L'analisi Mediobanca presentata al Vinitaly: Frescobaldi, Santa Margherita, Antinori, Ruffino e Masi Agricola sono quelle con maggior redditività. Restano le criticità, ma nel complesso è stato un 2016 col segno più!

Fanno numeri, fanno sistema, producono grandi vini e sanno promuoverlo in Italia e all’estero. Da una parte la terra del “Prosecco” che al di là dei tanti dibattiti resta il grande traino dell’export italiano; dall’altra un brand che benché divida sull’opportunità del marchio unico, ha saputo presentarsi con una sola definizione: vino toscano. Un sistema in grado di creare occupazione, riconoscibilità (basti pensare al Gallo Nero del Chianti) e avere la lungimiranza di fare anche della sostenibilità un unicum tanto da essere in pole-position per la nascita della prima denominazione ad impatto zero.

Il vino italiano gode di buona salute. Il 2016 è stata una grande annata. Sul 2017 si viaggia cauti, ma una cosa è certa: le grandi aziende di Veneto e Toscana sono quelle che in quanto a redditività sono un passo (anche più d’uno) avanti agli altri. E viste le premesse non poteva essere altrimenti.

 

Vino Mediobanca: cinque aziende al vertice della redditività. La comunicazione elemento imprescindibile

 

vino mediobanca ricerca vinitaly

 

Tre aziende toscane e due venete. Sono quelle che nel 2016 hanno registrato la redditività maggiore. Con un utile sul fatturato del 22,5% è la toscanissima Frescobaldi a guidare la classifica stilata dalla ricerca Mediobanca. Dato che fa bene il paio con il prestigioso riconoscimento avuto al Prowein di Düsseldorf: “Wine family of the year”

Segue il Veneto con Santa Margherita che fa registrare un 21,3% di utile su fatturato. Ancora Toscana come terza e quarta migliore performance con altre due grandi famiglie del vino italiano: Antinori (21%) e Ruffino (16,7%). Tra le magnifiche cinque aziende del vino un’altra eccellenza veneta della Valpolicella: Masi Agricola. Un successo possibile quello del vino, ha sottolineato in questi giorni al Festival di Perugia il presidente dell’azienda Sandro Boscaini, grazie alla narrazione.

Narrazione che arriva dall’antichità e che oggi si traduce nei nuovi mezzi di comunicazione e in quello che chiamiamo storyteller così vicino a quell’epicità di un’eroe omerico. Lo ha detto lui stesso citando una frase dello scrittore e giornalista Goffredo Parise: “è proprio grazie a questi maestri che il racconto enologico è diventato tale, quasi epico. Oggi la rappresentazione visiva, tramite video e immagini, sta assumendo un ruolo predominante. A fare la differenza sono qualità e bravura. Non solo nel giornalismo, ma anche per noi produttori di vino. Creatività, talento, passione e conoscenza – ha aggiunto Boscaini – sono elementi imprescindibili di un buon racconto del mondo del vino e del cibo, con un costante  fact-checking. E’ la conoscenza a fare la differenza anche attraverso la capacità di informazione”.

 

 

Vino Mediobanca: a fare numeri sono le aziende del Centro-Nord. Serve una riflessione

 

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Se parliamo in termini di puro fatturato è l’Emilia Romagna a guidare la classifica. Ma in generale sono tutte aziende del centro-nord (Toscana e Veneto in testa) a fare numeri nel settore vino. Per fatturato i maggiori tre produttori sono risultati il gruppo Cantine Riunite – Giv (566 milioni di euro con un +3,6% sul 2015), un’altra azienda dell’Emila Romagna e cioè Caviro che ha registrato un +1,1% con i suoi 304 milioni e di nuovo la toscanissima Antinori che in quanto ad incremento ha fatto meglio di tutti: +4,5 rispetto al 2015 con un fatturato di 180 milioni di euro.

Una top 30 che parla di un Centro-Nord solidissimo e dell’assenza totale del Centro-Sud. Totale sì. Tra i top performer infatti, se escludiamo l’azienda marchigiana Vivo (e siamo proprio a metà dello Stivale), non c’è nessun’altra presenza scendendo verso sud. 

Parliamo di mercato interno ed export. Le ragioni? Potrebbero essere molteplici. Sicuramente la difficoltà di fare sistema influisce al di là delle singole e innegabili eccellenze. Probabilmente anche il problema del dato dell’export che penalizza non poco le aziende del centro-sud come denunciato più volte ha il suo valore. Resta che dispiace non vedere nessuna azienda così in salute dalle Marche in giù. Qualcosa da rivedere e ripensare indubbiamente c’è. 

Fa ovviamente piacere vedere che il comparto è invece così solido almeno per metà dello Stivale. Soprattutto considerando che delle prime 30 nella classifica di Mediobanca, soltanto nove hanno una quota di export inferiore al 50% delle vendite. 

 

Vino Mediobanca: nel complesso si cresce, ma al 2017 si guarda con cautela

 

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Nel 2015 siamo stati il Paese al vertice in quanto a produzione con i 48,6 milioni di ettolitri di vino sui 274,4 usciti dalle cantine di tutto il mondo. Il 2016 sembra una conferma (oltre 50 milioni di ettolitri) e a far bene è l’export. Il saldo attivo è passato dai 760 milioni di euro nel 1990 a 5,1 miliardi nel 2015. Le 140 società analizzate da Mediobanca fanno registrare complessivamente nel 2015 una crescita del 5,1% rispetto al 2014 con un +6,9% di media per lo sviluppo del fatturato estero e un +3,2% di quello nazionale. 

I preconsuntivi 2016 parlando di una bella accelerazione: +6% le vendite totale, +5,3 in Italia, +6,6 oltre confine. A dare la spinta le bollicine che, da sole, aumentano le vendite del 13,6%. Nel quinquienno il fatturato dell’industria vinicola è cresciuto del 27,3% (tra il 2011 e il 2016), con un’ampio margine per quello all’estero (37,7%) e uno più contenuto “in casa” (+17,6).

Come sarà quindi l’anno in corso? Troppo presto per dirlo. I pre-consuntivi del 2016 sono sì positivi, ma forse non quanto ci si aspettasse. L’export sembra quello cui si guarda con maggiore ottimismo. Il 24% delle aziende intervistate pensa che si potranno fare aumenti delle vendite “a due cifre”. Solo il 7,7% pensa ad un calo. Nel complesso il vino italiano è, insomma, in ottima salute. Almeno le grandi aziende. Per le piccole, che al di là dei numeri rappresentano l’ossatura del sistema, si deve fare di più.