Presentato il 20esimo rapporto Isema-Qualivita sull'agroalimentare italiano: crescono prodotti alimentari e nettare di Bacco, l'eccellenza premia
La crisi c’è, ma il mondo delle Dop e l’Igp non si arresta e anche quest’anno la “Dop Economy” si conferma un traino per il Paese con il vino che si conferma fondamentale per l’economia del Paese.
E’ quanto emerge dall’ultimo Rapporto Ismea-Qualivita, il ventesimo, che anche nell’agroalimentare vede una ripresa post-pandemica di grandi numeri: si cresce del 10 per cento.
Nei calici e nei piatti solo la grande eccellenza italiana: l’agroalimentare del Bel Paese “supera” la crisi dettata dal covid…nel 2021 raggiunti i 19,1 miliardi di valore!
Il pasto perfetto? Un calice di prosecco, Parmigiano Reggiano, prosciutto di Parma e mozzarella di bufala campana. Loro sono all’apice della Dop Economy italiana, ma ad andare alla grande sono tutti i settori.
I dati sono del 2021 e si parla nel complesso di una produzione che vale 19,1 miliardi di euro con una crescita del 16,1 per cento rispetto al 2020 e un export che tocca i 10,7 miliardi di euro registrando un più 12,8 per cento rispetto all’anno precedente. Numeri che per l’economia dop si traduce in un “peso” complessivo del 21 per cento su tutto il comparto.
Su tutti come detto c’è il vino che con le sue Dop e Igp vale 11 miliardi grazie alle sue 526 denominazioni e indicazioni di origine. A questi si aggiunge il cibo che di miliardi ne vale 8 e che conta 319 prodotti a denominazione e indicazione geografica.
Facile capire quanto tutto questo valga per i territori: dalle Regioni alle Province e fino ai 7.904 comuni del Paese. In vetta, da questo punto di vista, ci sono il Veneto che vale per la dop economy 4,8 miliardi di euro con il vino che prende quasi tutta la fetta, l’Emilia Romagna con i suoi 3,6 miliardi e la Lombardia con 2,1 miliardi. A queste va aggiunto il Friuli Venezia Giulia che con i suoi prodotti certificati rappresenta il 63 per cento di tutta la produzione regionale per un valore di 1,1 miliardi di euro.
Guardando a tutto il sistema l’agroalimentare italiano può contare su quasi 200mila operatori (198.842 per essere precisi) e ben 291 consorzi di tutela. Si può davvero parlare di ripresa per il settore se si considera che nel 2020 in tredici regioni era sceso il peso dato dalle certificazioni. Oggi torna a crescere in 18 di loro con 10 che vanno avanti ben più delle altre e su tutti i numeri spiccano quelli dell’area “sud e isole” nel 2020 l’unica a a crescere del 7,5 per cento e che nel 2021 ha visto un ulteriore incremento del 13,3 per cento.
E’ tutto l’agroalimentare italiano a valere e tanto, ma il vino si conferma un motore inarrestabile!
Dop e Igp del vino, come detto, sono il vero motore. Il settore coinvolge 113.241 operatori, 124 consorzi e 12 organismi di controllo. Il valore del vino imbottigliato certificato nel 2021 ha superato gli 11,16 miliardi di euro per una crescita del 21,2 per cento rispetto al 2020. Sono soprattutto le Dop ad andare su con un incremento del 22 per cento, ma le Igp seguono a ruota con il più 16 per cento.
L’export risponde bene. Ha infatti raggiunto i 6,29 miliardi di euro pari ad una crescita del 13 per cento sul 2020 e di ben il 74 per cento rispetto a dieci anni fa (2011).
Dopo le difficoltà determinate dalla pandemia si recupera nei Paesi extra Ue e gli Usa si confermano un grande mercato: la crescita è stata del 17,6 per cento. Numero che lo conferma come primo mercato di destinazione per un totale di 1,58 miliardi di euro. Nei confini europei c’è la Germania su tutti con 940 milioni di euro derivati dall’export. Brexit o no nel Regno Unito i vini certificati italiani continuano a far numeri e incassano 707 milioni. Seguono Svizzera con 376 milioni e dall’altra parte dell’oceano il Canada con 362 milioni.
A fare la differenza sono le denominazioni e il Prosecco Doc primeggia con i suoi 887 milioni di euro per valore di produzione. Segue il Conegliano Valdobbiadene Docg con 187, quindi la Doc delle Venezie che di milioni ne vale 154. La classifica prosegue con l’Asti Dop che incassa 145 milioni di euro, l‘Igp Puglia e l’Amarone della Valpolicella Dogc che ne contano 123, il Valpolicella Ripasso Docg con 99 milioni in valore, il Chianti Docg con 95, il Barolo con 92 e la Docg Alto Adige con 80. Altri grandi nomi quelli che seguono: ci sono il Chianti Classico Docg a 77 milioni di euro, il Brunello di Montalcino Docg con 74, la Doc Sicilia con 71, la Igp Emilia con 65 milioni di euro, e l’Igt Veneto con 64.
Il vino va alla grande, ma anche il cibo fa altrettanto: ecco quali sono i prodotti al “Dop”!
Buttiamo anche un occhio sul nostro fantastico cibo. Su tutti c’è il Parmigiano Reggiano Dop che vale 1,6 miliardi di euro. Segue il Grana Padana Dop (un vero incontro al vertice) con 1,4 miliardi. Quindi il prosciutto di Parma Dop con i suoi 650 milioni di euro di valore, la mozzarella di bufala campana Dop che di milioni ne vale 459, l’Aceto Balsamico di Modena Igp che vale ben 402 milioni di euro, il gorgonzola Dop con i suoi 377 milioni di euro, la mortadella di Bologna Igp /(342 milioni di euro), il prosciutto di San Daniele Dop (333 milioni di euro), il pecorino Romano Dop (302 milioni di euro) e la pasta di Gragnano Igp (245 milioni di euro).
Beh a noi è venuta fame di eccellenza. A voi no?
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