La riflessione nasce da un'indagine Wine Market Council: i consumatori vogliono sapere tipologia e sapore di un vino, ma sulle sue modalità di produzione l'interesse è fin troppo scarso

Ai consumatori piace sapere che tipo di vino hanno davanti, che sapore ha e da dove viene, ma, a quanto pare, sulla produzione del vino si è ancora troppo poco curiosi. L’esito, o almeno quanto emerge dall’ultima indagine della Wine Market Council che nelle prossime settimane presenterà lo studio completo, apre a molte domande, a molti dubbi, ma anche a molte opportunità se parliamo di come si dovrebbe comunicare il vino.

L’aspetto positivo? Web, siti specialiazzati, app e social sono il primo referente cui ci si rivolge, ma è qui che si dovrebbe imparare a comunicare…meglio!

Ci siamo imbattuti nell’estratto dello studio sfogliando Wine Business e su questo, oggi, vogliamo aprire alcune riflessioni.

 

Comunicare il vino: essere affermati aiuta ad essere recepiti meglio, ma ci sono aspetti su cui i consumatori restano ancora fin troppo ‘ignoranti’

Partiamo dai numeri emersi dall’indagine che ha riguardato un target di mille consumatori. Quando devono comprare il vino quello che la gran parte vuol sapere è, come accennato, di che tipo di vino parliamo (78%), che sapore e gusto ha (69%) e dove è stato prodotto (42%). Quello che invece molte meno persone vogliono sapere è quali sono i suoi ingredienti per cui solo il 41% degli intervistati “raramente” vuole averne una conoscenza; il 44% ha un pressoché totale disinteresse verso il modo in cui le uve sono state coltivate, con il 33% che raramente ritiene opportuno venirne a conoscenza.

Sebbene il numero delle persone coinvolte nello studio sia ridotto, non nascondiamo di essere rimasti un po’ impressionati leggendo l’esito della ricerca. Alla luce, soprattutto, del boom dei vini biologici, dell’attenzione che sempre più cantine mettono nel migliorare le loro produzioni anche per far fronte ai cambiamenti climatici e così via. Tutto inutile? Crediamo di no e l’indagine di certo non lo afferma. Ma qualcosa, nella tanta comunicazione di settore, non deve arrivare perfettamente all’orecchio e l’occhio (dedito alla lettura) dei consumatori. Eppure i consumatori leggono eccome per sapere quel che vogliono sapere del vino. Il segreto sarà mica far sì che vogliono sapere anche ciò che, ad oggi, sembrano ignorare? Un discorso che dovrebbe interessare soprattuto i brand più piccoli, anche quelli emergenti, perché per i big, vista l’attenzione a tipologia e sapore, il nome non può che essere una certezza.

 

Comunicare il vino: tante parole, poca chiarezza. La regola d’oro: mai mentire, quando ci si presenta si dica sempre chiaramente tutto di sé!

Non dimentichiamo che il sondaggio, è bene specificarlo, ha coinvolto per il 60% persone appassionate di vino, e per il 40% bevitori che potremmo definire “marginali”. E’ stato Christian Miller, direttore della ricerca, il 2 settembre, scopriamo, a sottolineare come molte siano le ricerche che confermano che i brand storicizzati non hanno difficoltà nel vendere il loro vino, ma il sondaggio è importante in quanto mostra ciò cui i consumatori pensano quando devono acquistare, ma anche solo quando pensano al vino o parlano dello stesso.

C’è confusione. Questo verrebbe da dire leggendo le altre percentuali dell’indagine. Il 40% degli intervistati, inclusi anche gli appassionati che un po’ di esperienza ce l’hanno, fa fatica quando deve acquistare. Perché? Le scelte sono tante. L’80% teme di sbagliare e deludere parenti e ospiti. Ecco perché, si evince, proprio la conoscenza di tipologia e sapore ci mettono in una comfort zone. E bisogna dirla tutta: le delusioni dopo l’acquisto non mancano. Ben il 37% ha dichiarato di aver avuto sorprese sgradite nell’ultimo anno acquistando un vino che immaginava in un modo, e che invece si è rivelato completamente diverso. Addirittura il 28% afferma di aver comprato un vino dolce e di essersene trovato nel calice uno secco.

Possibile? Crediamo di sì, laddove immaginiamo possa accadere che, pur di veicolare il proprio prodotto, non lo si comunichi nel modo corretto o, magari, sapendo cosa cercano i consumatori, lo si cerchi di far passare per ciò che non è togliendogli, in un certo senso, la sua identità.

Altro punto, questo su cui ci sentiamo di aprire una riflessione: se è vero, come stiamo per vedere, che i consumatori le informazioni le cercano, essere “trasparenti” diventa un elemento fondamentale per centrare il proprio target e aumentare le proprie vendite e i propri mercati.

 

Magazine web, siti dei produttori e social…è qui che la gente si informa, ma non sempre i consigli fanno centro…riflettiamoci!

Veniamo alla parte ancor più interessante. Come i consumatori cercano il vino che vogliono conoscere o acquistare. Bene i siti web dei media più importanti come Wine Spectator, Wine Enthusiast e altre pubblicazioni, e anche qui ci sentiamo in causa con il nostro web magazine nel dare il nostro piccolo contributi, sono la fonte preferita e vengono consultati dal 33% dei consumatori oggetto d’indagine.

Seguono, udite udite, i siti web dei produttori cui si rivolge il 22% dei consumatori. Ci sono poi quelli delle regioni vinicole e delle denominazioni (20%). Insomma la macchina comunicativa di per sé non sembra essere affatto sbagliata. Ma se in un’epoca in cui si cerca di migliorare la produzione, qualitativamente e nell’ottica della sostenibilità, il fatto che pochi si interessino a ingredienti e tipologie di produzione ci dovrebbe spingere tutti a rivedere qualcosa. Non credete?

Se Miller si è detto sorpreso nello scoprire che il web è la fonte principale di informazione della gran parte dei consumatori, noi ammettiamo che tanto sorpresi non lo siamo. Ci fa ulteriormente riflettere, invece, il dato secondo cui le App del vino sono quasi il doppio più poplari tra i consumatori durante lo shopping, seppur solo per il 19% degli intervistati la principale fonte di informazione.

I social? Ci sono e sono una fonte d’informazione, ma le persone a quanto pare, e qui di nuovi ci viene da riflettere, non sono presi poi così tanto sul serio. Solo il 20% degli intervistati ha detto di seguire i consigli dati con Facebook come social più apprezzato, seguito da Instagram e Twitter.

Bene dice, in questo caso, Miller. “Ai consumatori piace imparare a conoscere il vino anche se hanno già preso una decisione”. Un monito ci verrebbe da dire.

 

Comunicare il vino: la riteniamo una priorità. Ed è una cosa su cui abbiamo puntato e per fare la quale non smettiamo mai di imparare!

Quando abbiamo iniziato la nostra avventura, con Enolò, alla comunicazione abbiamo dato un ruolo prioritario. E anche questo studio, possiamo affermarlo, ci da ragione. Un web magazine, i social e, nell’insieme una piattaforma innovativa,  nell’ottica della Platform Economy, che ai produttori offre un’infinita gamma di possibilità. Dalla gestione della cantina, alla promozione. Proprio alle aziende, e vogliamo ricordare che i loro siti sono il secondo strumento informativo più consultato secondo l’indagine dopo i magazine, sulla nostra piattaforma è data la possibilità di comunicare. In ogni senso.

Quello che ci sembra di evincere, tra delusioni dei consumatori, e voglia di sapere non per forza legata all’acquisto, è che a volte non ci si racconta proprio nel modo giusto. Rivedere il modo di comunicare il vino è il primo passo per cambiare direzione. Per valorizzare il lavoro che i produttori fanno per rispettare l’ambiente e darci qualità sempre crescente. Sono opportunità. Non è una guerra con i grandi brand, al contrario. E’ un’altra ampia fetta di mercato di cui dobbiamo imparare a “parlare” per comunicare, lasciando che il consumatore mantenga la sua libertà di scelta, ma nella piena consapevolezza.

Le persone vanno incuriosite. Diventiamo la loro curiosità. E facciamolo parlando di ciò che siamo realmente. Quello che ci pare emerga, in sostanza, è un bisogno di certezze e di verità. Si dice che dopo qualche bicchiere di vino, la verità esca dalla nostra bocca con molta più facilità, beh allora impariamo a dirla…sempre e comunque!