L'agroalimentare si regge su vino, salumi e formaggi, con 4 regioni a fare da traino! I dani Nomisma parlano di un 2017 che chiuderà con 40 miliardi di euro per l'agroalimentare. Settore in continua crescita, che soffre la frammentarietà, ma non arresta la sua ascesa

Non sappiamo se è un modo di dire nazionale, ma dalle nostre parti c’è un detto: non far sapere al cafone quanto è buono il cacio con le pere. Aggiungiamoci per rendere la degustazione completa un calice di vino e qualche salume ed ecco qua…l’export vola! Se non fosse per queste due voci, cioè vino formaggio e salumi, l’export italiano dell’agroalimentare non sarbbe così in forma. Men che meno se dovessimo fare qualche scissione o si dovesse dichiarare, da qualche parte l’indipendeza. Sì perché le due voci per il 60% si concentrano in quattro regioni: Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte. Non solo. Nomisma Agrifood Monitor è ottimista per il futuro: a fine anno l’export dell’agroalimentare italiano supererà i 40 miliardi di euro.

 

Agroalimentare: il vino senga un +7% nell’export. In tutto il settore funzionano merci e occupazione

 

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Salumi e formaggi, insieme, hanno fatto registrare il +9% quest’anno. Il vino, da solo, il 7%. Se ci fosse ancora bisogno di conferme questa ci sembra quella che più di ogni altra affermi come, il vino, sia un settore a dir poco trainante della nostra intera economia. “Un risultato rilevante – sottolinea Nomismaper una filiera altrettanto importante”. Dall’agricoltura alla ristorazione, infatti, l’intero settore rappresenta il 9% del Pil italiano con più di 130 miliardi di euro di valore aggiunto. E anche se guardiamo l’occupazione il dato è di quelli che pesano. Il 13% degli occupati italiani, infatti, lavora in imprese del settore. Parliamo di 3,2 milioni di occupati distrbuiti in 1,3% milioni di imprese.

Rispetto all’anno scorso la crescita è stata del 6%. “L’aumento dell’export unito ad un consolidamento della ripresa dei consumi alimentari sul mercato nazionale (+1,1% le vendite alimentari nei primi 9 mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2016), prefigurano un 2018 all’insegna della crescita economica per le imprese della filiera agrioalmentare”. Queste le parole del Responsabile dell’Area Agroalimentare di Nomisa Denis Pantini.

 

Agroalimentare: si cresce nei Paesi extra-Ue. La frammentarietà rallenta, ma non frena la voglia di italianità

 

Agroalimentare export

 

La destinazione del nostro vino e dei nostri salumi e formaggi sono soprattutto nei Paesi extra-Ue. Ad oggi, in realtà, rappresentano ancora meno del 35% dell’export totale, ma in alcuni di essi la crescita è costante. Parliamo, ad esempio, di Russia e Cina, con variazioni negli acquisti dei prodotti a agroalimentari italiani a doppia cifra (oltre il 20%). Il peso non è importantissmo, ma guardando alle prospettive, i numeri sono a dir poc confortanti. “Dallo scoppio della recessione globale, e cioè dal 2008 ad oggi – ha infatti aggiunto Pantiniil valore aggiunto della filiera agroalimentare italiana è cresciuto del 16%, contro un calo di oltre l’1% registrato dal settore manifatturiero e un recupero del 2% del totale economia, avvenuto in maniera significativa solamente a partire dal 2015″.

Il consolidamento di un export così trainante è positivo anche in considerazione della struttura del Paese Italia. Così come in altri settori, ma molto più di altri, quello dell’agroalimentare è fatto di tante piccole realtà dove, nel migliore dei casi, il numero di impiegati si conta in una media di 50 unità. Parliamo di aziende di medio-grandi dimensioni che rappresentano soltano il 2% del totale a fronte di una Germania dove, ad esempio, questo tipo di realtà è invece pari al 10%.

Un dato che, secondo Nomisma, spiega anche perché “la propensione all’export della nostra industria alimentare sia pari al 23% contro il 33% della Germania, o visto da un’altra angolatura, perché le nostre esportazioni per quanto in crescita siano ancora molto inferiori a quelle dei francesi (59 miliardi di euro) o tedesche (73 miliardi)”.

Insomma, si può fare di più questo è certo, ma a quanto pare nella botte piccola…c’è davvero il vino buono!