Il punto fatto al Vinitaly. La Gran Bretagna n°1 per vendita di bottiglie. La Cina sale del 173%

e-commerce. Se per un vino invecchiare vuol dire acquistare valore, lo stesso non si può dire per il modo in cui quello stesso vino va comunicato o, se vogliamo, raccontato. I cinquant’anni del Vinitaly hanno voluto segnare i tempi. L’importante fiera di Verona l’intento lo aveva dichiarato: al centro dell’evento l’e-commerce. E’ stato il Mipaaf a coglierne forse di più il senso organizzando all’interno della manifestazione una serie di incontri con esperti di social media. Ma cosa c’entrano i social con l’e-commerce? Pressoché tutto! Gli studi lo confermano: lo storytelling dei brand fatto attraverso i Social Media più importanti e la capacità di veicolare le vendite online attraverso l’e-commerce sono il futuro del mondo dell’enologia.

 

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E i numeri parlano chiaro. In Italia la crescita c’è, ma la conoscenza di tutte le potenzialità del servizio sono in gran parte ancora oscure. Numeri alla mano, nonostante l’Italia vanti il 22esimo posto per vendite online nella classifica stilata da Wine Monitor, con una crescita del 23% rispetto al 2013, il distacco con i big è abissale.
Parlare della Cina sarebbe troppo facile obietterà qualcuno. Questo, nel 2014, ha incrementato del 173% le vendite di vino online. Sono state 99 milioni le bottiglie spedite. E’ il “miracolo” di Alibabà, il portale Amazon tutto asiatico che fa i grandi numeri sui decisamente elevati costi.


Eppure il vero boom, nel settore, lo ha fatto la Gran Bretagna.  Di bottiglie ne ha spedite ben 106 milioni: circa il 70% in più rispetto al Bel Paese. Noi, insomma, ne vendiamo  un terzo in meno. Uno “smacco” che non sarà piaciuto neanche ai cugini francesi. Loro però sono comunque terzi in classifica con 85 milioni di bottiglie vendute (+29%). Li seguono gli  Stati Uniti (40 milioni di vendite online).


In Italia, in sostanza, l’e-commerce rappresenta solo l’1% delle vendite totali del vino. Il 70% di queste, standoai dati della Fipe-Confcommercio, passa ancora per il canale tradizionale per eccellenza: la vendita nei pubblici esercizi.


Il ragionamento è semplice. Se con una fetta di mercato così piccola il Bel Paese è riuscito comunque ad incrementare le vendite in un anno del 23% non è difficile immaginare quanto, imparando a sfruttare il mezzo attraverso servizi innovativi capaci di incrementare ulteriormente i fatturati, il vino italiano possa diventare a tutti gli effetti competitivo.


Ragione sufficiente per accettare il fatto che il mercato con i new media cambia e si evolve continuamente. Ragione altrettanto sufficiente per trovare quel coraggio diesplorare il mercato dell’online. Coraggio trovato da pochi e con successo. Che gli italiani amino il vino è innegabile. Ma altrettanto lo è la loro diffidenza verso tutto ciò che non appartiene al classico modo di comprarlo. Cioè prendere in mano una bottiglia, leggerne l’etichetta e sentirsi in qualche modo più sicuri dell’acquisto. Questione di tangibilità che, in realtà, non trova alcuna differenza col prodotto finale venduto in rete.


Come rompere questo muro? Ad esempio con lo storytelling. E questo lo  si veicola proprio attraverso i più diffusi social media a partire da Facebook. Concetti al centro degli incontri del 50esimo del Vinitaly. Raccontare il brand vuol dire raccontare le bottiglie e la loro storia.
La Fiera di Verona ha provato a dare i suoi input ai produttori e i rivenditori. Starà ora a tutti i professionisti del mondo enoico cogliere le opportunità che un mercato così vasto è in grado di offrire.