Don Ciotti e l'Associazione Nazionale Magistrati di Marsala lanciano il concorso per un'etichetta speciale. La vite è vita, ancor più in una terra come la Sicilia, dove il riscatto è difficile, ma non impossibile e i simboli forti come le radici della loro terra

19 luglio 1992. Un boato. Una strage. L’ennesima. La Mafia, quel giorno, ha vinto di nuovo, ma la forza di un’idea e il coraggio delle azioni non possono essere cancellate neanche dalla violenza più brutale. Cinquantasette giorni dopo la strage di Capaci in cui perse la vita Giovanni Falcone, Paolo Borsellino è condannato allo stesso destino. Sono le 16.52. Il magistrato è con la sua scorta in via d’Amelio. L’esplosione è di una violenza inaudita. Manuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Caludio Traina muoiono per mano della mafia insieme all’uomo che stavano proteggendo. Soltanto l’agente Antonio Vullo sopravviverà.

Venticinque anni di indagini che non hanno mai chiarito, per molti voluto chiarire, il mistero di una strage annunciata. Polemiche che hanno accompagnato questi 25 anni in cui però l’immagine dei due magistrati è diventata una vera e propria icona. Un simbolo di quell’Italia per bene, di quel coraggio che tutti vorrebbero, ma pochi realmente possiedono. Terra di Mafia la Sicilia sì, ma anche terra di rinascita. Se c’è ancora molto da dire su una vicenda che chiede verità, la Sicilia, in questi 25 anni, ha alzato la testa in una battaglia lontana dal finire, ma che prosegue con il coraggio dei molti che, in questa immagine simbolo, credono davvero.

Le terre confiscate alla Mafia sono diventate spesso simbolo di questa rinascita. La vite è ciò che le rappresenta e ciò che su di essa matura. La vite è vita. E se sono sempe di più le bottiglie di vino dentro cui maturano i significati di una lotta difficile, ma necessaria, con le Associazioni che proprio agli “morti per Mafia” dedicano questo lavoro di rinascita e riscoperta di una terra che è altro, in occasione dei 25 anni dalla scomparsa di Borsellino arriva, anche per lui, un’etichetta speciale.

 

Un vino per Borsellino: un concorso per un’etichetta simbolo della volontà di un riscatto concreto

 

vino per borsellino strage via d'amelio

 

L’idea di lanciare un concorso per la realizzazione di un’etichetta “Un vino per Borsellino” è dell’Associazione Nazionale Magistrato di Marsala, con l’adesione del Comune e dell’associazione Libera di Don Luigi Ciotti. Associazione da anni impegnata alla sensibilizzazione e il contrasto alle mafie. Un impegno concreto portato dalle cooperative che in Sicilia, Campania, Puglia e Calabria, perseguono il loro cammino per la varloizzazione di territori meravigliosi parendo dal recupero sociale e produttivo. L’agricoltura e il vino, legati indissolubilmente alle radici di una terra, ne sono il simbolo.

Un gesto più significativo di quanto possa sembrare quello di lanciare un concorso che significherà, per chi vorrà cimentarvisi, entrare nel mondo di Paolo Borsellino, conoscerlo, comprenderne l’impegno e trasformarlo in un’immagine che diventi un altro simbolo, concreto, di un impegno che nessuna via d’Amelio potrà mai fermare o cancellare.

“L’insegnamento fondamentale di Borsellino – ha detto Alessandra Camassa, presidente del Tribunale di Marsala che con Borsellino lavorò – è stato quello di essere persone semplici. Lui aveva sempre un entusiamo fanciullesco”. La Mafia, ammette, non è stata sconfitta. Per il presidente del Senato Pietro Grasso “se Falcone e Borsellino fossero vivi sarebbe tutto diverso”.

Eppure tra mezze verità e polemiche, la sensazione è sempre stata quella che ci fossero ancora. Lo è nel coraggio di chi porta avanti la loro battaglia, negli uomini che per proteggerli rischiano ogni giorno la loro vita, nelle famiglie che trasmettono quei valori incontrando i giovani nelle scuole. Lo è anche in quelle bottiglie di vino nate sui terreni che erano della Mafia e che oggi sono il simbolo di una rinascita complessa, ma possibile.

Il vino è già simbolo di riscatto, come dimostrano i tanti progetti portati avanti con i detenuti. Il valore della bottiglia, questa volta, non sarà forse nell’eccellenza del suo vino, ma certamente in quella del suo contenuto. E per quello non c’è prezzo che tenga!