La parola sostenibilità per l’uso che se ne fa rischia di diventare obsoleta. Non sarà di certo una Giornata Mondiale dell’Acqua (22 marzo) a trasformare magicamente le cose, ma la sensibilizzazione è certamente importante. Lo è se accompagnata dalla giusta formazione e soprattutto dalla reale volontà di tutelare una risorsa che è tutt’altro che inesauribile. Un anno fa il presidente dell’Uiv Antonio Rallo parlava di un’Europa che, se ci limitiamo alla sostenibilità idrica in vigna, era indietro rispetto al resto del mondo.
Un anno dopo piccoli cambiamenti ci sono stati. Ma a cambiare, lentamente, sembrano essere piuttosto le coscienze dei vignaioli. Dei giovani soprattutto, ma anche delle cantine storiche che sempre più spesso introducono la parola “bio” nella loro produzione. Per produrre vino l’acqua è un elemento importantissimo. Saperla usare correttamente vuol dire far bene all’ambiente, alla società, ma anche alla cantina che può ottenerne importanti vantaggi economici. Il timore di investire, a volte, è il nemico peggiore. Farlo può essere invece la chiave di volta per crescere: in ogni senso. E a volte è questione di puro buon senso.
Sostenibilità in vigna: il consumo e lo spreco idrico si annidano in cantina
La buona notizia è che oggi la costruzione di una cantina prevede a progetto l’impianto di depurazione pensato perché tenga conto del carico massimo di reflui previsti durante la stagione della vendemmia. L’ecosostenibilità, anche per il vino, parte dall’azienda stessa. Sempre di più quelle che si adeguano soprattutto quando parliamo di grandi aziende. Ma anche nelle piccole realtà cresce l’interesse per la sostenibilità.
Non solo una questione ambientale, ma, se vogliamo metterci un po’ di cinismo, anche di piazzamento sui mercati. Andiamo con ordine. Innanzitutto a differenza di quanto un comune mortale potrebbe pensare lo spreco dell’acqua quando parliamo di un’azienda vitivinicola avviene per la gran parte in cantina e non in fase di irrigazione. Qui si consumano dai 2 ai 20 litri di acqua per la produzione di una singola bottiglia. Il paradosso sta proprio nelle dimensioni: più piccola è la cantina più acqua si userà con la logica conseguenza di costi in proporzione decisamente più elevati.
L’uso maggiore di acqua avviene nel momento della vendemmia e, successivamente, nella fase di imbottigliamento. Se ci soffermiamo sulla vinificazione è certamente la produzione dei rossi a richiedere un maggior uso di risorse idriche essendo soggetta a più fasi. Nell’affinamento sono le barrique le più idricamente dispendiose. Se parliamo di virtuosità possiamo dunque affermare che per 1 litro di vino si utilizza, in media, 1,9 litri d’acqua. E’ nel monitorare e ridurne lo spreco in altre fasi che si cela il segreto per risparmiare in termini economici e di sostenibilità.
Sostenibilità in vigna: innanzitutto ci vogliono consapevolezza e formazione
Saperlo non basta. Monitorare per prevenire lo spreco è fondamentale. Prendere consapevolezza del consumo vuol dire avere sotto controllo i numeri che produce. Misurare i consumi idrici di ogni operazione e quantificare la quantità di acque reflue è utilissimo per avere una corretta gestione della propria azienda. Installare contatori e contalitri nei punti strategici della propria cantina dovrebbe essere una prassi consolidata. Insegnare a chi lavora in cantina a leggerli lo è altrettanto. Lo dimostra un’esperienza Frncese condotta dall’IC di Montepellier: formare il personale ha portato ad un risparmio idrico del 30%.
Sistemi per stimare i consumi idrici in tutta la filiera di produzione del vino sono stati messi a punto anche in Italia. Lo ha fatto, ad esempio Opera, il Centro di ricerca per la sostenibilità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacnza. Insieme a Vinidea ha infatti realizzato un modello di calcolo ad hoc per le aziende vinicole. Un sistema che è in grado di stimare il pero percentuale dell’uso di acqua nelle singole fasi di produzione. Utilizzarlo vuol dire individuare le fasi di criticità e intervenire direttamente su di esse.
Sostenibilità in vigna: il buon senso, a volte, fa più di tante scartoffie
Le certificazioni aumentano e, giustamente, anche i progetti per sensibilizzare alla sostenibilità in vigna. A volte però basterebbe solo un po’ di buon senso per imparare a fare di una buona pratica una pratica quotidiana. Prendere coscienza dei consumi idrici sì, ma farlo sapendo che secondo le ultime ricerche della Nasa stiamo attingendo ai deposeti acquiferi come mai prima potrebbe essere un ulteriore sprone a capire quanto male stiamo facendo al pianeta e, in prospettiva, a tutti noi.
Molta dell’acqua in cantina la si spreca per la pulizia e non per la produzione. Aprire un tubo anche solo per 30 secondi può portare ad una dispersione di 20 litri d’acqua. Pulire a secco prima di sciacquare sarebbe, ad esempio, un’ottima prassi. Farlo utilizzando le acque piovane o quelle reflue un passo ancor più virtuoso. Microfiltrazione e ultrafiltrazione potrebbero essere metodi efficaci per il riciclo di quelle già utilizzate o delle acque piovane raccolte dai tetti e le superfici calpestabili.
Sfruttare la pressione e il calore è un altro sistema efficace di risparmio idrico. Le idropulitrici, infatti, consentono di riparmiare fino al 60% rispetto ai tubi e le manichette. Farlo combinandoci la temperatura aumenta ulteriormente il risparmio portandolo a ben l’80%.
Munirsi delle tecnologie necessarie per il recupero e il riutilizzo delle acque reflue e quelle utilizzate per la pulizia porta ad un abbattimento dei costi notevole. L’esperimento è stato fatto in California. Il loro riutilizzo dopo la fase di filtrazione e purificazione è possibile fino a 10 volte aggiungendo solo il 10% del volume d’acqua totale.
Sostenibilità in vigna: in Italia le buone prassi non mancano
Non basta volersi convertire alla coltura bio. Farlo, a volte, sembra più una questione di moda e tendenza piuttosto che di consapevolezza. Cosa che, in fondo, potrebbe non essere neanche così male se alla fine il risultato è quello di tutelare l’ambiente, la salute e le risorse energetiche acqua inclusa. Pensare sostenibile vuol dire però abbracciare una vera e propria filosofia di lavoro rivolta all’amore per il territorio e alla qualità della produzione.
Qualcuno, in Italia, c’è riuscito ad orientarsi ad una vera e propria viticoltura sostenibile. L’esempio più lampante è quello di Salcheto, nel senese, che è riuscita a creare un’azienda vitivinicola 100% sostenibile seppur non negando le tante difficoltà che questo comporta. Altro esempio è quello di un’altra azienda giovanissima: Podere di Pomaio. Siamo vicino ad Arezzo. Nata già da un’idea sostenibile ha pensato e costruito cantina e wine bar a basso ambientale. Non è di certo un caso che entrambe le aziende siano in Toscana. E’ qui, infatti, che potrebbe sorgere la prima denominazione a impatto zero: quella del vino Nobile di Montepulciano.
La scelta dei grandi del vino
Ma la sensibilità è di chi il suo lavoro lo fa con amore al di là dei numeri. Se parliamo di Berlucchi, infatti, parliamo di un colosso italiano e della Franciacorta. Arturo Zialiani che ne è alla guida ha da sempre avuto uno sguardo attento alla sostenibilità e sta pian piano convertendo la sua azienda e quelle dei suoi fornitori al biologico. Il suo sogno? Far diventare bio tutte le vigne della Franciacorta.
Altre buone prassi arrivano dall’azienda siciliana Planeta e da un’icona dell’enologia italiana: l’azienda Caprai. Il figlio del noto Arnaldo, l’uomo grazie al quale il Sagrantino di Montefalco è tornato a splendere, la sostenibilità in vigna e in cantina l’ha scelta da sempre. Ma Marco Caprai non si è accontentato di abbracciare lui questa filosofia. La sua è una vera mission. Suo il progetto “Montefalco nel cuore” con cui vuole sensibilizzare i produttori di tutto il territorio a salvaguardarlo.
D’altra parte, numeri alla mano, la sostenibilità in vigna fa bene alle aziende che la scelgono. Oltre all’abbattimento dei costi le richieste del mercato che guardano sempre più al bio e di conseguenza anche ai vini naturali, ha portato a incrementi di quotazioni per le aziende superiori al 20%. Al di là dei profitti resta il bisogno di agire con consapevolezza per evitare che “sostenibile” diventi un termine così obsoleto da svuotarsi di ogni significato.