Se vi fa storcere il naso, dovrete farci i conti: quello dei canned wines è un fenomeno in continua crescita. Lo dicono i dati Nielsen, ma soprattutto gli addetti ai lavori. E l'Italia? Ha i suoi pionieri e i suoi nuovi volti

Vi piaccia o no, quello dei canned wines, o se preferite del vini in lattina, è un fenomeno inarrestabile. Ed è tempo che anche l’Italia, che i suoi pionieri li ha, faccia i conti con una realtà che, con il Covid, ha avuto una decisa impennata. Pionieristica è stata la birra che per noi, bere in lattina, è normalità. Era il 1936 quando finì “in canna”, mettiamola così, con la Coca-Cola che osò negli anni ’70. Un tabù per il vino per decenni, ma oggi il vino in lattina è una realtà ben consolidata.

 

Vino in lattina, NielsenIQ: triplicano i brand e le vendite, con il Covid, hanno fatto boom. Ma non chiamatela moda passeggera perché non lo è!

Ph: foto Wikipedia Commons

Il tema è stato al centro dell’International Canned Wines di settembre e sul tema abbiamo trovato un interessante articolo del Los Angeles Times che ha dato voce agli addetti ai lavori. Tanto per cominciare e per dare qualche numero Danelle Kosmal, vicepresidente senior di NielsenIQ Beverage Alchol Practice spiega come non si tratti di moda, ma di tendenza. E le tendenze sono una strada ben tracciata. I marchi presenti nel database NielseIQ sono triplicati rispetto al 2017: oggi sono 235 a fronte dei 68 di solo quattro anni fa. Non solo, ha fatto sapere, all’inizio della pandemia il vino in lattina rappresentava lo 0.7% di quelle delle vendite del vino. La quota è aumentata quest’estate raggiungendo l’1,2% e le vendite, negli ultimi due anni, sono raddoppiate.

Negli Usa, dicono sempre i dati Nielsen, il vino in lattina vale più di 86 milioni di dollari e l’Australia produce sempre più marchi premium, di alta qualità insomma. Anche in Gran Bretagna è fenomeno: la crescita è a tre cifre negli ultime due tre anni e il settore vale oltre 10 milioni di sterline.

La convenienza fa la sua parte, come ha riferito Richard Halstead, chief operating officer per gli insight e le analisi personalizzate di Wine Intelligence, ma vi possiamo assicurare che la ragione non è solo più quella.

Diciamolo! A sdoganare definitivamente i vini in lattina è stato un vero maestro…sì ma del cinema! Visionario nel grande schermo Francis Ford Coppola lo è stato anche nel mondo dell’enologia. L’obiettivo era quello di conquistare i consumatori più giovani con un packaging innovativo (e ve lo ridiciamo quanto conta il packaging wine). E’ stato con il Sofia Mini Blanc de Blancs, dedicato alla figlia, che il successo è stato esponenziale.

 

Ecco i fattori che hanno determinato il successo dei vini in lattina: piacciono ai giovani, li percepiamo come più salutari e possiamo portarli ovunque!

E’ sempre la Kosmal, sul Los Angeles Times, a spiegare quali sono le ragioni del successo e ne indica tre. Il primo è la portabilità. Le lattine le porti ovunque e con facilità. Poi ce n’è uno che il giornale definisce “forse più illusorio” e che gioca sostanzialmente con la percezione. La Kosmal fa un esempio spiegando che molti degli spumanti in lattina sono in realtà degli spritz di vino, con aggiunta di acqua gassata che li rende frizzati, meno alcolici e meno calorici. Fattori che fanno sì di far percepire i canned wines ai consumatori come migliori per la loro salute.

Il terzo fattore? Ovvio: spopola tra i giovani. I bevitori di vino in lattina hanno infatti un’età che va dai 21 ai 31 anni. Rappresentano il 15% di coloro che li acquistano con il 26% di questi che comprano il vino vero e proprio (in lattina), e il 29% che sceglie gli spumanti.

Piuttosto interessante la storia di Alix Peabody che nel 2018, quando aveva 26 anni e studiava sceneggiatura all’università della California, ha lanciato la sua linea Bev per pagare ingenti spese mediche. Mini lattine dai colori molto vivaci da 100 calorie, zero zuccheri e pochi carboidrati per un prodotto tutto al femminile. E poi diciamolo, anzi lo ha detto lei, qual è stato il motore del successo? Il web. Siamo sempre lì, il digitale ha davvero cambiato lo scenario dei mercati, incluso quello del vino. Altra chiave del successo? Un altro argomento di cui ci siamo trovati spesso a parlare: l’aspetto sociale. La ragazza è stata tanto intuitiva da istituire un fondo di assistenza per i lavoratori dei servizi di Los Angeles donando a loro il 100% delle vendite online fatte in un mese. Un sostegno a chi era in difficoltà durante la pandemia che ha portato ad una crescita delle vendite del 200%. Ora le sue Bev sono in tantissimi supermercati americani.

 

Il web e i social spingono con i canned wines che conquistano anche chi produce vini premium e naturali. Perché il packaging strizza l’occhio alla sostenibilità!

Restando in tema web, i social, nello scenario, tengono sempre alta l’attenzione. Avviene anche con i vini in lattina, riuscendo a coinvolgere anche brand importanti e realtà che strizzano l’occhio alla sostenibilità. Il Los Angeles Times ha infatti ascoltato il comico Josh Ostrovsky, il cui account Instagram ha ben 10,2 milioni di euro. Lui ha lanciato il suo vino Babe Rosè With Bubbles nel 2016. Nel 2018 Anheuser-Busch ha acquistano una quota di minoranza della società per poi acquisirlo in modo definitivo. In un solo anno, guarda caso proprio quello della pandemia, e cioè tra il 2020 e il 2021, le vendite sono cresciute del 32%.

E così, anche i colossi, sono entrati nel mercato mettendo in lattina vini d’eccellenza. Basti pensare che ad aver scelto questa strada sono aziende che hanno sul mercato bottiglie che arrivano anche a 60 dollari. Parliamo di Doug Margerum che ha spiegato come tutto questo abbia anche a che fare con la lotta al cambiamento climatico e dunque, si muova nell’ottica della sostenibilità. “Stavamo cercando un’alternativa più ecologica alle bottiglie – ha dichiarato alla rivista americana – e ci è piaciuto il modo in cui la lattina mantiene il vino fresco e luminoso”. Non solo, fa anche sapere che stare dietro alla domanda non è stato affatto facile. Il suo target? Club di persone ricchissimi che hanno piscine, charter e yacht. 

Altro nome eccellente quello di Emmanuel Kemiji, primo produttore di vino in lattina tra i Master Sommelier. A farlo seriamente ha iniziato nel 2020 e a spingerlo verso questa direzione, ha detto, è stato il fatto che “le lattine si raffreddano più velocemente, sono più leggere e hanno un’impronta di carbonio inferiore rispetto alle bottiglie, inoltre conservano il vino abbastanza bene”. Che dire…si è decisamente…alleggerito! E i risultati? Arrivano. “I nostri vini in lattina – ha detto ancora – si vendono due volte più velocemente dei nostri vini in bottiglia”.

Facile intuire che, nella lista, ci sono anche produttori di vino naturale. Un esempio è la San Wine della Napa Valley che produce vini naturali, biologici, non solforati. “Con le lattine – ha dichiarato Kake Stover, co-fondatore dell’azienda ed enologonon c’è penetrazione della luce UV o scambio di ossigeno e le lattine in alluminio mantengono la temperatura meglio delle bottiglie di vetro”. I vini, quindi, durano di più.

 

L’Italia? Ha i suoi pionieri che hanno lottato perché si riconoscesse la possibilità di avere i vini in lattina. E oggi la sfida riparte con la tutela ambientale come priorità!

Non crediate che, sebbene il mercato italiano sia piuttosto restio, l’Italia sia rimasta a guardare. Le aziende iniziano ad aumentare, ma abbiamo avuto anche noi i nostri pionieri. Ne ha parlato a maggio il Gambero Rosso. Tra i primi c’è stata la Cantina Gacobazzi di Nonantola(Modena). Oggi è nel Gruppo Donelli, ma nel 1982 lanciò il suo primo vino, dedicato al Maestro Fellini nel mone, 8 e ½, dopo aver condotto una vera e propria battaglia con l’allora ministero dell’Agricoltrua e Sanità per usare un packaging diverso. Una battaglia che condusse anche con altre aziende: Cavicchioli, Medici e Folonari. Fatto sta he oggi, il Gruppo Donelli, che fattura circa 30 milioni di euro, ricava il 6% dei suoi introiti proprio dai vini in lattina.

Non diversa la storia delle Cantine Sgarzi di Castel San Pietro Terme (Bologna). Il suo fatturato è di 38 milioni di euro e i vini in lattina ne rappresentano ben il 15%.

Oggi di realtà ce ne sono diverse e l’ultima, in ordine di tempo è quella della Zai Urban winery lanciata da cinque giovani soci, che puntano solo quest’anno a 2,5 milioni di pezzi per raggiungere l’obiettivo dei 7-8 milioni. Una sfida ambiziosa fatta di sei prodotti Igt, biologici e vegani che vuole non solo conquistare i mercati internazionali, ma anche quelli nazionali. Un progetto dalla grande visione sostenibile dato che ogni lattina è un fumetto, o meglio un animale. Perché…beh perché nel 2150 si stima che potremmo vedere estinguersi il 99% delle specie animali oltre che quelle vegetali, uve comprese, a causa del cambiamento climatico. Nel packaging le sei lattine hanno quindi “umanizzato” sei personaggi protagonisti di un viaggio, o se volete una missione: salvare il mondo…e il vino!