Export a +160% in quattro anni. Il vino veneto trainato dalle bollicine. Ma un vuoto normativo mette a rischio il territorio

Prosecco per un dolce segreto…che segreto non è! Prendiamo in prestito la celebre canzone di Peppino Di Capri, parafrasiamola un po’ e forse, per brindare a un incontro, più che Champagne prenderemo Prosecco italiano! Chiedere di incidere di nuovo la canzone sarebbe troppo e musicalmente la parola Prosecco non intona bene. Ma nei numeri dell’export la musica è tutt’altra ed è proprio il Prosecco a disegnare note su note sullo spartito del mercato internazionale. Lo dice l’analisi di Veneto Agricoltura. 

 

Prosecco: lo Champagne ce lo siamo messi alle spalle.

Prosecco vitigni

Dopo Usa e Germania l’Andante con moto delle bollicine italiane ha inciso una nuova hit superando lo Champagne in Gran Bretagna. In generale il vino Veneto sta vivendo un momento magico. Si beve in 157 Paesi, ma a guardar bene i dati è facile capire come, oggettivamente, il plauso vada quasi esclusivamente alle bollicine. 

 

Prosecco: in cinque anni l’export è volato del 160%. Boom in Uk.

Se si considera che le nuove denominazioni di Prosecco hanno esordito nella vendemmia 2010, sapere che tra il 2011 e il 2015 l’export ha registrato un +160% già basta a comprendere la portata del fenomeno. Nel mondo del vino Veneto il Prosecco rappresenta il 30% del vino esportato capace, in un solo anno, di crescere di 5 punti percentuali. 

Non solo. Quello avuto in Gran Bretagna, al di là della Brexit di cui poco si è ancora capito, è stato un vero e proprio boom. Se il sorpasso dello Champagne era già avvenuto nel 2014, almeno in termini di valore importato, è impressionante il dato 2015. E’ lo spumante preferito oltremanica. La crescita è stata del 60%. Dal 2011 al 2015 di ben il 500%. 

 

Prosecco: senza di lui il vino Veneto non sarebbe lo stesso.

prosecco traino vino veneto

Non che vada male. In generale il vino Veneto ha avuto dei veri picchi. Ma se si guardano bene i dati senza bollicine tanto successo sicuramente non ci sarebbe stato. E’ vero che nel complesso (Prosecco incluso) le vendite sono aumentate del 9,8%. Fatturato record: 1,83 miliardi di euro. E’ vero anche che la quantità esportata è salita del 3,6% con i suoi 641 milioni di chili finiti oltreconfine. Ma è pur vero che, il dato, fa riferimento soprattutto al Prosecco. Lo dicono chiaramente i dati dell’Analisi di Veneto Agricoltura. Se le bollicine hanno registrato un +5% di esportazioni in un anno, i fermi sono scesi di quattro punti percentuali (da 68 a 64%). Stabili, ma comunque in calo, anche i vini sfusi che hanno perso l’1% del mercato.

 

Prosecco: con numeri così si punta a grandi vendemmie.

Sfortunato Champagne, fortunato Prosecco. Se in Francia si fanno i conti con una vendemmia che, a quanto pare, darà non pochi problemi con un notevole crollo proprio per le bollicine più famose al mondo, in Italia ci si prepara a grandi brindisi. Qualche settimana fa, visto l’exploit del Prosecco, la decisione del Consorzio di incrementare di 3mila ettari i vigneti destinati al Glera. 

Ottime le previsioni per il 2016. Ma è a lungo raggio che guarda il Consorzio. Con i 3mila ettari in più, ha detto il presidente del Consorzio Stefano Zenette “prevediamo per la vendemmia 2019/2020 la produzione di 500 milioni di bottiglie di Prosecco Doc”.

 

Prosecco: quel vuoto normativo che mette a rischio l’autenticità.

prosecco bottiglia

Non tutto può essere meraviglioso però. E’ vero che il Prosecco gode di un momento a dir poco magico. E’ vero anche che ha superato lo Champagne in diversi mercati. Ma è pur vero che è uno dei prodotti più imitati e contraffatti. E come se non bastasse ora il rischio è anche più grosso. E la denuncia arriva direttamente dalla Coldiretti di Treviso. Il nuovo sistema di autorizzazioni ministeriale ha stabilito che non possono essere oggetto di compravendita i diritti di impianto.

Cosa vuol dire? Che con un vuoto normativo così grosso si potranno “trasferire” i diritti d’impianto acquisiti altrove. Sarà cioè possibile, denuncia Coldiretti, affittare un vigneto al Sud, a quanto pare soprattutto in Sicilia, espiantare i filari e vantare il corrispondente credito d’impianto in Veneto o nella Marca. Il presidente Walter Feltrin li chiama “i vigneti di carta”. E a rischiare di più è proprio la Glera.

“I Faccendieri – denuncia – stanno arrivando. Siamo al limite della legalità. E’ positiva la crescita del nostro patrimonio vinicolo, ma dev’essere controllato. Si rischia il far west. Va tutelata la sostenibilità ambientale, praticata da tutti con cura e rispetto della biodiversità. Lasciare spazio a queste furberie si ritorcerà contro il sistema. Si rischia – conclude – di impoverire un’area del Paese portando al collasso un’altra”

 

Crediti fotografici: 

Copertina: Roger Nelson – Flickr CC.

Seconda foto dall’alto: Metropolico.org – Flickr CC.

Terza foto dall’alto: the_moment – Flickr CC.