Il monito del Guardian ad una figura sempre più importante che diventa sempre più una "star" al pari degli chef. Niente stelle però, perché di sommelier milionari ce ne sono pochi. Tutti però dovrebbero ricordarsi che loro non creano, loro sono i maghi delle play list dei calici!

Non solo grandi chef. Il mondo della ristorazione vive, negli ultimi anni, un boom che è fatto di sostanza e…immagine! La seconda, a volte, eccessiva a dirla tutta. Certo è che mai come adesso fare lo chef è diventata una vera aspirazione. Ad attirare non è soltanto, così come dovrebbe essere, la passione. A volte è anche la prospettiva. A selezionare, poi, sono le reali capacità e quelle si possono sì affinare, ma devono essere in qualche modo innate. L’idea di diventare chef è oggi più che mai una prospettiva di lavoro. Uno di quelli che se raggiungi i vertici fa di te una star multimilionaria.

Non è soltanto questione di cucina, ma anche di cantina. Le scuole di enologia crescono in modo esponenziale. C’è chi aspira ad aprire un’azienda, chi a diventare enologo, chi agronomo e chi…sommelier! E anche in questo caso se da una parte si aprono sempre più possibilità per gli appassionati, dall’altra il ruolo che questa figura è riuscita a ritagliarsi ne ha fatto un elemento indispensabile in praticamente qualsiasi contesto che abbia a che fare con l’enogastronomia. E questa è cosa buona e giusta.

Ma il Guardian redarguisce, o meglio specifica: i sommelier non devono sentirsi come gli chef…loro non sono dei creativi, almeno non nel senso materiale del termine. Non sono, insomma, delle rock star. I sommelier, per definirsi tali, devono essere dei bravissimi dj. Quelli che quando ti propongono una play list ti fanno restare nel locale e che quando annunciano che la serata è finita, ti fanno restar male perché avresti continuato a ballare per ore.

A firmare l’articolo David Williams, una delle penne più importanti del celebre quotidiano britannico! Ecco, allora, come si riconosce un bravo sommelier!

 

Grandi Sommelier: abbandoniamo gli stereotipi e laciamo che si cimentino in consolle

 

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L’idea comune, dice Williams, è che il sommelier sia un po’, diremmo, meschino. Uno di quelli che quando si presenta con la Carta dei Vini si prende sarcasticamente gioco della scarsa conoscenza che del vino può avere un commensale e che per questo gli rifila sempre il vino più costoso un po’ per guadagnare, un po’ per farsi bello. Fortunatamente, prosegue Williams, questa idea ha lasciato spazio ad una visione più autorevole del ruolo del sommelier. Uno che, insomma, deve avere voglia di insegnare qualcosa senza essere professore, che mostra passione in quello che fa e che, come i grandi chef, si è ritagliato uno spazio così importante da riuscire a guadagnare quanto uno chef pluristellato. Un ruolo che nel docufilm Somm, ricorda, ha spinto Michael Minna, l’autore, a definirle “le nuove rock star del settore”.

Un’esagerazione ammettiamolo. Persino Williams lo ammette. Come accade per gli chef, in effetti, è vero che ci sono quelli che sono diventati milionari, ma è pur vero che la gran parte dei sommelier svolge semplicemente il suo lavoro. Là dove parliamo però dei grandi sommelier Williams fa un appunto: non sono e non devono essere rock star; loro devono essere Dj. Perché? Perché il loro talento, scrive, “sta nel modellare lo stato d’animo e mettere sullo stesso binario cibo e vino.

 

Grandi Sommelier: ci sono i Master Sommelier e i Sommelier. A fare la differenza, però, è sempre il modo in cui ci si propone

 

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Essere un bravo sommelier, insomma, è una cosa, essere un grande sommelier un’altra. Essere un grande sommelier milionario un’altra ancora. La competizione, nel settore, sembra essere diventata davvero ferrea. E diventare un grande sommelier non è per tutti. Il massimo riconoscimento, infatti, è quello di Master Sommelier. Tre anni “diabolici”, come li definisce Williams, in cui bisogna dimostrare impeccabile conoscenza del vino, del servizio e della degustazione. In 50 anni ne sono stati sfornati solo 239. Sono loro quelli con guadagni a sei zero e sono quasi tutti americani. Stipendio medio? 150 mila dollari l’anno: più di tre volte lo stipendio di un normale (e comunque capace) sommelier inglese.

Gli esempi non mancano. Primo tra tutti Gerard Basset, l’uomo che ha fondato l’Hotel du Vin e che ora ora gestisce il suo hotel a tema di vino, TerraVina, nella New Forest. Poi, ovviamene, c’è Xavier Rousset, con le sue imprese di Londra e in Borgogna.

Al di là dell’essere “star” del vino o meno, tutti dovrebbero ricordare una cosa: il sommelier non crea, il sommelier…racconta o, al massimo, fa stare tutti in pista! Ecco che allora anche quando ci si trova sugli allori si dovrebbe ricordare sempre il perché di una passione. Al di là dei guadagni il rispetto del cliente viene sempre e soltanto dal come ci si pone nei suoi confronti. Farlo da rock star stona, farlo da dj crea una melodia! E noi siamo pienamente d’accordo.

Un appunto però vogliamo farlo. Williams ricorda come la figura si associ molto al mondo maschile. Vero purtroppo. Ma le cose stanno cambiando. Le donne sommelier stanno cercando di farsi sempre più spazio e se negli States sono già una bella realtà, in Italia hanno intrapreso il percorso giusto per arrivare ad essere parte di un mondo che non dovrebbe conoscere discriminazione, ma solo…passione!