il senatore Stefàno: così si penalizza il sud. Subito un tavolo tecnico

Export vinoQualcosa nell’export non va. Non nei dati forniti da Nomisma ma dal dove quei dati partono. A lanciare l’allarme qualche giorno fa è stato il senatore Dario Stefàno. Lo stesso che aveva proposto di introdurre lo studio della storia e la civiltà del vino nelle scuole. E in effetti che qualcosa non vada è vero. Lui l’ha definita una “pigrizia burocratica” le cui ricadute, però, sui produttori del sud sono piuttosto pesanti.

Export vino

L’anello di congiunzione: la logistica. Eh sì perché per una strana burocrazia tutta italiana la “percentuale dopata” dell’export dipende dal fatto che non c’è corrispondenza tra il luogo d’origine del prodotto e la località di sdoganamento dello stesso. Questo vuol dire che più cresce l’export a sud più ne guadagnano a nord. “Basta osservare – ha infatti fatto notare Stefàno – il punto di vista statistico. L’incremento della propensione all’export dove avviene lo sdoganamento va a scapito del luogo di origine. E’ il caso palese di regioni come Piemonte e Trentino. Qui addirittura la propensione è a 3 cifre percentuali: rispettivamente 141% e 173%”.

Cosa comporta? La non equa ripartizione dei fondi OCM (Organizzazione Comune del Mercato). Questi, infatti, vengono distribuiti anche in base ai dati dell’Istat. Va da sé che il produttore va a rimetterci sia in termini economici che “di appeal commerciali e di investimenti. I privati potrebbero realizzarli ma con le statistiche messe così potrebbero addirittura essere scoraggiati nel volerlo fare nel luogo di produzione”.

Il problema è che al nord, come ha sottolineato Stefàno, la logistica funziona di più ecco perché è da qui che partono la gran parte delle bottiglie. Ma se è da lì che si va a prendere il dato dell’export in un certo senso il dato stesso è “falsato”. Non nei numeri, ma nei contenuti finendo per portare i dati dell’export di un prodotto del sud in quello di una regione del nord. “Tutto ciò – ha quindi sottolineato – risulta particolarmente penalizzante per tutte le regioni meridionali. In particolare per Sicilia e Puglia. Regioni che hanno fatto grandi sforzi per l’internazionalizzazione”.

L’intenzione è quella di convocare un tavolo tecnico con Ismea, Mipaaf, Agenzia delle dogane e Istat. Obiettivo: redarre, per le regioni mancanti, i codici di nomencaltura combinata. Sarà così possibile il vero dato circa la propensione dell’export delle regioni. Un contributo ulteriore anche alla raccolta di informazioni su tali scambi.

“Si tratta di riconoscere – ha concluso Stefàno – questa realtà dei fatti. Di farlo anche dal punto di vista statistico. Il vino italiano è competitivo perché tutti contribuiscono al suo successo nello stesso modo”.

Quella che servirebbe, insomma, è una soluzione logica al problema della logistica. Uno dei tanti problemi della filiera enologica italiana. Forse il più grande insieme a quello della difficoltà di ottenere pagamenti nel mercato interno. Problemi che, ovviamente, hanno ricadute pesanti sulle aziende. Soprattutto per quelle di medie o piccole dimensioni. Paradossalmente le più numerosi dal tacco alla punta dello Stivale.