Dai grandi artisti al puro divertimento: il packaging invoglia all'acquisto. E chi lo ha capito ha scelto di affidarsi a dei professionisti.
Vino. Tra il serio e il faceto la promozione del vino passa sempre più per il packaging. Fare marketing, espandere i propri mercati e farsi conoscere non è facile nell’epoca della comunicazione immediata, dell’immagine e, di conseguenza, dei social media. Accade così che quella che era stata una pratica usuale, affidarsi all’arte per proporre i propri vini, torni in voga sebbene con sfaccettature differenti.
Qualcuno lo fa divertendosi, qualcuno mantenendo saldi i principi di serietà legati alla propria azienda. Qualunque sia la scelta quel che sembra essere certo è che l’etichetta influenzi non poco la scelta degli avventori. Non solo, ma quando si tratta di neofiti, può addirittura condizionarne il gusto facendo apparire lo stesso vino, versato da bottiglie differenti, diverso al palato.
Piaccia o meno ai grandi intenditori l’occhio, anche nel packaging, vuole la sua parte. Secondo David Schuemann dell’agenzia CF Napa Valley le etichette possono far apparire più costoso un vino. E’ lui l’autore del libro “99 Bottles of Wine: The Making of Contemporary Wine Label” e nel descrivere il suo lavoro di designer lo ammette apertamente.
“In generale la gente associa il minimalismo con i sapori vintage d’eccellenza. I vini più costosi tendono ad avere loghi semplici su fondo bianco o crema, con magari un accenno d’oro. Noi designer attraverso l’etichetta vogliamo sempre far apparire il vino più costoso almeno di una decina di dollari. Aggiungiamo lamine dorate, rilievi, texture, terze dimensioni, per dare un effetto tattile all’etichetta. E gli enofili meno esperti, che stanno ancora sperimentando con il vino, sono convinti che la bottiglia della ‘saltar fuori’ dallo scaffale”.
Ci sarebbe anche un po’ da offendersi se si fosse nella schiera dei neofiti. Ma d’altra parte è così da sempre. Abbiamo fatto un piccolo viaggio nel tempo. Cosa abbiamo scoperto? Che in fondo non c’è nulla di nuovo. Anzi, sembra di marketing ne capissero più produttori vissuti oltre cento anni fa che molti dei contemporanei.
La prova? Ad esempio nella mostra esposta qualche mese fa al WiMu, il museo del vino del Barolo. Sono state 282 mila le etichette messe in mostra. Centoquattro i Paesi del mondo di provenienza. Alcuni pezzi sono addirittura del 18esimo secolo. E pensate, alcune etichette delle cantine di Borgogna le hanno realizzate niente meno che Picasso, Chagall, Mirò ed Andy Wharol. A commissionargliele, all’epoca, fu il Barone di Rotschild per festeggiare la fine della guerra. Ed era il 985 quando la Nova Wines, società californiana, ne dedicò una a Marilyn Monroe.
Il colpo gobbo, quest’anno, lo ha fatto invece La Grola 2013 di Allegrini che è riuscita ad ottenere un sudatissimo sì da mosca per utilizzare sull’etichetta dei suoi vini la Composition VI di Kandinsky. Un modo per omaggiare l’artista nel 150esimo della sua nascita, ma, soprattutto, per confermare la solidità del rapporto che l’azienda ha da sempre con il mondo dell’arte. Cosa che, dati alla mano, sembra proprio ripaghi alla grande. Allegrini non è infatti nuova a questo genere di matrimonio in bottiglia. Nel 2012 si era affidata ad un dipinto di Athos Faccincani, nel 2011 al californiano Arthur Duff e nel 2010 aveva chiesto di vestire il suo millesimo ad un’artista che nella Valpolicella ci è nato e cresciuto: Milo Manara.
Proprio lui è stato reclutato quest’anno dalla società Miele. Una collezione unica di bottiglie la cui etichetta in cui Manara ha dichiarato di aver voluto anticiparne la personalità. Una personalità artistica di ampio marketing finita dritta sul sito Art of Miele. Una guerra all’ultimo click per i winelovers.
C’è poi chi invece il packaging lo ha pensato per raggiungere un obiettivo: conquistare uno dei più prestigiosi premi di settore. Ci è riuscita l‘azienda Siciliana Settesoli che si è appena aggiudicata l’International Design Awards (Ida). Si tratta di un umportantissimo concorso di design americano che riconosce, celebra e promuove la creatività di designer noti o emergenti in diversi settori: vino incluso. Un modo decisamente professionali di guadagnare in immagine e, di conseguenza, anche in termini di mercato.
D’altra parte, tornando ai numeri, una delle prime ricerche a dare l’idea di quanto l’etichetta influenza gli acquisti, era arrivata dall’Australia. Per la precisione dall‘Institute for Marketing Science dell’University of South Australia. Su 521 consumatori regolari di vino presi in esame il 70%, soprattutto per le bollicine, ha dimostrato come il gradimento dell’acquisto dipendesse dalla bottiglia. Va da sé che, trattandosi di abituali, anche i valori aziendali e sensoriali del prodotto hanno detto la loro.
Ma con le etichette si può anche sognare e soprattutto ci si può anche divertire? Certo che sì. E nel primo caso l’idea è venuta ad un produttore italiano e un plauso gli va fatto. Si tratta di Fabio Vinciguerra dell’Azienda Vivivinicola Baretta. Siamo in Piemonte. Zona: astigiano. Merito: avere avuto un’idea e averla affidata a professionisti del design e la comunicazione.
E’ suo il “message ON a Bottle” realizzato con la collaborazione di un altro produttore astigiano, Cà del Grifone, e uno studio di Graphic Design di Milano. L’etichetta è personalizzata con un messaggio che si può scegliere tra quelli messi a disposizione o facendone stampare uno su richiesta. Si può scegliere tra Monferrato Doc rosso o bianco, Dolcetto d’Asti Doc e Spumante Brut. Una sorta di idea regalo per le più svariate occasioni acquistabile direttamente online. E se si considera che una singola bottiglia, etichetta inclusa, te la puoi comprare per spedirla, regalarla e stupire chi vuoi con pochi euro c’è da scommetterci che l’idea funzionerà.
Ma ci voleva una ventata esterofila per farci divertire. E in questo caso non sono stati i produttori ad andare dai grafici, ma i grafici a mettersi all’opera per creare un’etichetta adatta ad ogni bottiglia. Una di quelle che, insomma, ti appiccichi tu da solo magari per farti quattro risate con gli amici. E’ stata la rivista Vinepair a lanciarle. Si tratta di etichette “oneste” e confidenziali. Di quelle da portare una sera a casa di amici o dall’amico depresso che ha voglia di svagarsi un po’.
“Lo sappiamo entrambi che piangerai”. “non metterti a twittare se vuoi evitare imbarazzanti spiegazioni postume”. “Non bermi prima di una telefonata, ci siamo capiti”. Ci siamo capiti sì. Un’etichetta così soprattutto ai Millenials winelovers piacerà da morire. C’è anche quella dedicata al mercoledì, giro di boa verso il fine settimana. Ma a darle colore sono le parole più del vino in questo caso.
Insomma. Il packaging nel vino ha mille sfaccettature. Può essere un gioco, può essere un messaggio preciso, può essere un modo di diffondere arte e cultura. Di certo è marketing allo stato puro! Purché poi si rispettino le regole giuridiche registrando il proprio marchio, quello del vino, quello figurativo, quello di posizione, quello di colore. Altrimenti si finirà per essere imitati e copiati.
La comunicazione spadroneggia ormai anche nell’enologia. E chi riesce a farne un valore aggiunto è chi ha compreso l’importanza di affidarsi a chi di certo ne sa più di loro. Non tutti potranno incontrare Picasso, ma le professionalità ci sono. Da bravi eredi di artisti ben più grandi di loro attendono solo una cosa: di essere capiti.
Alla fine è tutta una questione di etichetta!