Questo è il problema principale, ma è ciò che determina a frustrare i produttori. Non ottenere i fondi per la promozione all'estero significa perdere ulteriore terreno nell'export. E' un groviglio di disorganizzazione e inutile burocrazia!

Rimandare è una di quelle cose che, solitamente, ci riesce benissimo. Ciò che ci contraddistingue però è che di solito, anche rimandando, riusciamo ad arrivare sempre in tempo o comunque con un ritardo quantificabile con il quarto d’ora accademico. Ci sono ambiti, però, dove il ritardo è già di per sé un problema, ma se al ritardo si aggiunge altro ritardo e al ritardo nel ritardo l’ennesimo ritardo allora essere fuori tempo è la conseguenza logica.

Se non tutto è perduto, molto lo è. E questo è un aspetto con cui il mondo del vino italiano dovrà per forza fare i conti. Non resta che salvare il salvabile, ma ci si riuscirà? La filiera è in fermento. Ad esserlo sono soprattutto gli enti a cominciare dai Consorzi per finire con le singole cantine. La vicenda sugli Ocm vino era partita male. E’ evoluta malissimo e rischia di finire anche peggio. Che il rischio vi fosse si era capito già prima dell’estate, la certezza, a guardare con u po’ di lungimiranza, era arrivata nei primi di luglio quando del bando non vi era traccia.

In extremis alla fine è arrivato, ma l’Europa ha sollevato obiezioni e nessun decreto, ad oggi, è stato attuato. Considerando che la misura è prevista per il 2017/2018 e che se bene andrà di bandi e graduatorie se ne parlerà a dicembre, è proprio il caso di dirlo: gli Ocm sono nel caos, ma soprattutto, ad esserlo, è il vino italiano.

 

ocm vino export

 

Ocm vino, Federdoc: affossati in una palude di scartoffie

Cosa fareste se vedeste volatilizzarsi sotto i vostri occhi 101,9 milioni di euro? Nella migliore delle ipotesi vi imbestialireste, nella peggiore impazzireste. Ad impazzire non impazziranno i viticoltori italiani, ma sul fatto che siano imbestialiti non vi sono dubbi. I ritardi con cui prosegue la vicenda Ocm rischia di tagliarci le gambe. Viviamo una vendemmia difficile e l’export va sì bene, ma nel primo semestre 2017 il suo aumento è la metà di quello di uno dei nostri maggiori competitor: la Francia. E il distacco non lo viviamo soltanto con loro. D’altra parte mentre qui tra ricorsi al Tar e mancate attivazioni si resta in attesa, gli altri sono pronti ad iniziare le loro campagne per la promozione dell’export. Sì, perché dalle altre parti i fondi sono stati stanziati, i progetti presentati e pure approvati.

La responsabilità, ancora una volta, è della burocrazia. Il Testo Unico è cosa buona e giusta, ma se non si fa in modo che oltre che su carta inizi ad operare nelle aziende, allora sarà solo cellulosa sprecata. Lo stesso valga per gli Ocm. “Ritardi, ricorsi, mancanze e istanze cadute nel vuoto sembrano essere ormai gli unici tratti distintivi della nostra burocrazia – ha infatti sottolineato il presidente Federdoc alla guida, tra l’altro, di una delle aziende simbolo del vino italiano, Riccardo Ricci Curbastro -. Una burocrazia che lascia purtroppo le nostre aziende in una sorta di palude dalla quale dobbiamo uscire”.

 

Ocm Vino, Federvini: il governo è latitante

Federdoc si è dunque allineata alla posizione di Federvini. “Sulla promozione del vino all’estero il governo si mostra latitante”. L’associazione non le aveva mandate a dire al ministero delle politiche agricole e forestali. “Nel 2017 il Ministero non ha messo l’Italia in condizione di utilizzare più di 100 milioni di euro di risorse eurpee destinate alla promozione del vino nei mercati dei Paesi terzi a fronte, invece, di una perfetta organizzazione di Francia e Spagna che hanno aggiunto, agli investimenti delle loro aziende, i soldi di Bruxelles”.

Eh sì, perché obiettivo dei fondi è quello di sostenere la promozione all’estero investendo il 30% di essi in iniziative nazionali e ben il 70% in quelle regionali. Fatto, questo, estremamente significativo per un Paese che dovrebbe fare della territorialità e la biodiversità il suo motore di promozione.

Con l’export che va bene, ma non abbastanza se paragonato agli altri competitor, perdere un anno di programmazione è già grave, rischiare di non arrivare preparati (se non addirittura a non approdarci) al secondo, sarebbe a dir poco deleterio. I ricorsi al Tar del 2016/2017 non hanno ancora ottenuto risposta se non in rari casi, i bandi per i fondi del bienno in corso sono in stallo e come se non bastasse l’Unione Europea ha chiesto dei chiarimenti sul documento presentato dal Mipaaf.

Non è la prima volta che si viaggia a queste velocità, ma forse stavolta si è addirittura riusciti a frenare ulteriormente. Con tutto questo caos burocratico, oggettivamente, diventa difficile fare del vino quell’elemento di traino di un’economia che ha bisogno di volare alto.