La "dama bianca" toscana si prepara alla sua festa. Vitigno bianco tra i rossi ha una storia ricca di fascino e un futuro roseo. Scopriamolo in 4 etichette

Una vera “dama bianca” la Vernaccia di San Gimignano. Elegante. Desiderata e lungimirante. Insomma un esemplare femminile Doc! In realtà proprio la prima Doc (era il 1966). Ora anche autentica Docg!  Parliamo della Vernaccia. Quella particolare che ha fatto innamorare re, papi e letterati. In un lembo di terra, nel cuore pulsante della terra dei grandi rossi, ha creato la sua roccaforte senza alcun timore verso i rivali dai forti caratteri rossi. Antico e dalla derivazione leggendaria, questo vitigno resta saldamente radicato lì dove è nato: San Gimignano. A pochi gironi dall’Anteprima che coinvolgerà winelovers, produttori e giornalisti di settore, quest’uva leggendaria e il suo vino avranno presto un Museo: testimone di un legame indissolubile, ma allo stesso tempo di una capacità di andare oltre i propri confini che la rendono, ancora oggi, un’eccellenza nel mondo. Scopriamone la storia e il gusto in quattro bottiglie. 

 

Vernaccia di San Gimignano: il 12 e il 15 febbraio va in scena l’anteprima che omaggia questa splendida cinquantenne

vernaccia di san gimignano uva

Ha appena concluso i festeggiamenti per i suoi 50 anni la Vernaccia di San Gimignano. Sarà il Museo di Arte Moderna e Contemporanea De Garda ad ospitare i due giorni dedicati al grande bianco toscano che nulla ha da invidiare ai corregionali e famosissimi rossi. Il primo, quello di domenica 12 febbraio, sarà dedicato interamente ai winelovers, gli enoappassionati e i curiosi che potranno dilettarsi tra le settanta etichette 2016 e le oltre 100 di annate precedenti di Vernaccia di San Gimignano portata in degustazione da 38 produttori.

Nei calici i vini della vendemmia 2016 in anteprima. Quella, per intenderci, che ha coronato i 50 anni di questo vitigno autoctono. L’occasione sarà però perfetta anche per assaporare bicchieri di Vernaccia più “datati”. Da non perdere la Riserva 2015. Un vero e proprio tripudio per questo vino bianco che, al di là delle ufficialità, vanta una storia di almeno 850 anni.

Mercoledì 15 spazio ai winelovers ma anche alla stampa riservata che la degustazione la farà in una stanza riservata con tanto di sommelier. Saranno sempre loro, la mattina a partecipare alla degustazione “San Gimignano incontra La Clape; la Vernaccia incontra il Bourboulenc” nel Palazzo Comunale. Eventi riservati per far sì che chi deve racconti l’eccellenza di un vino “confinato”, ma dal valore “sconfinato”. 

 

Vernaccia di San Gimignano: una storia che affonda le radici nella leggenda

vernaccia di san gimignano panorama

E’ difficile, in Italia, trovare un vino che vanti una storia lunga come quella della Vernaccia di San Gimignano. L’unico bianco Docg del territorio, tra l’altro “donna”, in un mondo di rossi sorge sulle colline di un borgo che è già patrimonio Unesco. Un vero e proprio capolavoro dell’edilizia Medievale che domina tutta la Val d’Elsa e che affonda le sue radici in una leggenda risalente al 63 d.C. “Quo usque tandem”. Inizia così la prima delle lettere di Cicerone contro il traditore Catilina.

La sua umiliazione in Senato porta lontano da Roma molti dei suoi seguaci. Due, Munzio e Silvio, si rifugiano proprio a San Gimignano giunto a noi con questo nome per la prima volta nel 909. Sono loro a fondare il borgo che il nome, secondo un’altra leggenda, lo dovrebbe al miracolo di San Gimignano, vescovo di Modena, che mise in fuga l’ “immortale” re dei goti, Totila, pronto alla conquista.

Il X secolo è la svolta di questo territorio che dall’unica torre ne vede sorgere altre 72. Come fiorisce il borgo così fiorisce il commercio di zafferano e vino: la Vernaccia! 

 

Vernaccia di San Gimignano: perché si chiama così?

Certi della sua antica storia più incerta è l’origine del suo nome. Qualcuno lo fa derivare dal latino “vernaculum“, cioè posto nativo intendendo forse con questo che il vino da questa vite prodotto era il vino locale. Secondo altri deriva da Vernazza, borgo delle Cinque Terre dove si produceva un vino con lo stesso nome già dal Medioevo. Tesi, questa, sostenuta anche nel Vocabolario Treccani. Per il poeta seicentesco Marchio Lucidi invece il nome verrebbe da Verno: gelido. 

Quale che sia l’origine del nome una cosa è certa: la sua qualità ha sempre fatto il paio con l’eccellenza.

 

Vernaccia di San Gimignano: inizia nel Medioevo il suo successo

Sarebbe stato un certo Vieri de’ Bardi ad iniziare la coltivazione della Vernaccia intorno al 1.200 nel Comune di San Gimignano. Il primo documento ufficiale è del 1276 a firma del Comune stesso. Sono gli Ordinamenti della Gabella che impongono il pagamento di una tassa di 3 soldi per ogni soma di Vernaccia portata fuori dal borgo. Nel 1465 è il vino scelto da Bernardo Rucellai e Nannina Medici, sorella di Lorenzo il Magnifico, per deliziare gli ospiti il giorno delle loro nozze. La fortuna e la richiesta di questo vino nelle corti e negli alti ranghi della popolazione, papi inclusi, è così crescente che nel 1477 il Comune nomina due nominali assaggiatori. A loro il compito di accertarsi che il vino consegnato fosse di altissima qualità.

Nel 1487 è Ludovico il Moro, signore di Milano, a pretenderne 200 fiaschi per le nozze di un Visconti con ISabella, la figlia del re di Napoli. 

Ma la citazione più significativa è certamente quella di Dante Alighieri. Tra il 1308 e il 1320 scrive la Divina Commedia e nel Purgatorio incontra Papa Martino IV reo di aver troppe volte ceduto proprio alla voglia di Vernaccia. Il Sommo poeta scrive infatti: “Questi è, mostrò col dito, è Bonagiunta. Bonagiunta da Lucca: e quella faccia di là da lui più che l’altra trapunta ebbe la Santa Chiesa e le sue braccia: dal Torso fu, e purga per digiuno l’anguille di Bolsena e la Vernaccia”. Colpevole del peccato di gola al papa amante del buon bianco toscano la pena peggiore: averlo sotto il naso e non poterlo bere!

 

Vernaccia di San Gimignano: in auge fino al ‘700

Non solo Dante. Della bontà della Vernaccia ebbero a scrivere prima di lui e contemporaneamente Cecco Angiolieri e Boccaccio. Nella metà del ‘500 a riprova di quanto questo vino fosse ricercato e quanto la sua poca produzione testimoniasse la sua eccellenza, le parole di Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo III Farnese. “E’ una perfetta bevanda da Signori – scrive nella lettera con cui ordina 80 fiaschi al Comune di San Gimigano – et è gran peccato che questo luogo non ne faccia assai”

Se nel ‘400 i Medici vollero la Vernaccia nei banchetti, un secolo dopo la vollero sulle volte. Mecenati amanti dell’arte affidarono a Giorgio Vasari l’ Allegoria di San Gimignano e Colle Val d’Elsa”: l’affresco che ancora oggi affascina gli occhi di chi varca Palazzo Vecchio a Firenze. Nell’opera un satiro giovane beve proprio Vernaccia.

Nel 1610 a commentarla nella prima “guida” d’Italia per i viaggiatori Frencis Scott che di San Gimignano e il suo vino scrive: “cittadina particolare, perché produce vina vernetica finissimi e si decora bene di Templi Splendidi”. Pochi anni dopo, nel 1643,  Michelangelo Buonarroti il giovane (lo scrittore non l’artista) a parlare di questa “femmina bianca” che si fa amare da tutta la Toscana (e non solo da lei).

Per il letterato Francesco Redi è un vino così buono che “se vi è alcuno a cui non piaccia la Vernaccia, vendemmiata in pietrafitta, interdetto, maledetto, fugga via dal mio cospetto”. Il secolo successivo è quello del declino che precipita così in fretta da trasformare il vino di Papi, mecenati e re, in un vino comune. Così dimenticato da far perdere i suoi filari tra le vigne votate a produrre altre tipologie di vino. Un destino che, purtroppo, ha toccato molti altri vitigni

 

Vernaccia di San Gimignano: la riscoperta, il Consorzio e la memoria ritrovata

Vernaccia di San Gimignano paese

La rinascita inizia negli anni ’30 del ‘900 grazie al Reggente della Cattedra Ambulante di Agicoltura di Colle di Vla d’Elsa. E’ convinto che il reimpianto dell’antico vitigno sia possibile. Il miracolo accade e negli anni ’60 la Vernaccia torna a splendere. Ottiene, nel 1966, primo vino in Italia, il riconoscimento della Doc. Pochi anni dopo, nel 1972, nasce il Consorzio per la sua tutela e la sua promozione. Nel 1993 le viene assegnato il massimo riconoscimento della legislazione italiana: la Docg

Tanti i progetti promossi dal Consorzio per far sì che la Vernaccia riaffermasse la sua identità. Non ultimo lo studio sull’emissione di Anidride Carbonica. Prova della volontà di tutelare l’ambiente. E ad aprile 2017 la riapertura del Museo del vino dedicato proprio a questo vitigno in una veste moderna fatta di comunicazione, degustazione, storia e scoperta all’intenterno della Rocca di Montestaffoli dove si sta portando a termine il progetto dell’architetto Piero Guicciardini.

Consorzio che ha anche appena presentato il libro di Armando Castagno proprio su la “Vernaccia di San Gimignano”. 

Secondo quanto previsto dal disciplinare è solo nell’area del Comune di San Gimignano che questo vitigno può essere coltivato. In tutto il territorio sono 1.900 gli ettari vitati. 720 sono destinati alla produzione della “dama bianca”. 450 alla produzione solo di San Gimignano. Scopriamo questo vino in quattro etichette. Quelle che si sono aggiudicate un posto nella Guida dei Vini d’Italia 2017

 

Il Colombaio di Santa Chiara – Vernaccia di San Gimignano Docg Riserva L’Albereta 2013

vernaccia-di-san-gimignano-alberetaSiamo a 2 km dal centro del borgo. Sorge qui questa azienda agrituristica che, per il suo vino, si è guadagnata la Docg. Un legame profondo quello dell’azienda con la vite ereditata da Alessio Logi. “il vino lo produce il terreno – dice- ed in cantina al limite può migliorare ma non trasformarsi”. Di qui il trattamento senza insetticidi in vigna e la cura nella “crescita” delle piante con la conseguente attenta selezione dei vini.

Selezione da cui si ricava questa Vernaccia di grande carattere ed eleganza affinata in barrique. Un bianco da ricordare!

Prezzo: tra i 20 e i 30 euro.

 

La Lastra – Vernaccia di San Gimignano Docg Riserva 2014

vernaccia-di-san-gimignano-la-lastraL’Ambiente prima del business. Le Persone prima del brand. La Sostanza prima della forma. Sono i “comandamenti” di questa piccola azienda nata dalla passione di alcuni giovani diplomandi in agraria dell’Alto Adige. Arrivati in questo lembo di terra per chiudere gli studi, se ne sono innamorati. Erano gli anni ’80. L’amore è diventato passione e lavoro rivolto verso la viticoltura sostenibile di qualità. Questa Vernaccia, insomma, è una Vernaccia di sostanza. Di gusto e di forza. Di una temerarietà che ha molto di femminile. Quella che, quando di biologico neanche si parlava, nell’ecologia e la sostenibilità ci ha sempre creduto. 

Prezzo: tra i 10 e i 15 euro.

 

Montenidoli – Vernaccia di San Gimignano Docg Carato 2012

vernaccia-di-san-gimignano-montenidoliSiamo a due passi da San Gimignano. Per la precisione a Montenidoli. Così detta montagna dei piccoli nidi. In quest’azienda che si estende su 24 ettari di vigneto incastonati tra i 200 ettari di bosco etrusco, la Vernaccia nasce con tutti i criteri di un rosso. E’ lei il rosso dei vini bianchi. Il suo corpo, il clima in cui le sue uve maturano e la sua longevità lo rendono per questo un vino eccezionale. Nel senso stretto del termine oltre che in quello del gusto. E’ un vino forte che trova un’ottima espressione in questa bottiglia tutta da scoprire. 

Prezzo: tra i 20 e i 25 euro.

 

 

Panizzi – Vernaccia di San Gimignano Docg Santa Margherita 2014

vernaccia-di-san-gimignano-panizziAppena fuori le mura di San Gimignano c’è il podere che, nel 1979, Giovanni Panizzi acquista. E’ Santa Margherita. E proprio in questa vigna maturano le uve di questo vino simbolo di questa realtà. Non pochi e tutti di pregio i riconoscimenti ottenuti da questo vino. Non ultimo quello della Guida dei Vini d’Italia 2017. Quei sentori vanigliati che si mescolano all’esoticità fruttata ne fanno un vino dal forte carattere femminile. Un vero must per la categoria.

Prezzo: tra i 15 e i 20 euro. 

 

 

 

Crediti fotografici. Foto Flickr CC Search. Foto copertina Kevin Poh. Seconda e terza foto dall’alto: Antonio Cinotti e Sacha Fernandez