Sul Sole24Ore il punto sulle ultime acquisizioni. Toscana e Piemonte attraggono i portafogli esteri, e la tendenza continua a crescere nonostante una burocrazia che neanche il Testo Unico sembra aver superato.

Il vino italiano? Piace nei calici, ma anche nei portafogli: quelli degli investitori stranieri. Il punto lo ha fatto qualche giorno fa Giorgio Dell’Orefice su Il Sole24Ore. I territori dei grandi vini italiani, insomma, continuano ad attrarre i fondi stranieri e il 2017 sarà l’anno della conferma. Soprattutto per Toscana e Piemonte. Sulla costa del Tirreno ciò che più attrae è il territorio di Montalcino con il Brunello che è il simbolo di tale attrattività iniziata, e mai finita, come ben sottolinea il giornalista, alla fine degli anni ’70 quando la famiglia italoamericana Mariani rilevò il Castello banfi aprendo le porte del mercato Usa al rosso toscano. 

In Piemonte si investe guardando esclusivamente alla produzione vitivinicola. Non parliamo solo di Barbera e Barbaresco, ma anche di eccellenze che in pochi anni hanno saputo costruirsi una grande credibilità grazie alla qualità, il marketing e la passione di chi, in questa eccellenza, ci ha sempre creduto. Il caso più plateale? Quello del Nizza Doc.

Eppure un problema resta: quello della burocrazia che, nonostante il Testo Unico, lascia al palo l’enologia italiana. 

 

investimenti nel vino sole24ore

 

I fondi stranieri investono sui vini italiani

  • –di Giorgio Dell’Orefice 

 

 

Terre vocate e nuove scommesse. Toscana, Piemonte ma anche Sardegna e Lombardia. Il settore del vino made in Italy continua a esercitare un grande appeal nei confronti degli investitori sia nazionali che esteri che puntano tanto su territori conclamati, quanto su aree emergenti. Così dopo che il 2016 è stato l’anno delle quotazioni in borsa con le due Ipo di Italian Wine Brands e della griffe veneta Masi sbarcate entrambe al mercato Aim, il 2017 si avvia a passare agli archivi come l’anno di un rinnovato interesse per i grandi territori del vino italiano. Toscana e Piemonte in primis.

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«In questa nuova ondata di acquisizioni – spiega il presidente di Federvini, Sandro Boscaini – ci vedo un importante salto di qualità. Se penso all’operazione di Santa Margherita nel Lugana, alle acquisizioni in Sardegna (si veda altro articolo in pagina), oppure in anni recenti allo sbarco di importanti brand nell’area del Prosecco vedo iniziative prese sulla base di una strategia precisa, che punta a crescere e a fare massa critica diversificando e completando al tempo stesso la propria gamma di prodotti. Se poi, a compiere queste operazioni, sono aziende medio-grandi è ancora più importante. Perché ne vengono fuori dei player con una dimensione vicina a quella necessaria per affrontare in maniera efficace i mercati internazionali. Proprio ciò che finora, al vino made in Italy, è un po’ mancato».

 

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