A New York, per la precisione a Chelsea, Italienne cerca di abbattere il tabù con uno scopo preciso: offrire qualità. La scelta divide, ma piace agli addetti ai lavori. Ci fidiamo davvero dei sommelier?

Ordinare un vino al ristorante, essere protagonisti davanti al sommelier del primo assaggio del vino scelto e annuire o rifiutare la bottiglia scelta. E’ un rituale cui siamo abituati. Ma ammettiamolo. A quanti di noi sale una specie di ansia da prestazione? Se siamo a tavola con chi pensiamo ne sappia più di noi il momento non è vissuto a volte con una certa drammaticità? Certo dipende dalla tipologia del locale. Dipende dalla compagnia. Ma la domanda è: vi è mai capitato di voler saltare questo passaggio? Negli Stati Uniti sta accadendo e il dibattito è aperto. Quanta fiducia dobbiamo avere nel sommelier? E soprattutto nonostante l’ansia che ci assale ci sentiremmo realmente sollevati o in qualche modo esclusi? La Carta dei Vini e la qualità delle bottiglie che arrivano in tavola sono la carta d’identità di un ristorante.

A New York ce n’è uno dove il vino, prima di arrivare in tavola, passa prima per le mani, il naso e la bocca del sommelier. Insomma è suo il primo assaggio. Cortesia, sicurezza o maleducazione? E in Italia qualcuno se la sente di provare questa nuova tendenza? Abbiamo ripercorso l’articolo pubblicato dal New York Times e i commenti dei consumatori e dei sommelier che hanno aperto a diverse riflessioni sul se lasciare che vino al ristorante lo assaggi per primo proprio il sommelier sia una scelta innovativa, un ritorno alla tradizione o una mancanza di rispetto.

 

Vino al ristorante: Italienne affronta a viso aperto un vero e proprio tabù

vino al ristorante calice-degustazione

Quando parliamo di Italienne parliamo di un ristorante di un certo livello. Uno di quelli che agli americani piace. Il nome lascia intendere: italiano tradotto in francese. Le due culture, il “vecchio mondo”, quello che dell’enologia è la storia qui si incontrano. E per capirlo basta leggere la presentazione del ristorante: “la parola francese per l’italiano scava a fondo nella cucina, nei vini e nei liquori del Nord Italia, della Francia meridionale e dei loro confini fondendo il cuore e l’anima italiana con l’eleganza e la raffinatezza francese”.

Insomma, se pensiamo a quanta Italia c’è negli States e più concretamente ai dati dell’export è facile capire che questo ristorante, di gran livello, è uno di quelli che nella grande Mela conta. E’ qui che si è deciso di sfidare a viso aperto quello che è un vero e proprio tabù: il primo assaggio. In questo ristorante, come ha raccontato il New York Times, si sceglie la bottiglia, il sommelier la mostra, poi si allontana, la apre, la degusta e infine la serve! A primo impatto fa quasi orrore. Ma riflettendoci le ragioni sono valide. E’ sul quanto che si potrebbe porre una riflessione.

 

Affidarsi al sommelier per evitare imbarazzi

Le ragioni che hanno spinto Erica O’Neal, direttore del vino nel ristorante, sono state molteplici. La sua esperienza le ha insegnato che spesso il momento in cui si apre una bottiglia al tavolo e si chiede a chi versarlo per il primo assaggio desta non poca ansia. D’altra parte, lascia intendere, se il sommelier è degno di tale nome sarà certamente in grado di valutare la qualità di una bottiglia ed evitare l’ulteriore imbarazzo di servire un vino che potrebbe non essere gradito. E’ pur vero però che perché ciò lo si accetti bisognerebbe avere una grande fiducia nella figura che ci sta servendo.

Fiducia che, fanno notare alcuni dei commenti, si può avere se si è clienti fissi ad esempio. Altro punto che la O’Neal specifica è la necessità di offrire quanto più possibile un servizio competente. Sottolineando che l’idea non è sua, ma che le è capitato di notare che l’abbattimento di questo tabù è già avvenuto in alcuni ristoranti stellati, ciò che la convinta della bonarietà dell’iniziativa è nella certezza di non servire mai un vino cattivo. Per intenderci: se una persona non troppo competente assaggiasse un vino che sa di tappo non è detto che se ne accorgerebbe. Il ristoratore, in questo caso, potrebbe tranquillamente approfittare della situazione e farsi pagare una bottiglia a peso d’oro. 

E’ la qualità quello che le preme, spiega. Essere certi di dare un servizio completo e ben fatto senza mettere in imbarazzo nessuno. Insomma è questione di ospitalità.

 

Vino al ristorante: i pareri sono discordanti, ma la tendenza potrebbe funzionare

vino al ristorante tappi-sughero

In poche ore sono stati 93 i commenti all’articolo del New York Times e a farli sono stati appassionati di vino, semplici consumatori e sommelier. Insomma, sul web, si è acceso un vero e proprio dibattito al riguardo. Qualcuno trova l’idea meravigliosa. Soprattutto chi ammette di non saperne di vino e di avere piena fiducia nel sommelier. Appurato che si tratti di una persona competente. Come valutano la competenza? Dalla tipologia di ristorante. Insomma, lasciano intendere, se il ristorante è di un certo livello posso affidarmi completamente a chi mi sta servendo.

Per altri il fatto che il vino al ristorante lo assaggi per primo il sommelier è un vero orrore. Togliere il primo assaggio è un po’ come togliergli un pezzo di identità. Avviene soprattutto quando si tratta di persone appassionate o esperte di vino. In quel caso la volontà di non surclassare questo rito è espressa anche con una certa forza. Ci sono poi i sommelier. Per loro l’idea da cui parte questa iniziativa è più che valida. In fondo, ci viene da dire, è il riconoscimento della loro professionalità.

 

Chi è d’accordo parla addirittura dell’abbattimento di un rito sessista

Eh già. Diverse donne hanno commentato l’articolo apparso sul New York Times. Non che fossero tutte d’accordo con l’iniziativa, ma quelle che hanno accolto con favore l’idea di affidare al sommelier il primo assaggio del vino scelto lo hanno fatto per una ragione precisa: l’abbattimento di un tabù sessista. A definirlo così sono state quelle donne che di enologia se ne intendono, ma che quando ordinano il vino al ristorante vedono puntualmente il sommelier versarlo vino nel bicchiere del marito, compagno o fidanzato che sia. Insomma: si sentono ignorate.

Per la mentalità italiana, quella almeno tradizionale, può sembrare un’assurdità. Ma in un mondo, quello del vino, dove proprio le donne sono sempre più protagoniste vuoi in cantina e in vigna, vuoi come semplici appassionate, la critica, seppur “sessista” può sembrare esagerato, non è infondata. 

 

 

Chi non è d’accordo parla di privazione e mancanza di empatia

Sarà pur vero che ad alcuni viene una vera e propria crisi di fronte al primo assaggio del vino portato in tavola. D’altra parte sono spesso quelli che quando leggono una Carta dei Vini iniziano già a sudare freddo. Ma anche laddove non sia così ci sono quelli che questa esperienza vogliono viverla a pieno. Magari propri con il sommelier. Ciò che infastidisce di più è il fatto che il gesto avvenga lontano dalla tavola. 

Non vedere mette in discussione la fiducia verso il sommelier. In secondo luogo fa sentire escluso l’ospite. Se è uno che ci capisce, scrivono alcuni che spiegano di avere un’ottima conoscenza del vino, la si vive quasi come una prevaricazione. Se si tratta di un neofita quel momento vorrebbe viverlo come un vero e proprio momento di formazione. Anche perché, dicono alcuni, magari un vino si dimostra non buono subito, ma dopo aver decantato. Cosa che, però, il sommelier dell’Italienne si riserva di fare prima di portare il vino in tavola. 

 


Vino al ristorante: esiste un atteggiamento ‘giusto’?

vino al ristorante il-giusto-atteggiamento

Forse sulla questione si è innescata una certa confusione. Dubitiamo che un ristorante, tra l’altro di livello, non permetta ad un commensale di decidere se un vino piace o meno. Semplicemente, è questa l’idea che ci siamo fatti, saltare il rituale del primo assaggio è un modo per togliere dall’imbarazzo la gran parte dei clienti. Questo non vuol dire che una volta arrivato il vino in tavola non si possano fare domande o muovere critiche. Certo per chi quel primo assaggio ama farlo la scelta di Italienne è discutibile seppur motivata da un valore eticamente valido: offrire un prodotto di qualità.

Resta una terza possibilità: il primo assaggio al tavolo. Una sorta di momento di condivisione. Una cosa, in realtà, non poi così nuova. Lo ricorda qualcuno, probabilmente di origine italiana, che descrive come questo in passato avvenisse. Cioè che il sommelier degustasse direttamente al tavolo così che il rituale fosse completo. A pensarlo oggi ci farebbe un po’ sorridere però. Vi immaginate in un ristorante stellato il sommelier che versa un po’ di vino nel suo calice e un po’ nel vostro e poi avvii una sorta di confronto? Si dovrebbe provare per capirne le modalità e gli eventuali esiti.

 

Resta un dubbio: ma ci fidiamo dei sommelier?

L’idea di Italienne al momento dell’ordine del vino al ristorante, sebbene ci sradichi una profonda convinzione e al contempo ci tolga da situazioni imbarazzanti, non è poi così sbagliata. Andrebbe certamente perfezionata per far sì che l’ospite non si senta completamente abbandonato. A quanto pare annusare il tappo è una cosa che molti vogliono continuare a fare. Ci resta solo una domanda. Perché se andiamo dal dentista ci facciamo tagliare, trapanare e addormentare senza fare domande certi che ne usciremo soddisfatti, ma quando dobbiamo assaggiare un vino tendiamo a non avere fiducia nella reale competenza del sommelier? Il dibattito, a questo punto, è aperto. Se la decisione di Italienne mutuata da alcuni ristoranti stellati in cui la fiducia va di pari passo col numero di stelle sarà vincente ce lo diranno solo il tempo e…le tendenze! 

Nel frattempo siamo sicuri che il ristorante di Chelsea, vista l’eco suscitata dalla questione, nel weekend registrerà il tutto esaurito!