Il professor Shepard dell'Università di Yale ne è convinto: è più difficile decifrare un vino che un'equazione. Perché? Perché si compiono un'infinità di azioni cerebrali e biochimiche. Cosa ne penseranno i sommelier?

Einstein? Nulla in confronto a Charlie Arturaola, Luca Gardini, Paolo Basso, Gérard Basset o qualunque altro grandissimo sommelier. Lo dice la scienza. Anzi: la neuroscienza! Quanto è complicato assaporare e capire un vino? Più che risolvere un difficile problema di matematica o ascoltare (da esperto) un brano musicale. Sapete scrivere su un pentagramma in tutte le chiavi orchestrali? Beh…state usando meno “celluline grige” di un sommelier!

Non è meraviglioso pensare che per tenere in allenamento il nostro cervello l’attività migliore che possiamo fare è…degustare, degustare e ancora degustare! Non nel senso letterale del termine. Quello è alcolismo! 

 

relatività del vino cervello

 

Relatività del vino: la ricerca di Shepherd è un processo del gusto

 

Lo studio condotto da Gordon Sheperd, professore di neuroscienze alla Yale School of MEdicine ed ex caporedattore del Journal of Neuroscience non è uno di quelli da “notizie assurde dal mondo”. Al contrario. E’ uno studio condotto con tutti i criteri del caso. Il professore ha infatti cercato di capire quanto e quali parti del nostro cervello impieghiamo ogni volta che beviamo un vino.

Lo facciamo tutti. Ma non tutti lo facciamo con le intenzioni di un professionista. Sia esso un sommelier o un assaggiatore. Sheperd ha tradotto in un libro “Come il cervello cera il sapore del vino” (“How the Brain Creates the Taste of Wine”) la sua attenta ricerca. Il risultato? Nel processo del gusto si svolgono così tante attività cerebrali e biomeccaniche da essere in assoluto il più complesso comportamento umano.

Sì. Avete capito bene. Il più complesso. In effetti al di là delle ragioni scientifiche che sono quelle che danno o meno credibilità allo studio, basterebbe soffermarsi a pensare a quante azioni si compiono ogni volta che si degusta un vino. Non bastano gusto, olfatto e vista. Ci sono la lingua e i suoi movimento, il lavoro della corteccia cerebrale che permette di ricordarli i sapori, l’olfatto retronasale responsabile dell’identificazione del sapore e, non ultime, le parole. Tutto avviene in pochi secondi. Si assapora, si ricorda, si traduce quanto immagazzinato nella propria testa e lo si esplica con il linguaggio più adatto.

Senza dimenticare la deglutizione e gli effetti che ne conseguono. 

 

Relatività del vino: il segreto è tutto nel cervello o è mera questione di sensi?

 

Il gusto non è nel vino. Il gusto è creato dal cervello del degustatore”. Non sappiamo quanti saranno d’accordo con questa frase che Shepard ha pronunciato alla National Public Radio americana. Non solo. “Le molecole del vino – ha aggiunto nell’intervista – non hanno gusto o sapore, ma quando stimolano il nostro cervello, il cervello crea sapore allo stesso modo in cui crea colore”.

Ora siamo un po’ spiazzati. Lo ammettiamo. Sarà mica una traduzione scientifica del “non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace?”. Al di là dell’affermazione che potrebbe essere interpretata in moltissimi modi e che siamo certi potrebbe aprire interessanti e anche divertenti dibattiti tra gli esperti di settore, quel che è certo secondo Shepard è che per degustare ci vuole tanto, tantissimo cervello. Qualcuno però non è d’accordo. Per altri studiosi il cervello non c’entra nulla. E’ solo questione di sensi.

Siamo confusi…beviamo un calice di vino, magari dopo saremo in grado di risolvere questa complicatissima equazione!