Mediobanca: l'export cresce, ma crolla in Asia. In Francia precipita lo sfuso

Prosecco. Sì, il vino italiano gode di ottima salute, ma il panorama non è tutto inebriato dai profumi di primavera. Nel complesso, lo afferma il Rapporto 2016 di Mediobanca presentato ogni anno alla vigilia del Vinitaly, le cose per il mondo enologico italiano vanno alla grande, ma non ovunque e non in termini assoluti.

prosecco


Il fatturato del business del vino è salito del 4,8% con l’export che ha fatto segnare un +6,5% e gli investimenti cresciuti ben del 18%. Dati importanti che vanno di pari passo con quello dell’occupazione. Qui il più è stato del 2,4% rispetto al 2014. La grande sorpresa è nel vino Vegan di Casabianca. La tenuta vitivinicola senese è stata la prima a chiedere la certificazione. Per lei il 60% in più di export e il 40% di aumento di vendite in Italia.


Gran parte del merito vaal Prosecco. Ha conquistato il 15,2% in più del mercato estero. Un successo fatto di grandi investimenti. Da soli rappresentano infatti 37,2% del 18% in più registrato nel 2015. Nettamente inferiore (seppur col segno più) è il dato che hanno fatto registrare i vini non spumanti. Una fetta di mercato che all’estero è riuscita comunque ad ampliarsi del 5,1%,  


Il vero punto su cui riflettere resta però quello del crollo registrato sul mercato asiatico che rappresenta sì il 3,9% del totale dell’export. L’Italia ha perso il 10% del mercato a fronte del 13,3% in più registrato negli Usa. Come è accaduto? Probabilmente, come afferma Wine Monitor, perché c’è bisogno di investire di più sul brand. E soprattutto perché con la Cina (lì dove il dato è risultato peggiore soprattutto se paragonato con la Francia che ha esportato complessivamente merce per 814 milioni di euro a fronte dei 91 milioni italiani), le difficoltà sono determinate da problematiche giuridiche importanti.


E’ invece una questione di prezzo quella che continua a far precipitare la presenza del vino sfuso italiano in Francia. Qui domina la Spagna con l’83% dell’importazione. Un primato che non piace soprattutto ai francesi. A dimostrarlo il blocco di camion e  provenienti dall’altra parte dei Pirenei conclusosi con lo sversamento di  migliaia ettolitri di vino. Inevitabile lo scontro diplomatico


Ma al di là dell’astio e delle ragioni etiche, il dato parla chiaro: con un prodotto sfuso che rispetto all’Italia alla Francia costa il 36% in meno è difficile non subire il contraccolpo e, soprattutto, impossibile ribaltarlo. Che strada intraprendere? Stando a Wine Monitor canalizzare gli investimenti sul proprio brand. L’unico modo per differenziare i prodotti puntando sulla qualità e l’identificazione di tanti sotto un unico marchio: quello italiano. Questa, insomma, la ricetta migliore per andare oltre il prosecco.


Insomma siamo sempre lì. Di fronte a guerre di prezzi, difficoltà di legge e empasse burocratici tutto (o quasi) diventa una questione di marketing!