così perché dai commenti, riferisce, emerge che molti di quelli che seguono i canali di quello che ormai il fenomeno WineTok, ci si accorge che molti sono esperti e fanno domande a cui spesso non è neanche così semplice rispondere.
Certo è che di tempo, per crederci e investire, ce ne vorrà. Ma magari con un po’ di coraggio e lungimiranza..si potrebbe vincere la scommessa!