66milioni di tappi salteranno in Italia. Ben 181 milioni nel resto del mondo. Il Prosecco si conferma il re, ma è nelle denominazioni e nel web che si trova la vera rivoluzione

Le feste si sono aperte ufficialmente l’8 dicembre e fino alla fine, cioè il 6 gennaio, saranno più di 66 milioni i tappi che salteranno per un brindisi in Italia. Nel resto del mondo se ne apriranno 181 milioni. Totale: 247 milioni di bollicine italiane saranno bevuto nel mondo nel periodo natalizio!

Un risultato davvero incredibile confermato dai dati Istat elaborati da Ismea con l’Unione Vini Italiani che per Capodanno potrà festeggiare alle 700 milioni di bottiglie vendute nel 2018: il 5% in più rispetto al 2017.

 

Le bollicine italiane “ribollono”: è una crescita esponenziale che ha fatto centro nel cuore dei winelovers di tutto il mondo

Quello delle bollicine made in Italy è un trend che non si arresta. Anzi. Le vendite sono cresciute sia in patria che fuori rispettivamente del 4% (con 190 milioni di bottiglie) e del 6% (550 milioni quelle che hanno fatto il giro del mondo). Una crescita che, ci si aspetta, porterà in valore un totale di 1,5 miliardi di euro facendo segnare un +13% rispetto al 2017. Che sono proprio le bollicine a fare la differenza lo si era detto commentando già i dati dei consumi del vino. Non che il resto non abbia messo una buona marcia, ma rispetto a loro lo stacco c’è e si sente.

Primo tra tutti, e anche questa è una conferma, si conferma il Prosecco Doc insieme al Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg: da solo rappresenta circa il 15% dell’interno comparto vinicolo italiano e ben il 61% di quello spumantistico.

 

Bollicine italiane e Barolo: sono loro i protagonisti del web. Una comunicazione sempre più importante per fare…il botto!

A fare la differenza è dunque la denominazione. Lo si dice da tempo ormai, ma ora sono i numeri a parlare. L’Italia ha una marcia in più viste le tante denominazioni che raccoglie intorno al reparto enogastronomico e quel motore è quello che le può davvero far spiccare il volo nel panorama mondiale, anche nel vino dove resta una certezza di qualità e un punto di riferimento, seppur la mancanza di investimenti continui a tenerci al palo rispetto alle potenzialità.

Quel che è certo è che la #DopEconomy, lo dice il Rapporto 2018 Ismea – Qualivita, premia e cresce superando nel 2017 per la prima volta i 15,2 miliardi di euro. Il merito? Tantissimo è del web. Se parliamo di prodotti italiani online a spadroneggiare sono proprio il Prosecco e altre due icone del vino italiano: Chianti e Barolo. Sapete quante persone hanno “postato”, condiviso, messo un like o commentato un prodotto a denominazione italiano? 64 milioni! Su tutti c’è Instagram (24%) con le sue stories seguito a sorpresa da Twitter (35%), con i blog che mantengono la loro fetta di affezionati (19%) e le news di genere (17%).

Non lo riteniamo un gesto di umiltà, quanto piuttosto un dato su cui riflettere il fatto che a parlare dei nostri prodotti d’eccellenza, non siamo noi, ma soprattutto americani, britannici e tedeschi.

 

L’importanza di investire nell’online…è qui la rivoluzione

Investire sul web è una strategia voluta e vincente che ha ancora tante potenzialità a cominciare da quella della platform economy, uno strumento che coinvolge l’intero ecosistema e di cui Enolò è uno dei primi operatori a proporla come soluzione. Una scelta quella di guardare alle menzioni sui social fatta dal direttore generale di Qualivita Mauro Rosati e il direttore generale di Ismea Raffaele Borriello. I mercati ormai, lo hanno detto proprio loro, sono conversazioni online. La strategia web è,  insomma, sempre più indispensabile.

Ed è in questo quadro che iniziative come quelle della nostra start-up si vanno ad inserire soprattutto per dare un supporto professionale nel B2B, ma con risvolti importanti anche nel B2C, alle piccole e medie imprese. Interessante anche la proposta lanciata al ministro Centinaio da Rosati: indire gli Stati generali digitali del made in Italy “per discutere e fare il punto su come organizzarci sulla rete per essere più performanti”.

Un’iniziativa che sarebbe bello aprisse possibilità nuove anche a chi, con l’innovazione, sta cercando di dare una sterzata al vino italiano anche in patria dove, paradossalmente, l’imponente apparato burocratico e le ingenti spese, rallentano la filiera penalizzando proprio i piccoli produttori (ossatura dell’enologia italiana) che non hanno le stesse possibilità di investimento dei big del settore.

 

Non solo bollicine, ma tutto il food & wine ha nella denominazione il suo marchio di qualità ed è questo che piace

La territorialità legata alla denominazione si conferma un elemento discriminante quando si parla di food & wine made in Italy. Se nel 2013, infatti, le Indicazioni Geografiche fatturavano 5 miliardi oggi superano i 15 e dai 578 prodotti registrati a livello europeo si è arrivati a inserirne 822: una cifra enorme se si considera che a livello globale ne sono 3.036. Numeri in grande crescita che sul valore della produzione hanno fatto registrare nel 2017 un +3,3% nel food (7 miliardi) e un +2% nel vino (8,3 miliardi).

Restando nel settore se per valore alla produzione il Prosecco si conferma il re, è bello scoprire che in crescita ci sono realtà come quella del Terre Siciliane Igp al quinto posto dietro l’Asti Dop cresciuto, in un solo anno, di quasi il 30%. Ottimo risultato anche quello di un altro grande vino italiano, l’Amarone, al sesto posto con una crescita del 23,4% seguito dall‘Alto Adige Dop (+22,3%) e Valpolicella Ripasso (+35,9%). Tra i primi 15 anche il Brunello di Montalcino che fa un boom del 18,3%.

Voi quante bottiglie avete già stappato durante le feste e, soprattutto, quali bollicine avete messo sotto l’albero? Ci auguriamo siano italiane e rigorosamente a denominazione di origine controllata.